La nuova responsabilità medica
Il doppio binario introdotto con la riforma Gelli-Bianco (L. 24/2017)
Il legislatore, con l’approvazione prima del Decreto Balduzzi e poi della Riforma Gelli-Bianco, ha finalmente tipizzato la responsabilità del medico, decidendo di porla nell’alveo dell’illecito aquiliano, incidendo così, in modo non indifferente, sia sul piano probatorio sia su quello della prescrizione.
Il potere legislativo, rigettando dunque la precedente interpretazione giurisprudenziale che collocava il rapporto medico-paziente nell’alveo del cosiddetto "contatto sociale" e quindi qualificava detta responsabilità ex art. 1218 c.c., ha espressamente previsto, all’art. 7 della L. 24/2017, che il medico debba rispondere ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo il caso in cui quest’ultimo non abbia stipulato uno specifico contratto con il paziente.
E` stato dunque introdotto normativamente un doppio binario di responsabilità che vede, da un lato, la struttura sanitaria, in forza del contratto di spedalità, rispondere ex art. 1218 c.c., dall’altro lato, il medico, in assenza di un rapporto contrattuale diretto con il paziente, rispondere ex art. 2043 c.c.
In tale prospettiva, qualora il danneggiato agisca nei confronti del medico dovrà provare che il professionista non si è attenuto alle raccomandazioni previste dalle linee guida o in assenza di queste dalle buone pratiche clinico-assistenziali (sul punto si segnala che, in attuazione dell’art. 5 della L. 24/2017, è stato emanato il d.m. 2 agosto 2017).
Per quanto sopra è del tutto evidente che il medico, nel pieno rispetto dell’art. 1176, co. 2, c.c. per andare esente da responsabilità dovrà osservare: le linee guida, il codice deontologico e le legis artis.
Proseguendo l’illustrazione delle novità maggiori della riforma, pare opportuno evidenziare che essa introduce due ulteriori elementi innovativi non irrilevanti; infatti, in primo luogo l’art. 8 stabilisce quale condizione di procedibilità dell’azione verso la struttura sanitaria e/o il medico l’esperimento del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., o, in alternativa, della mediazione ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis, d.lgs 28/2010, in secondo luogo, l’art. 12 consente al danneggiato di agire direttamente nei confronti dell’assicurazione della struttura sanitaria e dell’esercente la professione sanitaria, individuando quale litisconsorte l’assicurato.
Alla luce di quanto sinora espresso è interessante richiamare una delle prime applicazioni giurisprudenziali di merito del nuovo assetto legislativo, infatti, il Tribunale di Milano, pronunciandosi in tema di responsabilità medica, con la sentenza n. 9670/2017, pubblicata il 27.09.2017, ha effettivamente riconosciuto il suindicato doppio binario, esprimendosi come segue "deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con i professionisti sia di natura extracontrattuale (conclusione peraltro recepita dalla successiva Legge 24/2017)".
Sul versante del diritto penale invece la riforma, con l’introduzione del reato di cui all’art. 590 sexies c.p., prevede una nuova forma di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria.
Invero il dettato legislativo non pare dei più felici giacché la norma prevede che la punibilità, in caso d’imperizia, sia esclusa nel caso in cui siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida.
Ora, è evidente a chiunque, che se vi è imperizia non può esservi il rispetto delle linee guida. L’unica spiegazione possibile è che vi sia stata confusione tra il termine diligenza e imperizia.
Sul punto è doveroso evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione, quarta sez. penale, con la sentenza n. 28187 del 07 giugno 2017, ha chiarito che "in tema di colpa medica, l'art. 6, comma secondo, l. 8 marzo 2017, n. 24 ha abrogato l'art. 3, comma primo, D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189), il quale aveva escluso la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; ne consegue la reviviscenza della previgente più severa normativa che non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa, mentre per i fatti anteriori all'entrata in vigore del nuovo regime trova ancora applicazione, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., la citata normativa del 2012, in quanto più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave".
Alla luce di tutto quanto sinora esposto, emerge chiaramente che il quadro normativo riformato appare rivoluzionario rispetto al recente passato, pertanto, non resterà che attendere l’evoluzione giurisprudenziale che non dovrebbe scostarsi della citata sentenza del Tribunale di Milano che, nel rispetto della volontà del legislatore, si è già posto in discontinuità con la precedente giurisprudenza di legittimità.
