Invertire la rotta con un taglio netto dei contributi

Il tasso di disoccupazione ha toccato il 10,6% a ottobre, con una crescita di 0,2 punti su settembre. Il mese di settembre è stato rivisto al rialzo al 10,3%. Lo ha rilevato l’Istat spiegando che i disoccupati nel mese erano 2.746.000, in crescita di 64.000 unità su settembre ed in calo di 118.000 unità su ottobre 2017. Se si guarda al trimestre agosto/ottobre, il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,2 punti sul trimestre precedente. Per quanto riguarda i giovani, il tasso cresce rispetto a settembre arrivando al 32,5%, ma resta in calo rispetto a ottobre 2017. Gli occupati sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto a settembre ( + 9.000 unità), mentre sono cresciuti di 159.000 unità su ottobre 2017. L’istat spiega che il tasso di occupazione è rimasto stabile al 58,7%. La stabilità degli occupati su settembre deriva da un aumento dei dipendenti permanenti (+37000 unità) e da un calo per i lavoratori a termine (-13000) e degli indipendenti(-16000).
Orbene, con un tasso di disoccupazione al 10,6%, non vi è dubbio che bisogna porre in atto tutti i provvedimenti necessari affinchè la piaga della disoccupazione, sopratutto quella giovanile venga risolta. Per farlo bisogna ideare progetti che possano ridurre il carico contributivo senza provocare danni all’erario. Una ricetta, cioè, che non crei squilibri nei bilanci dell’INPS. Se per esempio si decidesse di ridurre il carico contributivo delle imprese al 50%, quali effetti si produrrebbero nei confronti dei datori di lavoro, dei lavoratori, dell’Inps e dello Stato? Fatto pari per comodità di calcolo al 30% l’attuale contributo INPS e a 30.000 euro lordi all’anno lo stipendio medio di un italiano (nel 2017 lo stipendio medio in Italia è stato pari a 29.380 euro lordi, somma che al netto è poco più di 1.580 euro al mese), gli effetti che si produrrebbero sarebbero i seguenti: 1) L’Inps avrebbe un minore gettito contributivo pari ad euro 4.500 (30000 per 15%).
2) Il lavoratore su una retribuzione di 30.0000 subirebbe una ritenuta contributiva pari a euro 2.400 (fatto pari all’8% la ritenuta previdenziale), e sulla differenza (30.000-2.400=27.600) una ritenuta Irpef pari ad euro 6.852. La sua retribuzione netta sarebbe pari, quindi, ad euro 20.748. La retribuzione netta a sua volta, poi, subirebbe una tassazione sui consumi che per comodità di calcolo quantifico nel 15% e sarebbe pari ad euro 3.112.
3) Lo stato, quindi, avrebbe un gettito tra imposte dirette ed indirette pari ad euro 8.324 al netto di detrazioni fiscali per euro 1.650.
4) Il datore di lavoro che assume una nuova unità, dovrà reintegrare quanto meno il costo sostenuto pari alla retribuzione lorda per euro 30.000 + contributi ridotti pari ad euro 4.500 e quindi 34.500.
Su un valore della maggiore produzione di 34.500 anche a considerare un prezzo di vendita pari al costo e quindi senza alcuna percentuale di utile lordo, applicando l’Iva che per comodità di calcolo facciamo pari al 15%, otteniamo un gettito di euro 5.175. L’eventuale maggior reddito conseguito potrebbe essere considerato esente ai fini Ires ed Irap per fare ottenere una maggiore agevolazione al datore di lavoro.
In conclusione, per ogni nuovo assunto si avrebbe la seguente situazione:
1) ogni lavoratore nuovo assunto produrrebbe un nuovo reddito di euro 20.000 euro circa;
2) il datore di lavoro avrebbe un minore costo di 4.500 euro all’anno;
3) l’Inps Avrebbe un minore incasso di euro 4.500
4) lo stato di contro avrebbe un maggior gettito tributario di euro 8.324 per ogni nuovo assunto, aumentato di euro 5.175 euro per Iva sulle vendite ottenuta dal datore di lavoro, e complessivamente un gettito di euro 13.499. Trasferendo all’Inps Il minore incasso dovuto alla riduzione dei contributi, lo Stato ottiene un gettito netto di euro 8.999.
Ipotizzando che con questo provvedimento si possono ottenere 300 mila nuovi assunti ogni anno, il maggio gettito tributario per lo stato sarebbe pari ad euro 2 miliardi e 700 milioni per il primo anno.
Il secondo anno ovviamente i nuovi occupati diventano 600.000 ed il maggio gettito conseguentemente sarà pari ad euro 5 miliardi e 400 mila, e così in progressione aritmetica di anno in anno. Al quinto anno si avrebbe un maggior gettito pari ad euro 13 miliardi e 500 milioni ed avremmo assunto 1.500.000 nuovi occupati. Nell’economia sarebbe immessa nuova ricchezza per 30 miliardi. Ovviamente sarà anche necessario orientare il sostegno verso la “Flexicurity”. Una maggiore flessibilità nelle assunzioni e nei licenziamenti, dovrebbe essere associata a politiche più efficaci in materia di ricerca di posti di lavoro, di attivazione e formazione e di attuazione del sistema di protezione sociale universale previsto. La trasmisssione del Pil sulla riduzione dei contributi passa attraverso due meccanismi: il primo è l’aumento della domanda dei beni che si ha se la riduzione delle aliquote contributive viene trasferita per intero sulla riduzione dei prezzi al consumo. In tale caso cresce il potere di acquisto delle famiglie e la competitività internazionale dei prodotti. Il secondo meccanismo è la riduzione del costo del lavoro che dovrebbe portare ad un aumento dell’occupazione I quindi del reddito disponibile con successivi effetti sulla domanda.
PROF.DOTT. ALESSANDRO PILATO
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