Le imprese eccellenti sono ancora poco digitali
Rapporto del MISE su PMI innovative eccellenti: l'innovazione salva dalla difficile congiuntura economica, ma sul digitale c'è ancora da fare.

All'inizio di ottobre il Ministero Infrastrutture e Sviluppo Economico ha pubblicato un interessante Rapporto sulle cosiddette Pmi innovative eccellenti.
La lettura del documento, sebbene sveli alcuni aspetti senz’altro positivi, tuttavia, ancora una volta, sottolinea la sostanziale difficoltà e il timore da parte delle nostre aziende a guardare al futuro ed a farlo nella giusta direzione. Il Rapporto sottolinea subito che, tuttavia poche aziende conoscono le possibilità messe a loro disposizione con gli incentivi predisposti dal Governo.
Il MISE ha svolto l’Indagine su un campione rappresentativo di 1.000 piccole e medie imprese "eccellenti" con la principale finalità di approfondire alcune importanti tematiche tra cui: il grado di conoscenza e di utilizzazione delle recenti misure di politica industriale adottate dal Governo nell’ambito della direttiva comunitaria relativa all’attuazione dello Small Business Act (SBA); il grado di informatizzazione e le strategie di investimenti; le strategie di innovazione e di internazionalizzazione.
Va fatta a questo punto una prima fondamentale precisazione sono state selezionate 1000 aziende su 61mila, cioè circa l’1,6% delle imprese che hanno tra 10 e i 250 addetti ed hanno avuto un particolare livello di fatturato. Ciò sta a significare che i risultati sia pur rilevanti nella specificità del campione analizzato, rimangono comunque dati di nicchia.
Dato che va poi affiancato ad una seconda informazione che si ritrova nel Rapporto: gli ultimi 10-15 anni hanno «visto» aumentare la distanza tra le imprese vincenti (proiettate nei mercati internazionali e impegnate in articolate strategie di innovazione) e quelle perdenti arroccate sui mercati locali.
Il dato positivo è che circa un quarto delle pmi eccellenti segnala di non avere mai avvertito i "morsi" della crisi: le strategie di innovazione e di internazionalizzazione adottate dalle imprese sembrano avere messo al riparo questa tipologia di imprese dai venti della recessione mantenendo e, anzi, rafforzando la loro competitività sui mercati esteri.
Da una parte è un’indicazione fondamentale che conferma il messaggio che da tempo si cerca di far arrivare alle imprese (anche quando si parla di ROI, cioè di ritorno dell’investimento), d’altra rimane comunque un numero esiguo di imprese.
Per le restanti imprese del campione, infatti, a fronte di una quota di circa il 14% che ha dichiarato di essere uscita dalla crisi, permane una quota (pari poco al 35%) che ha segnalato che ritiene di uscirne nel biennio 2016-2017.
In quali condizioni sono tutte le altre?
L’Indagine purtroppo conferma la "forte immaturità delle Pmi eccellenti sul fronte della digitalizzazione dell’ utilizzo dei dati aziendali".
Il grado di informatizzazione delle pmi campione, infatti, appare tutt’al più soddisfacente: sono presenti i principali e più moderni strumenti informatici, ma assolutamente modesta risulta, però, la quota di imprese che utilizza il sito WEB per vendere on line che utilizza l’e-commerce per vendere on line e, in generale, che possiede adeguate tecnologie ICT.
Un dato significativo, sotto il profilo delle strategie di investimenti e di innovazione è quello che emerge dal rafforzamento del grado di internazionalizzazione al di fuori dell’Area Ue. Una scelta quindi che paga.
Si riscontra la necessità per le pmi di implementare gli strumenti (ad es., il Contratto di rete) per favorire una maggiore sinergia tra le imprese che innovano e le altre imprese (concorrenti, università, incubatori), mentre una modesta quota di imprese eccellenti, nel triennio 2012-2014, ha realizzato brevetti e marchi. La recente misura del Patent Box dovrebbe andare nella direzione di facilitare tali operazioni.
Infine un ultimo dato va segnalato. Nell’ambito delle imprese campione si rileva l’elevata età degli imprenditori (34,3% nella fascia di età 56-65; 18,9% oltre 66 anni), pertanto appare sempre più necessario affrontare il problema (del resto strutturale e comune a tutto il sistema produttivo italiano) del ricambio generazionale.
Il rapporto pubblicato dal MISE ovviamente dice anche molto altro.
Rimane il fatto che un nuovo studio offre la possibilità di ragionare sulle strategie di impresa sottolineando come queste devono necessariamente passare per digitalizzazione, sicurezza informatica e internazionalizzazione.
