Locazioni: nessuna sanatoria dalla registrazione


La registrazione tardiva del contratto di locazione non sana la nullità del contratto, ed il conduttore nulla deve sino alla richiesta di rilascio
Locazioni: nessuna sanatoria dalla registrazione
Con sentenza depositata il 21 dicembre 2015 N. 25480 il Tribunale di Roma - Dott. Ranieri - ha stabilito che la registrazione di un contratto di locazione effettuata successivamente al termine di 30 giorni dalla sua decorrenza, non sana la sua nullità prevista dalla Legge n. 311 del 2004.

Questa pronuncia richiama espressamente sia una sentenza della Corte d'Appello di Roma (N. 3735/2015) sia la sentenza della Corte di Cassazione (N. 18214/15) che hanno ribadito un principio base del nostro ordinamento, e cioè che la nullità, a differenza dell'annullabilità, è insanabile.
La sentenza richiama, altresì, la sentenza n. 420/2007 della Corte Costituzionale che ha precisato come la norma introdotta dalla L. 311 del 2004 ha elevato "la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell'art. 1418 cod civ".

Questo principio si applica a tutti i contratti di locazione, ma in particolare a quei contratti registrati dal conduttore, che avevano beneficiato della drastica riduzione del canone prevista dal Dlgs 23 del 2011 dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

La nullità insanabile del contratto comporta, in primo luogo che, se il contratto non è registrato entro 30 giorni dalla sua sottoscrizione o decorrenza, in mancanza di pagamento del canone da parte del conduttore, il proprietario non può chiedere la convalida dello sfratto per morosità.
La nullità del contratto, però, comporta anche il fatto che il proprietario può richiedere il rilascio dell'appartamento anche prima dei 4 anni previsti dalla legge 431/98.
Con la sentenza in esame si pone finalmente una parola chiara anche per quanto riguarda il corrispettivo dovuto per la detenzione dell'appartamento.
Innanzitutto la sentenza precisa che il detentore "non può essere appellato come abusivo o illecito" poichè il proprietario non solo gli ha consegnato le chiavi, ma ha anche riscosso dei pagamenti ma deve essere chiamato "detentore qualificato".
Il proprietario, inoltre, non può essere qualificato quale "locatore" e la sua posizione giuridica è posta "un gradino al di sotto dello schema tipico", analogamente alla differenza che "intercorre tra un matrimonio e la convivenza more uxorio".
Il giudice precisa, infine, che il detentore qualificato diviene "in mala fede" solo successivamente alla richiesta di resitituzione del bene inviata dal proprietario .
La conseguenza giuridica di quanto sopra indicato è che, sino a quando non richede il bene, il proprietario non può chiedere alcuna somma diversa da quella ricevuta spontaneamente dal detentore.

Per quanto riguarda il periodo successivo, la sentenza si riporta ad una recente pronuncia della Cassazione che, nei casi di occupazione abusiva, nega, in discontinuità con altre sentenze, sia la presunzione del danno sia la quantificazione nel canone di mercato, ma, differenziando il lucro cessante dal danno emergente, afferma che il corrispettivo per il godimento dell'appartamento, in mancanza di prova certa da parte del proprietario sul danno patrimoniale effettivamente subito, deve essere indicato in "via equitativa".
Questa sentenza, pur se con motivazioni diverse, ribadisce quanto già affermato dalla precedente sentenza da me commentata nel precedente articolo che riduceva il canone pattuito del 30%, riconoscendo un concorso di colpa del proprietario.

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di Guido Lanciano

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