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Malasanità: la cartella clinica incompleta o inesatta


La incompleta o difettosa tenuta della cartella clinica non può mai comportare, in sede di eventuale processo, un pregiudizio né uno svantaggio per il paziente
Malasanità: la cartella clinica incompleta o inesatta

Costituisce principio noto quello per cui la cartella clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica, in ogni parte di essa, ha natura di atto pubblico munito di fede privilegiata, con riferimento alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi attestati come avvenuti in sua presenza.

Può accadere tuttavia che la cartella clinica risulti incompleta oppure erroneamente compilata, ponendosi pertanto in tali ipotesi la questione di stabilire se e quando la lacunosità o inesattezza della cartella clinica possa incidere ai fini dell’accertamento della responsabilità della struttura sanitaria.  

A tale riguardo il principio cardine più volte affermato e confermato dalla Corte di Cassazione è quello per cui la incompleta o difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può e non deve minimamente comportare, in sede di eventuale processo, un pregiudizio né uno svantaggio per il paziente anziché per la parte a cui il difetto di annotazione è imputabile, dovendosi, al contrario, rilevare l’evidenza negativa a carico della struttura sanitaria nel non poter provare l’esattezza del proprio adempimento (Cassazione Civile, sentenza n.1538/2010).

Ne discende che la responsabilità del sanitario può essere accertata anche laddove la difettosa tenuta della cartella clinica non consenta di ricostruire la dinamica e le circostanze dei fatti.

Invero, una cartella clinica lacunosa rappresenta, già di per sé, un duplice dato a rilevanza negativa nei confronti dell’operato del sanitario incolpato, in primis, in quanto comportamento alquanto peculiare di generale negligenza medica, e in secondo luogo, in quanto rappresenta una circostanza che impedisce al sanitario incolpato la dimostrazione della prova che un corretto adempimento vi è stato da parte sua.

Di conseguenza, nei casi in cui la ricostruzione delle modalità e della tempistica della condotta del medico non possa giovarsi delle annotazioni contenute nella cartella clinica (a causa della lacunosa redazione della stessa) ne vanno addossati al professionista gli effetti, sia attribuendo alle omissioni nella compilazione della cartella il valore di nesso eziologico presunto (Cass. 21 luglio 2003, n. 11316; Cass. SS.UU, 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. 27 aprile 2010, n. 10060), sia ravvisandovi una figura sintomatica di inesatto adempimento, essendo obbligato il medico a controllare la completezza e l’esattezza delle cartelle cliniche e dei referti (Cass. 18 settembre 2009, n. 20101).

In tali evenienze la giurisprudenza parla di “danno evidenziale”, per il quale, quando è stato perso un elemento di prova determinante e la perdita è addebitabile al convenuto, le conseguenze processuali ricadono su quest’ultimo.

Alla luce di tali principi, è sempre necessario che il medico compili diligentemente e nei minimi particolari la cartella clinica, la aggiorni in tempo reale e, ovviamente, non la alteri per nessun motivo. In particolare, il professionista deve evitare lacune nelle annotazioni di accertamenti e di consulenze nel diario clinico e i motivi per cui essi sono stati richiesti, rendendo chiaro l'iter del percorso logico seguito per richiedere gli accertamenti disposti.

Una tenuta lacunosa della cartella clinica costituisce un grave fatto colposo che consente al paziente danneggiato di provare il nesso eziologico tra la condotta del medico e il danno lamentato mediante il ricorso alla prova presuntiva, come avviene nei casi in cui la prova non può essere fornita a causa di una condotta riferibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato.

Tali evenienze secondo la Suprema Corte costituiscono espressione del principio della “vicinanza alla prova” e sono destinate a operare non soltanto ai fini della valutazione della condotta del sanitario, ma anche in relazione alla sussistenza del nesso causale tra l’evento lesivo e la condotta del sanitario.

In ogni caso, ciò non conduce automaticamente a ritenere sempre adempiuto l’onere probatorio da parte del danneggiato, in quanto è comunque necessario che risulti dedotta e provata una condotta ascrivibile al sanitario che sia astrattamente idonea a provocare il danno.

Quindi, pur in presenza di una cartella incompleta o inesatta, tuttavia se la condotta del medico è comunque inidonea a causare l’evento, è indifferente procedere alla ricostruzione fattuale mediante l’esame della cartella clinica.

Occorre, pertanto, sempre una duplice verifica affinché la difettosità della cartella rilevi ai fini della responsabilità del sanitario, ovvero, da un lato, che l'esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa della incompletezza della cartella e, dall'altro, che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno, incombendo sulla struttura sanitaria e sul medico dimostrare che nessun inadempimento sia a loro imputabile e che esso non è stato causa del danno, incombendo su di essi il rischio della mancata prova.

Avv. Sigmar Frattarelli

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