Lavorare durante l'assenza per malattia
Può essere licenziato il lavoratore assente per malattia che durante tale assenza svolga un'attività lavorativa in favore di terzi?
Nel nostro ordinamento giuridico non sussiste una disposizione normativa che ponga un divieto esplicito per il dipendente di prestare attività lavorativa, anche a favore di terzi, durante il periodo di assenza per malattia.
Siffatto comportamento può, tuttavia, costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. (art. 2105 c.c.)
Ciò può avvenire quando lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia sia di per sè sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, o quando l'attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore, con violazione di un'obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto (cfr. ex plurimis Cass. n. 9474/2009, Cass. n. 14046/2005; Cassazione civile, sez. lav., 29/11/2012, ud. 09/10/2012, n. 21253).
In particolare la predetta valutazione in ordine al pregiudizio o al ritardo in relazione alla guarigione del lavoratore sia costituita da un giudizio prognostico da effettuarsi a priori ed avente ad oggetto non la reale incidenza dell'attività lavorativa svolta sul recupero psico-fisico del dipendente, bensì la mera "potenzialità del pregiudizio", tanto che la Cassazione ritiene che "ai fini di questa potenzialità, la tempestiva ripresa del lavoro resta irrilevante".Corte (Cass. n. 14046/2005 cit.)
Preme rilevare come nel caso in cui il lavoratore impugni giudizialmente il licenziamento lamentandone la legittimità "la prova della incidenza della diversa attività lavorativa o extralavorativa nel ritardare o pregiudicare la guarigione ai fini del rilievo disciplinare di tale attività nel corso della malattia, è comunque a carico del datore di lavoro".(Cass. Civ. 4869/2014)
Ciò premesso è indispensabile valutare in concreto il tipo di attività lavorativa svolto durante la malattia ponendolo a raffronto con la natura dell'infermità che ha dato luogo all'assenza del dipendente. Infatti solo detta analisi può disvelare l'eventuale inesistenza della patologia lamentata e la su fraudolenta simulazione, ovvero se l'attività lavorativa svolta, pur in presenza di una reale infermità, sia idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio del dipendente, costituendo così da parte di quest'ultimo violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, tale da giustificare il recesso del datore di lavoro (nello stesso senso, Cass. n. 17128/2002).
Si osservi tuttavia che il datore di lavoro - nel momento in cui intima la risoluzione del rapporto - si trova nell’impossibilità di conoscere la patologia per la quale il lavoratore ha usufruito dell’assenza per malattia, ciò che rende particolarmente difficoltoso prevedere concretamente gli esiti di un giudizio di impugnazione del licenziamento.
Siffatto comportamento può, tuttavia, costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà. (art. 2105 c.c.)
Ciò può avvenire quando lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia sia di per sè sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, o quando l'attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore, con violazione di un'obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto (cfr. ex plurimis Cass. n. 9474/2009, Cass. n. 14046/2005; Cassazione civile, sez. lav., 29/11/2012, ud. 09/10/2012, n. 21253).
In particolare la predetta valutazione in ordine al pregiudizio o al ritardo in relazione alla guarigione del lavoratore sia costituita da un giudizio prognostico da effettuarsi a priori ed avente ad oggetto non la reale incidenza dell'attività lavorativa svolta sul recupero psico-fisico del dipendente, bensì la mera "potenzialità del pregiudizio", tanto che la Cassazione ritiene che "ai fini di questa potenzialità, la tempestiva ripresa del lavoro resta irrilevante".Corte (Cass. n. 14046/2005 cit.)
Preme rilevare come nel caso in cui il lavoratore impugni giudizialmente il licenziamento lamentandone la legittimità "la prova della incidenza della diversa attività lavorativa o extralavorativa nel ritardare o pregiudicare la guarigione ai fini del rilievo disciplinare di tale attività nel corso della malattia, è comunque a carico del datore di lavoro".(Cass. Civ. 4869/2014)
Ciò premesso è indispensabile valutare in concreto il tipo di attività lavorativa svolto durante la malattia ponendolo a raffronto con la natura dell'infermità che ha dato luogo all'assenza del dipendente. Infatti solo detta analisi può disvelare l'eventuale inesistenza della patologia lamentata e la su fraudolenta simulazione, ovvero se l'attività lavorativa svolta, pur in presenza di una reale infermità, sia idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio del dipendente, costituendo così da parte di quest'ultimo violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, tale da giustificare il recesso del datore di lavoro (nello stesso senso, Cass. n. 17128/2002).
Si osservi tuttavia che il datore di lavoro - nel momento in cui intima la risoluzione del rapporto - si trova nell’impossibilità di conoscere la patologia per la quale il lavoratore ha usufruito dell’assenza per malattia, ciò che rende particolarmente difficoltoso prevedere concretamente gli esiti di un giudizio di impugnazione del licenziamento.
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