Licenziamenti (non) sospesi ai tempi del Covid-19


In quali casi si può ancora licenziare?
Licenziamenti (non) sospesi ai tempi del Covid-19

Dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del decreto Cura Italia, l’avvio delle procedure collettive di riduzione del personale (articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991) è precluso per 5 mesi (e non più per 60 giorni) e durante lo stesso periodo sono sospese le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020. Sono altresì sospese le procedure che i datori di lavoro, con un organico superiore alle 15 unità, devono seguire se intendono procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo che richiede, per gli assunti in data antecedente il 7 marzo 2015, il tentativo di conciliazione presso la commissione istituita avanti all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente.

Queste le novità che si aspettano nel nuovo decreto atteso a giorni.

Restano però esclusi dalla sospensione i seguenti casi di licenziamento consentito:  

a) i licenziamenti per giusta causa che, comunque, obbligano il datore alle procedure garantiste previste dall’art. 7 della legge n. 300/1970;

b) i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo, ivi compresi quelli di natura disciplinare, anch’essi soggetti all’iter procedimentale del citato art. 7;

c) i licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per la fruizione della pensione di vecchiaia, atteso che la prosecuzione fino ai 70 anni discende da un accordo tra le parti e non è un diritto potestativo del dipendente, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 17589 del 4 settembre 2015;

d) i licenziamenti determinati da superamento del periodo di comporto, atteso che la procedura è assimilabile” al giustificato motivo oggettivo ma non è giustificato motivo oggettivo;

e) i licenziamenti per inidoneità alle mansioni;

f) i licenziamenti dei dirigenti che sono determinati da “giustificatezza”, cosa diversa dalla procedura rigoristica che interessa gli altri lavoratori subordinati;

g) i licenziamenti durante o al termine del periodo di prova sottoscritto dalle parti prima della costituzione del rapporto, con l’indicazione sia della durata che delle mansioni da svolgere;

h) i licenziamenti dei lavoratori domestici che sono “ad nutum”;

i) i licenziamenti dei lavoratori dello spettacolo a tempo indeterminato, laddove nel contratto di scrittura artistica sia prevista la c.d. “clausola di protesta”, cosa che consente la risoluzione del rapporto allorquando il lavoratore sia ritenuto non idoneo alla parte;

j) la risoluzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo a seguito di recesso ex art. 2118 c.c.: qui, non appare ravvisabile il giustificato motivo oggettivo;

k) Licenziamento dell’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, qualora vi sia stata una previa risoluzione dal rapporto associativo, secondo le specifiche previste dallo statuto societario e dal regolamento della cooperativa.


Nessuna sospensione è stata prevista, infine, per quanto riguarda le risoluzioni consensuali di lavoro e le dimissioni per giusta causa, e cioè quelle dimissioni che dipendono da un comportamento irregolare del datore di lavoro, come, ad esempio, il reiterato mancato pagamento della retribuzione oppure lo spostamento del lavoratore da una unità produttiva all’altra senza che siano sussistenti le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” addotte dal datore di lavoro.

 

Articolo del:


di Enrico Terzi

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