Le notifiche a mezzo PEC ai tempi del Coronavirus

L’emergenza COVID-19 impone di ridisegnare completamente, sin d’ora e per il futuro, ogni e qualsivoglia prassi adottata fino al giorno d’oggi: nella gestione del lavoro della classe forense - dagli adempimenti alla trattazione delle udienze - diventa un obbligo anche morale utilizzare tutti gli strumenti utili, nessuna eccezion fatta, per agevolare il lavoro da remoto ed evitare contatti ravvicinati nonché assembramenti dentro e fuori dai pubblici uffici.
Nonostante dal dibattito sembrerebbe emergere che l’unico problema in Italia siano i processi penali e la loro gestione da remoto, da umile operatore della Giustizia mi sono adoperato affinché si potessero trovare soluzioni alternative anche alle file fuori dagli UNEP.
Mi rendo conto che questo potrà interessare poco i grandi avvocati che neanche ricordano più dove si fanno le notifiche, ma sia tale suggerimento accolto anche a tutela dei loro dipendenti e collaboratori.
La notifica ai sensi dell’art. 137 comma 3 c.p.c.
L'art. 137 comma 3 c.p.c. prevede che «Se l'atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell'atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all'originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l'ufficiale giudiziario invia l'atto notificato anche attraverso strumenti telematici all'indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell'atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile».
In virtù dell'art 17 comma 6^ del DM 21/02/2011 n. 44 «L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all'originale, e provvede a notificare la copia stessa nei modi di cui agli articoli 138 e seguenti del codice di procedura civile».
Il combinato disposto mi ha consentito di notificare un ricorso incaricando l’Ufficiale Giudiziario a mezzo PEC ed inviando i file PDF con tutte le informazioni indispensabili.
Purtroppo sono stato costretto a registrare il rifiuto opposto da un Ufficio in particolare, ma ritengo la norma chiara: non credo vi sia alcuna necessità di decreti attuativi.
La notifica a mezzo pec
Ogni avvocato può provvedere in proprio alla notificazione degli atti (ricorsi, citazioni, precetti) a mezzo PEC ai sensi della legge n. 53 del 1994: non mi soffermerò sui tecnicismi perché non vi sono particolari criticità da approfondire.
Il problema nasce per la suddetta modalità di notifica agli Enti Pubblici.
L'art. 16-ter del D.L. 179/2012 indica chiaramente quali sono gli elenchi pubblici accreditati per le notifiche telematiche:
"A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”.
Pertanto, è possibile notificare in proprio gli atti a mezzo PEC agli indirizzi estratti:
• dal registro PP.AA.;
• dal registro INI-PEC;
• dal registro IMPRESE;
• dal REGINDE.
Nel settore civile, pertanto, non è possibile notificare gli atti agli Enti che non hanno comunicato il proprio indirizzo per l’iscrizione nel registro PP.AA..
Nella pratica, se un Comune non comunica il proprio indirizzo, non potrà ricevere le notifiche a mezzo PEC, aggravando i costi per chi vuole agire nei suoi confronti. Ancor di più il discorso vale per l’I.N.P.S., che riceve ogni anno migliaia di notifiche esenti (a carico dell’Erario).
Interessante è notare come di recente sia intervenuta una pronuncia di un Tribunale Amministrativo Regionale (TAR Calabria, Sentenza n. 585/2020) che ha condannato una Azienda Ospedaliera che non vi aveva provveduto.
Esiste, però, un secondo registro delle Pubbliche Amministrazioni, l’indice IPA, su cui è presente un numero ben più cospicuo di Enti, ma la Corte di Cassazione ha chiarito che, in base alla normativa vigente, sono illegittime le notifiche degli atti civili agli indirizzi tratti da tale registro.
Orbene, la questione è semplice: inserendo anche l’indice IPA nell’elenco di cui all’art. 16-ter DL 179-2012 risparmieremmo un sacco di denaro (privato, ma anche pubblico) e consentiremmo agli avvocati di continuare a lavorare senza intoppi anche in periodo di emergenza COVID-19.
Pertanto, il sottoscritto ha avanzato la seguente proposta di emendamento:
“All’art. 16-ter del D.L. 179-2012 convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dopo le parole “convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2” sono inserite le parole “dal comma 3 dell’art. 47 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.
Non si può far altro che sperare che il buon senso faccia sì che venga approvata in una prossima Legge di conversione ai tanti Decreti Legge che si stanno susseguendo in questo periodo così complicato.
Il presente articolo non ha la pretesa di essere una guida, ma offre solo spunti di riflessione per approfondire la tematica.
Avv. Alfonso Maria Fimiani
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