La procedibilità delle lesioni colpose stradali
Il regime di procedibilità delle lesioni colpose stradali ex art. 590 bis c.p. e la tutela della persona offesa da reato. La L. 23 marzo 2016 n. 41
Se siamo vittime di un incidente stradale è lecito chiedersi quali siano i mezzi di cui disponiamo per tutelare i nostri diritti, e facendo tale ragionamento irrimediabilmente si pensa alla "denuncia" penale.
La normativa relativa alle lesioni è stata tuttavia profondamente modificata di recente, ed infatti con L. 23 marzo 2016 n. 41 è stato introdotto il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, di cui all’art. 590 bis c.p.
Il citato articolo preliminarmente descrive la fattispecie incriminatrice, e successivamente prevede una serie di aggravanti, che possono elevare la pena fino a sette anni, nel caso delle lesioni gravissime.
Senza entrare nel dettaglio della previsione normativa, e soprassedendo in questa sede alle modifiche operate dalla L. 41/2016 al codice di rito, preme evidenziare innanzitutto la problematicità dell’esatta qualificazione giuridica della disposizione dell’art. 590bis co. 1 c.p., in quanto la stessa può integrare sia un autonomo reato, sia una circostanza aggravante della norma generale di cui all’art. 590 c.p.
La diversa qualificazione della fattispecie in esame quale aggravante o quale reato autonomo incide infatti sul regime di procedibilità del reato.
Tale circostanza, com’è evidente, è di estremo rilievo per il soggetto che si veda coinvolto in un incidente stradale, in quanto condiziona in maniera determinante le azioni esperibili a tutela dei propri diritti.
Tuttavia il legislatore italiano non ha ritenuto di dedicare nessuna disposizione specifica a riguardo, e pertanto la qualificazione della norma è rimessa all’interprete.
Si potrebbe pertanto ritenere che si debba fare applicazione della disciplina ordinaria di cui l’art. 120 c.p.: se la legge non subordina la perseguibilità di un fatto alla querela della persona offesa, si procede d’ufficio.
Pertanto, se il precetto fosse configurabile quale reato autonomo rispetto alla più generale fattispecie di lesioni personali colpose, considerata l’assenza di una norma che esiga la querela di parte, si dovrebbe ritenere che sia possibile procedere d’ufficio.
Diversamente, qualora si ritenesse la norma in esame una circostanza (aggravante) dell’art. 590 c.p., si dovrebbe applicare il diverso regime disposto dall’ultimo comma dell’art. 590 c.p., con conseguente necessità della querela della persona offesa da reato.
La conseguenza dell’omessa proposizione in termine della querela, sarebbe la improcedibilità dell’azione penale, con conseguente archiviazione del procedimento, ed evidente danno per il cittadino che si vedrebbe privato di tutela sul fronte penale.
A tale conclusione è giunto recentemente il GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) del Tribunale di Milano (decreto di archiviazione 04.05.2017, R.G. N.R. n. 15897/2016, Giudice Gargiulo).
Il Giudice milanese ha decretato l’archiviazione di un procedimento per il reato di cui l’art. 590 bis c.p. proprio perché ha ritenuto di aderire alla seconda tesi sopra richiamata.
Si badi bene: tale orientamento è in contrasto con quanto autorevolmente sostenuto dalla maggior parte della dottrina.
Che fare quindi nella malaugurata ipotesi in cui si dovesse essere vittima di un incidente?
Per prima cosa sembra opportuno rivolgersi ad un legale che sappia dare i primi (e fondamentali) consigli sul come procedere.
In secondo luogo bisogna tenere a mente il termine assai breve (e perentorio) entro cui eventualmente presentare la querela alle Autorità competenti: ex art. 124 c.p. la persona offesa può infatti agire entro e non oltre tre mesi (e non 90 giorni, beninteso) dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.
In caso di difetto della condizione di procedibilità non resterà altro da fare che rivolgersi al Giudice civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'incidente.
La normativa relativa alle lesioni è stata tuttavia profondamente modificata di recente, ed infatti con L. 23 marzo 2016 n. 41 è stato introdotto il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, di cui all’art. 590 bis c.p.
Il citato articolo preliminarmente descrive la fattispecie incriminatrice, e successivamente prevede una serie di aggravanti, che possono elevare la pena fino a sette anni, nel caso delle lesioni gravissime.
Senza entrare nel dettaglio della previsione normativa, e soprassedendo in questa sede alle modifiche operate dalla L. 41/2016 al codice di rito, preme evidenziare innanzitutto la problematicità dell’esatta qualificazione giuridica della disposizione dell’art. 590bis co. 1 c.p., in quanto la stessa può integrare sia un autonomo reato, sia una circostanza aggravante della norma generale di cui all’art. 590 c.p.
La diversa qualificazione della fattispecie in esame quale aggravante o quale reato autonomo incide infatti sul regime di procedibilità del reato.
Tale circostanza, com’è evidente, è di estremo rilievo per il soggetto che si veda coinvolto in un incidente stradale, in quanto condiziona in maniera determinante le azioni esperibili a tutela dei propri diritti.
Tuttavia il legislatore italiano non ha ritenuto di dedicare nessuna disposizione specifica a riguardo, e pertanto la qualificazione della norma è rimessa all’interprete.
Si potrebbe pertanto ritenere che si debba fare applicazione della disciplina ordinaria di cui l’art. 120 c.p.: se la legge non subordina la perseguibilità di un fatto alla querela della persona offesa, si procede d’ufficio.
Pertanto, se il precetto fosse configurabile quale reato autonomo rispetto alla più generale fattispecie di lesioni personali colpose, considerata l’assenza di una norma che esiga la querela di parte, si dovrebbe ritenere che sia possibile procedere d’ufficio.
Diversamente, qualora si ritenesse la norma in esame una circostanza (aggravante) dell’art. 590 c.p., si dovrebbe applicare il diverso regime disposto dall’ultimo comma dell’art. 590 c.p., con conseguente necessità della querela della persona offesa da reato.
La conseguenza dell’omessa proposizione in termine della querela, sarebbe la improcedibilità dell’azione penale, con conseguente archiviazione del procedimento, ed evidente danno per il cittadino che si vedrebbe privato di tutela sul fronte penale.
A tale conclusione è giunto recentemente il GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) del Tribunale di Milano (decreto di archiviazione 04.05.2017, R.G. N.R. n. 15897/2016, Giudice Gargiulo).
Il Giudice milanese ha decretato l’archiviazione di un procedimento per il reato di cui l’art. 590 bis c.p. proprio perché ha ritenuto di aderire alla seconda tesi sopra richiamata.
Si badi bene: tale orientamento è in contrasto con quanto autorevolmente sostenuto dalla maggior parte della dottrina.
Che fare quindi nella malaugurata ipotesi in cui si dovesse essere vittima di un incidente?
Per prima cosa sembra opportuno rivolgersi ad un legale che sappia dare i primi (e fondamentali) consigli sul come procedere.
In secondo luogo bisogna tenere a mente il termine assai breve (e perentorio) entro cui eventualmente presentare la querela alle Autorità competenti: ex art. 124 c.p. la persona offesa può infatti agire entro e non oltre tre mesi (e non 90 giorni, beninteso) dal giorno della notizia del fatto che costituisce reato.
In caso di difetto della condizione di procedibilità non resterà altro da fare che rivolgersi al Giudice civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'incidente.
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