Licenziamento e periodo di comporto
Problematica relativa al licenziamento per superamento del comporto e all'obbligo o meno del preventivo tentativo di conciliazione
Sussistono ancora forti dubbi se il licenziamento per superamento del periodo di comporto sia soggetto o meno al tentativo obbligatorio di conciliazione. La direzione regionale del Lavoro della Lombardia con nota protocollo n. 12886 del 12 ottobre, ha escluso che questa tipologia di licenziamenti possa rientrare nell'ambito della nuova conciliazione obbligatoria. La direzione regionale ritiene che l'ipotesi di recesso determinata dal superamento del periodo di comporto (articolo 2110 del Codice civile), sia estranea all’ipotesi di del licenziamento per giustificato motivo con consequenziale non assoggettamento alla procedura conciliativa.
Come noto la legge 92/2012, quanto al giustificato motivo oggettivo, ha stabilito che il datore di lavoro con più di 15 dipendenti deve fare precedere il licenziamento da una comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro competente ovvero quella ove il lavoratore presta la sua opera. Detta comunicazione deve essere trasmessa al lavoratore per conoscenza. Il mancato rispetto della procedura può comportare una sanzione quantificata tra le e 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. Pacifico, pertanto, che se il licenziamento si fonda su giustificato motivo oggettivo occorrere farlo precedere dal tentativo di conciliazione se l’azienda ha più di 15 dipendenti. Si pone il problema se anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto renda obbligatorio il tentativo di conciliazione per dette aziende, rientrando lo stesso in senso lato nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La giurisprudenza, ad oggi non è nessun aiuto. Una recente ordinanza del Tribunale di Milano (del 22 marzo 2013), ha affermato che il licenziamento per superamento del periodo di comporto deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 7 della legge n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92/2012. L’obbligo scaturisce dal fatto che tale tipo di recesso è assimilabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il giudice ha ritenuto che la circolare n. 3/2013 del Ministero del Lavoro, che escludeva la procedura conciliativa, "non può contraddire la norma legale". Sull’argomento va, però, ricordato come lo stesso Tribunale di Milano (con altro giudice) con ordinanza del 5 marzo 2013 aveva stabilito che il licenziamento per superamento del periodo di comporto non implicava il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto nell’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, essendo "ontologicamente diverso".
Da ciò discendeva la correttezza interpretativa della circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2013. In tale ottica, la previsione contenuta nella circolare n. 3/2013 del Ministero del Lavoro, finalizzata ad escludere il licenziamento per superamento del periodo di comporto dalla procedura conciliativa obbligatoria, appare corretta, afferma questa ordinanza.
L’ordinanza fissa, altresì, due principi fondamentali:
a) inesistenza di un onere d’informazione a carico del datore di lavoro nei confronti del lavoratore circa l’imminente superamento del periodo (a meno che non vi sia una espressa previsione discendente dalla contrattazione collettiva);
b) nel computo del comporto rientrano anche le giornate del sabato e della domenica, nonché le altre festività comprese nel periodo di malattia.
Non risultando altre interpretazioni, allo stato, nel dubbio varrà la pena di far precedere il licenziamento dalla richiesta di conciliazione onde evitare il rischio delle pesanti sanzioni indicate.
Vito S. Manfredi
Come noto la legge 92/2012, quanto al giustificato motivo oggettivo, ha stabilito che il datore di lavoro con più di 15 dipendenti deve fare precedere il licenziamento da una comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro competente ovvero quella ove il lavoratore presta la sua opera. Detta comunicazione deve essere trasmessa al lavoratore per conoscenza. Il mancato rispetto della procedura può comportare una sanzione quantificata tra le e 6 e 12 mensilità della retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. Pacifico, pertanto, che se il licenziamento si fonda su giustificato motivo oggettivo occorrere farlo precedere dal tentativo di conciliazione se l’azienda ha più di 15 dipendenti. Si pone il problema se anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto renda obbligatorio il tentativo di conciliazione per dette aziende, rientrando lo stesso in senso lato nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La giurisprudenza, ad oggi non è nessun aiuto. Una recente ordinanza del Tribunale di Milano (del 22 marzo 2013), ha affermato che il licenziamento per superamento del periodo di comporto deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 7 della legge n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92/2012. L’obbligo scaturisce dal fatto che tale tipo di recesso è assimilabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il giudice ha ritenuto che la circolare n. 3/2013 del Ministero del Lavoro, che escludeva la procedura conciliativa, "non può contraddire la norma legale". Sull’argomento va, però, ricordato come lo stesso Tribunale di Milano (con altro giudice) con ordinanza del 5 marzo 2013 aveva stabilito che il licenziamento per superamento del periodo di comporto non implicava il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto nell’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, essendo "ontologicamente diverso".
Da ciò discendeva la correttezza interpretativa della circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2013. In tale ottica, la previsione contenuta nella circolare n. 3/2013 del Ministero del Lavoro, finalizzata ad escludere il licenziamento per superamento del periodo di comporto dalla procedura conciliativa obbligatoria, appare corretta, afferma questa ordinanza.
L’ordinanza fissa, altresì, due principi fondamentali:
a) inesistenza di un onere d’informazione a carico del datore di lavoro nei confronti del lavoratore circa l’imminente superamento del periodo (a meno che non vi sia una espressa previsione discendente dalla contrattazione collettiva);
b) nel computo del comporto rientrano anche le giornate del sabato e della domenica, nonché le altre festività comprese nel periodo di malattia.
Non risultando altre interpretazioni, allo stato, nel dubbio varrà la pena di far precedere il licenziamento dalla richiesta di conciliazione onde evitare il rischio delle pesanti sanzioni indicate.
Vito S. Manfredi
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