Ormai le pmi che vogliono crescere non possono più ragionare per compartimenti stagni ma devono guardare al proprio business in una prospettiva globale e proiettata verso il futuro.
La lettura del documento, sebbene sveli alcuni aspetti senz’altro positivi, tuttavia, ancora una volta, sottolinea la sostanziale difficoltà e il timore da parte delle nostre aziende a guardare al futuro ed a farlo nella giusta direzione. Il Rapporto sottolinea subito che, tuttavia poche aziende conoscono le possibilità messe a loro disposizione con gli incentivi predisposti dal Governo.
Il MISE ha svolto l’Indagine su un campione rappresentativo di 1.000 piccole e medie imprese "eccellenti" con la principale finalità di approfondire alcune importanti tematiche tra cui: il grado di conoscenza e di utilizzazione delle recenti misure di politica industriale adottate dal Governo nell’ambito della direttiva comunitaria relativa all’attuazione dello Small Business Act (SBA); il grado di informatizzazione e le strategie di investimenti; le strategie di innovazione e di internazionalizzazione.
Va fatta a questo punto una prima fondamentale precisazione sono state selezionate 1000 aziende su 61mila, cioè circa l’1,6% delle imprese che hanno tra 10 e i 250 addetti ed hanno avuto un particolare livello di fatturato. Ciò sta a significare che i risultati sia pur rilevanti nella specificità del campione analizzato, rimangono comunque dati di nicchia.
Dato che va poi affiancato ad una seconda informazione che si ritrova nel Rapporto: gli ultimi 10-15 anni hanno «visto» aumentare la distanza tra le imprese vincenti (proiettate nei mercati internazionali e impegnate in articolate strategie di innovazione) e quelle perdenti arroccate sui mercati locali.
Il dato positivo è che circa un quarto delle pmi eccellenti segnala di non avere mai avvertito i "morsi" della crisi: le strategie di innovazione e di internazionalizzazione adottate dalle imprese sembrano avere messo al riparo questa tipologia di imprese dai venti della recessione mantenendo e, anzi, rafforzando la loro competitività sui mercati esteri.
Da una parte è un’indicazione fondamentale che conferma il messaggio che da tempo si cerca di far arrivare alle imprese (anche quando si parla di ROI, cioè di ritorno dell’investimento), d’altra rimane comunque un numero esiguo di imprese.
Per le restanti imprese del campione, infatti, a fronte di una quota di circa il 14% che ha dichiarato di essere uscita dalla crisi, permane una quota (pari poco al 35%) che ha segnalato che ritiene di uscirne nel biennio 2016-2017.
In quali condizioni sono tutte le altre?
L’Indagine purtroppo conferma la "forte immaturità delle Pmi eccellenti sul fronte della digitalizzazione dell’ utilizzo dei dati aziendali".
Il grado di informatizzazione delle pmi campione, infatti, appare tutt’al più soddisfacente: sono presenti i principali e più moderni strumenti informatici, ma assolutamente modesta risulta, però, la quota di imprese che utilizza il sito WEB per vendere on line che utilizza l’e-commerce per vendere on line e, in generale, che possiede adeguate tecnologie ICT.
Un dato significativo, sotto il profilo delle strategie di investimenti e di innovazione è quello che emerge dal rafforzamento del grado di internazionalizzazione al di fuori dell’Area Ue. Una scelta quindi che paga.
Si riscontra la necessità per le pmi di implementare gli strumenti (ad es., il Contratto di rete) per favorire una maggiore sinergia tra le imprese che innovano e le altre imprese (concorrenti, università, incubatori), mentre una modesta quota di imprese eccellenti, nel triennio 2012-2014, ha realizzato brevetti e marchi. La recente misura del Patent Box dovrebbe andare nella direzione di facilitare tali operazioni.
Infine un ultimo dato va segnalato. Nell’ambito delle imprese campione si rileva l’elevata età degli imprenditori (34,3% nella fascia di età 56-65; 18,9% oltre 66 anni), pertanto appare sempre più necessario affrontare il problema (del resto strutturale e comune a tutto il sistema produttivo italiano) del ricambio generazionale.
Il rapporto pubblicato dal MISE ovviamente dice anche molto altro.
Rimane il fatto che un nuovo studio offre la possibilità di ragionare sulle strategie di impresa sottolineando come queste devono necessariamente passare per digitalizzazione, sicurezza informatica e internazionalizzazione.
Ormai le pmi che vogliono crescere non possono più ragionare per compartimenti stagni ma devono guardare al proprio business in una prospettiva globale e proiettata verso il futuro.
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