Il potere legislativo, rigettando dunque la precedente interpretazione giurisprudenziale che collocava il rapporto medico-paziente nell’alveo del cosiddetto "contatto sociale" e quindi qualificava detta responsabilità ex art. 1218 c.c., ha espressamente previsto, all’art. 7 della L. 24/2017, che il medico debba rispondere ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo il caso in cui quest’ultimo non abbia stipulato uno specifico contratto con il paziente.
E` stato dunque introdotto normativamente un doppio binario di responsabilità che vede, da un lato, la struttura sanitaria, in forza del contratto di spedalità, rispondere ex art. 1218 c.c., dall’altro lato, il medico, in assenza di un rapporto contrattuale diretto con il paziente, rispondere ex art. 2043 c.c.
In tale prospettiva, qualora il danneggiato agisca nei confronti del medico dovrà provare che il professionista non si è attenuto alle raccomandazioni previste dalle linee guida o in assenza di queste dalle buone pratiche clinico-assistenziali (sul punto si segnala che, in attuazione dell’art. 5 della L. 24/2017, è stato emanato il d.m. 2 agosto 2017).
Per quanto sopra è del tutto evidente che il medico, nel pieno rispetto dell’art. 1176, co. 2, c.c. per andare esente da responsabilità dovrà osservare: le linee guida, il codice deontologico e le legis artis.
Proseguendo l’illustrazione delle novità maggiori della riforma, pare opportuno evidenziare che essa introduce due ulteriori elementi innovativi non irrilevanti; infatti, in primo luogo l’art. 8 stabilisce quale condizione di procedibilità dell’azione verso la struttura sanitaria e/o il medico l’esperimento del ricorso ex art. 696 bis c.p.c., o, in alternativa, della mediazione ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis, d.lgs 28/2010, in secondo luogo, l’art. 12 consente al danneggiato di agire direttamente nei confronti dell’assicurazione della struttura sanitaria e dell’esercente la professione sanitaria, individuando quale litisconsorte l’assicurato.
Alla luce di quanto sinora espresso è interessante richiamare una delle prime applicazioni giurisprudenziali di merito del nuovo assetto legislativo, infatti, il Tribunale di Milano, pronunciandosi in tema di responsabilità medica, con la sentenza n. 9670/2017, pubblicata il 27.09.2017, ha effettivamente riconosciuto il suindicato doppio binario, esprimendosi come segue "deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con i professionisti sia di natura extracontrattuale (conclusione peraltro recepita dalla successiva Legge 24/2017)".
Sul versante del diritto penale invece la riforma, con l’introduzione del reato di cui all’art. 590 sexies c.p., prevede una nuova forma di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria.
Invero il dettato legislativo non pare dei più felici giacché la norma prevede che la punibilità, in caso d’imperizia, sia esclusa nel caso in cui siano rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida.
Ora, è evidente a chiunque, che se vi è imperizia non può esservi il rispetto delle linee guida. L’unica spiegazione possibile è che vi sia stata confusione tra il termine diligenza e imperizia.
Sul punto è doveroso evidenziare che la Suprema Corte di Cassazione, quarta sez. penale, con la sentenza n. 28187 del 07 giugno 2017, ha chiarito che "in tema di colpa medica, l'art. 6, comma secondo, l. 8 marzo 2017, n. 24 ha abrogato l'art. 3, comma primo, D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189), il quale aveva escluso la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; ne consegue la reviviscenza della previgente più severa normativa che non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa, mentre per i fatti anteriori all'entrata in vigore del nuovo regime trova ancora applicazione, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., la citata normativa del 2012, in quanto più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave".
Alla luce di tutto quanto sinora esposto, emerge chiaramente che il quadro normativo riformato appare rivoluzionario rispetto al recente passato, pertanto, non resterà che attendere l’evoluzione giurisprudenziale che non dovrebbe scostarsi della citata sentenza del Tribunale di Milano che, nel rispetto della volontà del legislatore, si è già posto in discontinuità con la precedente giurisprudenza di legittimità.
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