La riforma Bonafede tra incostituzionalità e giustizialismo forcaiolo


La prescrizione è un istituto di civiltà giuridica, non è un escamotage per i furbetti
La riforma Bonafede tra incostituzionalità e giustizialismo forcaiolo

La prescrizione, quale estinzione del reato, è prevista dagli artt. 157 e seguenti del Codice Penale.

Con tale istituto, previsto da tutti gli ordinamenti giuridici europei, si determina che il reato si estingue decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e, comunque, in un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto o di quattro anni se si tratta di contravvenzione.

In altri termini, in uno Stato di diritto come dovrebbe essere quello italiano, la prescrizione è un istituto concepito come salvaguardia dei rapporti tra cittadini e Stato, nel senso che, se la sentenza definitiva di condanna nei tre gradi di giudizio (I grado, Appello e Cassazione) non matura nel termine stabilito dalla legge, lo Stato rinuncia alla sua funzione punitiva del reato.

La prescrizione ha, quindi, funzione garantistica per il cittadino-accusato, nel senso che l'eventuale sentenza di condanna, sia il risultato di un giusto processo (art.111 Cost.), nel senso che la persona accusata deve essere giudicata nel più breve tempo possibile.

Ciò anche in relazione al dettato costituzionale (art. 27 Cost.) che prevede la presunzione di innocenza finchè la sentenza non è irrevocabile.

In altri termini, se lo Stato con i suoi organismi giurisdizionali non riesce ad esercitare l'azione penale nei termini di legge, è giusto che la punibilità non possa più essere esercitata nei confronti dell'accusato.

Tale principio garantista è sempre stato un cardine della giustizia penale, a tutela dei diritti di libertà del cittadino e per cadenzare i tempi ragionevoli del processo fungendo altresì da stimolo per la definizione del processo stesso.

Tale principio, oggi, viene messo in pericolo, anzi viene annullato dalla così detta Riforma Bonafede, e meraviglia che tale riforma sia stata proposta da un soggetto che nella vita esercita la professione di Avvocato!

Cosa prevede, quindi, questa famigerata riforma?

Per tutti i fatti-reato commessi dal 1.01.2020, la prescrizione non opera più dalla sentenza di primo grado.

In altre parole la prescrizione opera fino al I grado, dopodichè il termine temporale prescrizionale non opera più, e il procedimento resta sospeso nel limbo in tempi non definiti, né definibili lasciato al buon cuore degli uffici giudiziari.

Tale riforma presenta gravissimi aspetti di incostituzionalità come ora esamineremo dopo aver portato all'attenzione di chi legge un esempio gravissimo di cosa possa succedere applicando la legge Bonafede.

Supponiamo che un ragazzo, a 18 anni, venga condannato in primo grado per guida in stato di ebbrezza, cessando il termine prescrizionale se non vengono fissati i gradi di impugnazione successivi in tempi brevi, si trova da adulto, magari laureato o impiegato, con un pendente penale sulla testa, in dispregio di ogni più elementare diritto alla certezza del diritto e della pena.

Ma tralasciamo questo caso limite, ed evidenziamo i gravi aspetti di incostituzionalità della legge Bonafede.

Con tale legge, i tempi dei processi inevitabilmente saranno dilatati, per la sospensione della prescrizione dopo il primo grado, potendo il cittadino restare processato “a vita”.

Ciò contrasta con l'art. 111 Cost che ha introdotto il giusto processo, il cui cardine è sicuramente una giustizia in tempi rapidi, nel contraddittorio paritetico delle parti.

Ma la “nuova prescrizione” contrasta anche con l'art. 27 Cost che prevede la presunzione di innocenza, infatti dilungandosi all'infinito i gradi di giudizio, dopo la sospensione della prescrizione, al I grado, si rende il cittadino unicamente un imputato per lunghissimo tempo in spregio alla presunzione di non colpevolezza.

La riforma forcaiola-giustizialista voluta dal Ministro Bonafede, e dal Governo che lo sostiene, presuppone che con essa si sia voluto colpire le attività dilatorie delle difese.
Su tale posizione è anche parte della Magistratura in quota minoritaria.
Tutto ciò è, però un falso clamoroso, e chi sostiene tale posizione non può certo ritenersi in buona fede, ma mente sapendo di mentire.
Infatti le statistiche giudiziarie dimostrano che l'85% delle prescrizioni matura nelle indagini preliminari, e quindi significa che ciò si verifica non già per attività dilatorie dei difensori, ma per disfunzioni degli uffici giudiziari e per inerzia dell'autorità inquirente.
Le statistiche, inoltre, dimostrano che solo in 1 caso su 20, la prescrizione matura in dibattimento per attività dilatoria difensiva.

La riforma Bonafede, pertanto, è un'accozzaglia di incostituzionalità, giustizialismo, incertezza del diritto e della pena, e riteniamo, quindi, che tale legge debba essere abrogata, in quanto la sua sussistenza produrrebbe gravissimi danni al già claudicante processo penale.

 

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di Giangualberto Pepi

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