Licenziamento illegittimo del direttore generale dissenziente
Illegittimo il licenziamento del direttore generale di una multinazionale che abbia esercitato il diritto di critica dando il proprio dissenso contro la propria azienda. Il licenziamento dà diritto al risarcimento di tutti i danni patiti.
“Penso dunque sono”.
Pensare è essere diceva Cartesio nella sintesi formulata nel “Cogito ergo sum” apparsa la prima volta nelle Meditazioni Metafisiche pubblicata nel 1641 a Parigi.
Pensare è un atto in azione, in situazione ovvero un atto concreto dell’uomo pratico sosteneva Jean Paul Sartre nella sua opera “Essere e il nulla” sottolineando come un individuo è un essere che esiste proprio quando agisce incluso quando pensa.
Dunque è sempre opportuno agire con la propria testa lasciando che l’atto intellettivo del pensare sia esercitato liberamente e con responsabilità anche quando la scelta è un dissentire.
Scegliere di dissentire non solo è un atto di libertà ma anche una responsabilità.
Una responsabilità civile che impegna ogni individuo a conseguenze talvolta gravi come quella che è accaduta ad un direttore generale di una multinazionale in Italia che ha dovuto subire il proprio licenziamento nonché l’allontanamento coattivo dal proprio posto di lavoro e superare con sofferenza un lungo periodo di malattia psico-fisica.
Il caso ha inizio quando il dirigente aveva manifestato il proprio dissenso contro il CDA della propria azienda limitandosi ad affermare frasi senza connotazioni calunniose, dato che il loro autore si era limitato “a ipotizzare la configurabilità di illeciti penali o amministrativi”, non attribuendo al CDA in termini di accuse alcuna intenzionale commissione di reati.
Per giunta, stando alla posizione della Società, i fatti addotti dal Dirigente per argomentare il proprio dissenso rispetto ad alcune voci contabili (circostanze sulle quali il lavoratore ipotizzava, di riflesso, alcune possibili e conseguenti fattispecie di reato) si sono dimostrati veritieri e non pretestuosi, come invero emerso anche all'esito della CTU appositamente esperita nella fase di merito del giudizio.
Il legame fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro dirigenziale non determina un'automatica compressione del diritto di critica, hanno sottolineato i Giudici della Corte di Appello di Milano, lasciando la possibilità per qualsiasi lavoratore di poter denunciare la propria datrice di lavoro e di esprimere il proprio dissenso.
In particolare, si deve escludere la giustificatezza del licenziamento laddove il dirigente/direttore generale, al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti nelle sedi appropriate ed in maniera non pretestuosa il diritto al dissenso ex art. 2392 c.c.
Dunque se il lavoratore verrà licenziato, quest’ultimo dovrà essere ritenuto illegittimo proprio in virtù del fatto che è un diritto del lavoratore poter manifestare il proprio dissenso.
In questo caso il licenziamento ha ottenuto la condanna della datrice di lavoro al risarcimento di tutti i danni sofferti ovvero gli arretrati non corrisposti durante il periodo di licenziamento, le indennità di sostituzione del preavviso (6 mensilità), le indennità supplementari (8 mensilità), il risarcimento dei danni per il periodo di malattia, oltre alla incidenza del TFR per tale periodo.
Ancora una volta i Giudici della Corte di Milano hanno voluto ribadire quanto sia importante garantire a “Tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” così come previsto dalla Costituzione italiana all’art.21.
Ma cosa fare in questi casi? Vediamo alcuni consigli pratici.
1. Contattare un avvocato esperto in materia.
In una prima fase è bene contattare un avvocato esperto in materia a cui chiedere consiglio per evitare di incorrere in errori, lasciandosi guidare nel corretto percorso di risoluzione del proprio caso.
2. Ragionare sulla giusta strategia da intraprendere
Fornire ogni dettaglio, ogni informazione e tutti i documenti in possesso al proprio avvocato è un atto necessario per costruire insieme la giusta strategia da intraprendere per la richiesta di tutti i danni patiti.
Ricordo che la corretta quantificazione del danno passa dai minuziosi dettagli forniti e dai documenti producibili.
La collaborazione con il proprio avvocato può determinare la piena efficacia del risultato dell’azione risarcitoria se appunto la partecipazione del cliente è attiva, onesta e orientata a fornire ogni elemento utile per la propria difesa.
3. Rimanere sempre ottimisti.
Dissentire è un atto libero e un diritto di tutti.
Il dissenso è un atto intellettivo di resistenza all’assoggettamento del potere imposto da un’autorità gerarchicamente superiore.
Il dissenso è una manifestazione di un modo di critica.
Criticare determina sempre una responsabilità e la critica deve essere mossa dalle giuste ragioni.
Sono proprio le giuste ragioni rivolte verso l’altro che aprono il campo dialettico pluralistico che va sempre accettato in ogni suo aspetto fino all'estremo radicale di un licenziamento illegittimo.
Le giuste ragioni morali che cogliamo dentro di noi, non solo ci determinano ma ci infondono il corretto atteggiamento ottimistico da assumere in questi casi.
Quindi un ultimo consiglio che Vi dò è: rimanete sempre ottimisti, ispirate le vostre aspettative ad un ragionevole risultato favorevole del vostro caso, e la giustizia farà il resto.
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