La negligenza dell'avvocato comporta il risarcimento


L'Avvocato che non dà seguito al mandato professionale rischia di vedersi condannato a risarcire i danni
La negligenza dell'avvocato comporta il risarcimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE DEL LEGALE CHE OMETTE DI PROMUOVERE LA CAUSA E CON TALE CONDOTTA DETERMINA LA PERDITA DEL DIRITTO RISARCITORIO DEL CLIENTE

 

I fatti di causa

A seguito di un grave sinistro, il danneggiato conferiva incarico al legale per richiedere il risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, ma nonostante le continue rassicurazioni del professionista circa il buon esito della causa, il cliente scopriva che nessuna azione giudiziale risarcitoria presso la competente Autorità Giudiziaria era stata intrapresa con la conseguente perdita del diritto al risarcimento dei danni per intervenuta definitiva decadenza e prescrizione dei termini.

La fattispecie in questione è singolare poiché fu proprio il legale incaricato della causa a rassicurare il cliente nel corso degli anni che l’azione giudiziale fosse stata intrapresa e che fosse prossimo a definire il giudizio attraverso un indennizzo con la compagnia assicurativa.

Il Cliente, però, a distanza di tempo, scopriva che era tutta una invenzione del legale.

Infatti il professionista, non aveva mai provveduto a notificare l’atto di citazione alla controparte tantomeno aveva impedito nel corso degli anni il verificarsi della decadenza e della prescrizione attraverso ulteriori atti interruttivi.

 

La responsabilità dell’avvocato

Come è noto, l’avvocato, nella prestazione dell’attività professionale, sia questa configurabile come adempimento di un’obbligazione di risultato o di mezzi, è obbligato, a norma dell’art. 1176 co. 2 cod. civ., ad usare una diligenza qualificata, superiore a quella che viene richiesta ad una persona comune (c.d. diligenza del buon padre di famiglia). La violazione di tale dovere comporta un inadempimento contrattuale, del quale il medesimo è chiamato a rispondere anche in caso di colpa lieve salvo il caso in cui, a norma dell’art. 2236 cod. civ., la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà.

L’avvocato che non compie gli atti necessari ad interrompere la prescrizione rischia quindi di vedersi condannato a risarcire i danni in favore del cliente, trattandosi di atti ricompresi nell'ordinaria diligenza richiesta al professionista (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con l'ordinanza 26 settembre - 7 novembre 2019, n. 28629).

 

Il danno risarcibile

Nel caso di specie il cliente – danneggiato non si è visto riconoscere alcuna tutela risarcitoria a seguito della condotta omissiva perpetrata dall’Avvocato.

Si è in presenza di un evento lesivo già verificatosi per fatto esclusivo dell'avvocato negligente, il cui disinteresse costituisce condotta gravemente colposa e fonte di responsabilità.

Va osservato che la giurisprudenza della S.C. più recente, in tema di nesso di causalità, non richiede la prova certa ed incontestabile che il diverso comportamento avrebbe scongiurato il danno, accontentandosi del meno rigoroso criterio del “più probabile che non. Si legge in Cass. civ. 8151/2008: “L’affermazione della responsabilità professionale dell’avvocato non implica l’indagine sul sicuro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta o diligentemente coltivata e, perciò, la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati vantaggiosi per il cliente. Ne consegue che, al criterio della certezza della condotta, può sostituirsi quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli” (Cass. 18 aprile 2007 n. 9238). Ed ancora: “La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale media esigibile, ai sensi dell’art. 1176 cod. civ., comma 2, da commisurare alla natura dell’attività esercitata. Inoltre, non potendo il professionista garantire l’esito comunque favorevole auspicato dal cliente (nella specie, del giudizio di appello), il danno derivante da eventuali sue omissioni (nella specie, redazione e notifica di un atto d’appello privo dell’indispensabile indicazione della data di udienza di comparizione) in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un’indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici” (Cass. 27 marzo 2006 n. 6967, 26 febbraio 2002 n. 2836)”.

Il danno risarcibile sarà costituito sia dal danno patrimoniale inteso come lucro cessante (somma che l’Assistito avrebbe potuto conseguire – secondo il criterio del ”più probabile che non” – se la causa fosse stata diligentemente e tempestivamente intentata) che dal danno non patrimoniale derivante dalla violazione del diritto assoluto di difesa riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione.

 

Conclusioni

È certamente compito precipuo dell’avvocato “mediamente diligente” svolgere l’attività per cui viene incaricato attraverso sottoscrizione di mandato. Tutte le omissioni allo stesso addebitabili (se trattasi di atti da ricomprendersi nell’ordinaria diligenza richiesta a un professionista) sono fonte di responsabilità contrattuale e titolo per l’ottenimento di un risarcimento dei danni.

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di Studio Legale Savoca-Piccolo

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