La responsabilità sanitaria, il consenso informato


L’obbligo del sanitario di raccogliere il consenso del paziente corrisponde al diritto all'autodeterminazione del cittadino
La responsabilità sanitaria, il consenso informato
L’obbligo del sanitario di raccogliere il consenso del paziente corrisponde al diritto all'autodeterminazione del cittadino di sottoporsi o meno al trattamento sanitario: di qui il termine "consenso informato". L’obbligo principale, quindi, del sanitario consiste nella chiara informazione al paziente circa la complessità della propria prestazione sia con riferimento: alla diagnosi e alla prognosi; alle complicazioni derivanti dalla relativa esecuzione; alle terapie prescritte e alle eventuali conseguenze. Il consenso deve essere frutto di un rapporto reale e non solo apparente tra medico e paziente, in cui il sanitario è tenuto a raccogliere un'adesione effettiva e partecipata, giammai solo cartacea all'intervento. Il consenso informato non è, dunque, un atto puramente formale e burocratico, ma è la condizione imprescindibile per trasformare un atto normalmente illecito (la violazione dell'integrità psicofisica) in un atto lecito, fonte di responsabilità. Le fonti normative che disciplinano il consenso informato sono scandite nella Carta Costituzionale, che, agli artt. 13 e 32 comma 2, attribuisce al paziente, la scelta di sottoporsi o meno all'intervento terapeutico. Il diritto all’informativa appartiene a quelli inviolabili della persona. I precetti costituzionali sono, poi, specificati all’art. 33 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, che esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente. Anche l’art. 30 del codice di deontologia medica dispone che il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico, nell'informativa, dovrà tenere conto delle capacità di comprensione della persona, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. L’attività medica, infatti, esplicandosi come rapporto negoziale di prestazione d’opera intellettuale, deve necessariamente sottostare al consenso del paziente. Sotto tale profilo il consenso deve essere prestato da un soggetto in grado di comprendere prima e di fare le scelte adeguate poi e deve essere personale, attuale, libero, manifesto, gratuito, specifico, consapevole e completo. L’informazione deve essere idonea a rendere edotto il paziente circa la portata effettiva dell'intervento, in relazione alla sua gravità, agli effetti conseguibili, alle inevitabili difficoltà, alle eventuali complicazioni ed alle problematiche di esito infausto: cosicché il paziente possa decidere se sottoporsi all'intervento o se rifiutarlo. L’obbligo di informativa concerne, inoltre, anche i benefici, le modalità di intervento, dell'eventuale possibilità di scelta tra diverse tecniche operatorie. Nello specifico ambito degli interventi chirurgici, il dovere di informazione deve concernere la tipologia dell'intervento in relazione: alle difficoltà, agli effetti conseguibili, agli eventuali rischi. L'obbligo si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo. L'obbligo di informazione si estende ai rischi specifici rispetto a determinate scelte alternative, in modo che il paziente, con l'ausilio tecnico-scientifico del sanitario, possa determinarsi verso l'una o l'altra delle scelte possibili, attraverso una cosciente valutazione dei rischi relativi e dei corrispondenti vantaggi. L’informativa sui rischi deve essere analitica. E’ noto, infatti, come nel lavoro in equipe, l’attività sanitaria si snodi in varie fasi, che hanno tutte rischi specifici e distinti. Laddove, quindi, le diverse fasi assumano una propria autonomia gestionale e diano luogo a scelte operative diversificate, l'obbligo di informazione si estende anche alle singole fasi e quindi ai rispettivi rischi. Inquadrata, poi, la responsabilità medica nell’ambito della responsabilità contrattuale, si è ritenuto che il dovere di informazione è lo step principale della prestazione sanitaria. Infatti, l'attività professionale medica si qualifica come prestazione complessa che comprende una fase diagnostica e una terapeutica. La violazione del dovere di informazione da parte del medico è un inadempimento contrattuale. Anche l’aspetto strutturale rientra nel dovere di informazione del paziente. Il consenso informato non riguarda, quindi, soltanto i rischi per la persona ma anche la carente situazione oggettiva e tecnico-strutturale, in rapporto alle dotazioni e alle attrezzature. Determina responsabilità anche l’informativa incompleta o non puntuale. Il modulo potrebbe, quindi, essere inidoneo a ritenere assolto da parte dei medici l'onere di informazione: ciò si verifica quando esso è, ad esempio, sintetico e indica solo genericamente la prestazione sanitaria. Il consenso è incompleto anche laddove non precisa quali siano i rischi specifici, ovvero le diverse possibili procedure, il paziente potrebbe non conoscere le modalità ed i rischi tecnici connessi all'intervento. Il consenso deve estendersi anche agli effetti collaterali di una terapia prescritta per la fase post-operatoria. Com’è noto ogni fonte di responsabilità determina il risarcimento del danno a favore della persona che ha subito un nocumento. Alla lesione dell'interesse relativo all'autodeterminazione del paziente non consegue, tuttavia, ipso iure un danno risarcibile. Non si può, infatti, ritenere che il danno lamentato dal paziente sia in re ipsa, essendo necessaria l'allegazione e la prova dell'entità dello stesso, che deve, comunque, essere apprezzabile per poter dare luogo a risarcimento. Ha ritenuto, al riguardo, la Corte di Cassazione che non è l'inadempimento da mancato consenso informato di per sé oggetto di risarcimento, ma il danno consequenziale, secondo i principi di cui all'art. 1223 c.c.

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di Avv. Valentina Vaccaro

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