Lo smaltimento dei fumi prodotti dalle cucine commerciali


Ecco quali sono le problematiche attinenti all'espulsione dei fumi prodotti nelle cucine professionali
Lo smaltimento dei fumi prodotti dalle cucine commerciali

È noto che le cucine commerciali evidenziano un ambiente dalle condizioni di lavoro severe, talvolta critiche, nelle quali consistenti quantità di energia termica, sia convettiva e sia irraggiata, vengono rapidamente smaltite dal sistema di evacuazione, attraverso punti di aspirazione localizzati (cappe) o in modo più articolato da controsoffitti estesi (modulari).

Nel corso della cottura dei cibi si formano vapori, particelle liquide (e solide). Le particelle liquide con dimensioni fra 10 e 100 μm (in genere particelle di olio) ricadono nelle immediate vicinanze della apparecchiatura di cottura; quelle comprese fra 0,01 e 3 μm, sono il risultato della ricondensazione dei vapori di grasso che si liberano nella cottura.

Si stima che una particella di 100 μm impieghi poco più di 4 secondi per cadere da una altezza di un metro, mentre una di 1 μm possa restare in sospensione per ore. Se le particelle più piccole non vengono subito rimosse, queste andranno a depositarsi sulle superfici affacciate all’ambiente generando cattivi odori.

La cottura dei cibi provoca anche la formazione di grandi quantità di vapore d’acqua che, se non adeguatamente smaltito, rappresenta una delle principali cause di crescita delle muffe.

Infine, i vapori organici generati dalla cottura dei cibi sono fonte di odori che si diffondono dalla cucina anche nei locali adiacenti.

Per evitare, dunque, la diffusione di odori, particelle sospese e vapore acqueo dalle cucine è indispensabile l’adozione di cappe ubicate al di sopra del piano di cottura.
Gli impianti di condizionamento e di ventilazione sono dunque necessari nelle moderne cucine commerciali per:
– assicurare la rimozione degli odori, degli inquinanti e delle particelle di grasso;
– per aumentare le condizioni di igiene ambientale e in generale di IAQ;
– asportare le ingenti quantità di calore (convezione e radiazione) generato dai piani di cottura;
– consentire il controllo della variazione di umidità conseguente alla preparazione dei pasti e del lavaggio;
– mantenere delle condizioni di comfort per gli operatori che non ne determinino uno scadimento produttivo.

La questione relativa alla normativa tecnica da rispettare si impone nella fase progettuale al fine di poter individuare il dimensionamento delle macchine ventilanti e delle condotte connesse per l’estrazione delle fumane prodotte durante la cottura.

1. E’ in vigore dal giugno 1995 la norma UNI 10339 che per le cucine/ristoranti suggerisce (le norme UNI sono di tipo volontario) valori importanti per la definizione dei ricambi/ora della portata di estrazione per la zona cucina. I valori che si riscontrano tuttavia si scontrano con gli aspetti del risparmio energetico.

2. Adottando lo schema di calcolo delle norme ASHRAE, si raggiungono valori elevati in quanto legati al numero di ricambi orari, fattore ancora in fase di accesa discussione nella comunità tecnica.

3. Una conferma dell’entità dei ricambi orari la dà il Regolamento Edilizio del Comune di Bologna scelto in quanto tra i più approfonditi su queste tematiche tra quelli in vigore nei vari comuni d’Italia, che all’art. 58 recita: "(…) Gli impianti di cucina per l’aspirazione delle esalazioni debbono avere le seguenti caratteristiche:
- cappa debordante e dotata di idonea sezione filtrante, facilmente estraibile e lavabile;
- velocità dell’aria ai bordi cappa sostenuta;
- reintegro di adeguata quantità d’aria esterna filtrata e, nel periodo invernale, trattata termicamente, nella misura del 70% di quella estratta"
.

A questo punto abbiamo tre valori di cui possiamo estrarre la media aritmetica che ci quantifica la portata d'aria che l ventilatore deve estrarre nei periodi di funzionamento della cucina.

Per il dimensionamento dei condotti aeraulici di convogliamento dei fumi fino in copertura, le difficoltà di calcolo aumentano per la ridotta presenza di norme tecniche che trattino l'argomento.

In ambito nazionale si fa riferimento alla Legge 615 del 1966 (legge antismog), peraltro abrogata da norme riguardanti la sicurezza antincendio ed il risparmio energetico, che prevedeva un algoritmo di correlazione tra la potenza termica del focolare (a gasolio o carbone) e la dimensione della canna fumaria per lo scarico dei fumi sul tetto o almeno 1 mt. oltre il colmo del tetto/terrazzo.

Sono presenti, in ambito Internazionale, le normative tedesche VDI che valutano la portata del ricambio dell’aria in funzione del calore sensibile delle varie macchine da cucina (quello accumulato dai cibi in cottura che raggiungono temperature di 50°-80° oltre al volume termico costituito dalle masse metalliche e dai liquidi di cottura - olio di friggitrice), con il risultato di poter calcolare per ogni macchina il contributo in termini di ricambio d’aria orario secondo uno schema di calcolo che prevede l'individuazione degli scenari funzionali e conseguenti valori delle portate aerauliche.

Ma più si aumenta la portata, maggiore è la velocità dell'aria nei condotti aeraulici con conseguenti maggiori dimensioni, maggiori costi e maggiori consumi elettrici per ventilatori più potenti. Inoltre sorgono problemi di rumorosità dovuta alle alte velocità che provocano vortici e risonanze se i camini non vengono dotati di intercapedine acustica, fissaggi anti vibranti, ecc.

L'esperienza maturata in progetti e/o in contenziosi su canne fumarie può essere il valore aggiunto che un professionista dedicato allo studio degli elementi tecnici può inserire nel delicato processo progettuale e realizzativo di un Impianto di Estrazione dei fumi da una cucina commerciale fornendo quei valori di non facile calcolo necessari alla buona realizzazione dell'opera, secondo la "Regola dell'Arte".

 

Articolo del:


di Ing. Sergio Serafini

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