La riforma Bonafede di cui nessuno vuol sentire parlare


Prescrizione, ragionevole durata del processo ed altri mostri mitologici...
La riforma Bonafede di cui nessuno vuol sentire parlare

A gennaio è entrata in vigore la riforma della prescrizione denominata riforma Bonafede dal nome del ministro della Giustizia, votata da Lega e Cinque stelle.

Tale riforma è stata oggetto di critiche feroci da parte degli avvocati penalisti e da buona parte della magistratura e, a distanza di oltre due mesi e mezzo dalla sua entrata in vigore, continua ad essere un grande motivo di attrito tra gli esperti del settore.

L'attuale normativa prevede sostanzialmente che il corso della prescrizione si interrompa con la sentenza di I grado e rimanga sospesa fino alla fine del processo.

Di fatto l'istituto giuridico della prescrizione viene meno con la sentenza di I grado e il processo può durare tutto il tempo necessario per gli altri 2 gradi di giudizio, anche per molti anni.

Si è detto che tale scelta è stata fatta perché il procedimento penale italiano soffre di endemica lentezza che consente agli avvocati di sfruttare cavilli per far ottenere l'impunità ai propri clienti.

Tale ricostruzione è fuorviante per vari motivi.

Primo, la gran parte delle prescrizioni avviene durante le indagini preliminari e durante il primo grado di giudizio pertanto la riforma rispetto a questi processi è ininfluente.

Secondo, per i reati medio/gravi la prescrizione scattava già dopo 10 o 15 anni (non è un tempo sufficiente per arrivare a termine di un procedimento?).

Terzo perché, per come è strutturato il procedimento penale, l'avvocato non ha grandi possibilità di incidere sul tempo del procedimento.
Infatti, durante le indagini preliminari l'imputato e il suo avvocato non sanno nemmeno che c'è un indagine in corso e, pertanto, è la Procura che determina la velocità del procedimento.
Successivamente una volta iniziato il processo vero e proprio gli eventuali rinvii richiesti dall'imputato, anche qualora vengano accolti, sospendono il corso della prescrizione e di fatto non incidono e non concorrono al maturare della stessa.

La prescrizione in realtà è un istituto di civiltà giuridica secondo cui col passare del tempo lo Stato deve rinunciare alla potestà punitiva.

Questo è necessario perché col passare del tempo la difesa diviene impossibile, ed inoltre, già nel Settecento Beccaria sosteneva che è molto più rieducativa una pena mite immediata che una pena severa in un tempo futuro incerto.

In realtà, ormai, si assiste ad una tendenza che va in senso contrario a quanto sostenuto dai grandi giuristi e, mi si passi il termine, si assiste ad una deriva giustizialista.

Sull'onda del sentimento popolare, sfruttato da tutte le forze politiche, sono state introdotte delle figure delittuose nuove di dubbia costituzionalità e si è inasprito alcune di quelle già esistenti oltre i limiti imposti dalla logica.

Sulla base di un principio di efficientismo a tutti i costi è stata abolita la decorrenza della prescrizione dalla sentenza di I grado in poi con un aggravio di processi per le Corti d'appello che si traduce in una minor efficienza del sistema e il prolungarsi della spada di Damocle sui malcapitati imputati e parti offese.

Adesso si parla a gran voce di riformare il processo penale per renderlo più veloce, c'è chi sostiene di mettere a carico dell'avvocato le eventuali spese processuali in caso di conferma della sentenza di condanna in appello o in Cassazione, ma quello che nessuno dirà è che una riforma del genere si tradurrà in una riduzione delle garanzie processuali.

È ovvio che ciò comporterebbe una sostanziale assenza del diritto di appello del cittadino salvo che abbia una capacità economica tale da poter lasciare all'avvocato oltre agli onorari anche un deposito dell'importo di questa multa paventata.

Nessun avvocato rischierebbe di dover pagare una multa maggiore o uguale ai propri onorari per l'appello da redigere.

L'unica “riforma” davvero necessaria e utile per velocizzare il processo penale, di cui non si parla mai per una questione economica, è una sola: raddoppiare l'organico di magistrati, cancellieri e personale di polizia giudiziaria.

Per farlo ovviamente sono necessari troppi fondi e, quindi, è meglio abolire la prescrizione, rendendo il processo tendenzialmente infinito, oppure ridurre l'effettivo diritto al secondo grado di giudizio prevedendo multe per gli avvocati.

Attenzione alle riforme che potrebbero trasformarsi in riduzione delle garanzie costituzionali.

 

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di Avv. Jacopo Pepi

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