Mantenimento figli maggiorenni: fino a quando?


La legge sancisce un generale obbligo per i genitori di mantenere i figli: ma fino a quando persiste tale obbligo?
Mantenimento figli maggiorenni: fino a quando?
Con l'ordinanza del 14 marzo 2017, n. 6509, la Corte di Cassazione ha confermato il principio già espresso in precedenti occasioni, secondo cui, in materia di mantenimento di figli maggiorenni, "una volta raggiunta la capacità lavorativa, e quindi l’indipendenza economica, la successiva perdita dell’occupazione non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento" (vedi Cass. Civ., sentenze del 28/1/2008, n. 1761 e del 2/12/2005, n. 26259).
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che la figlia (non costituitasi nel giudizio di merito) non solo era di età da escludere di per sé ogni ipotesi di mantenimento, ma che risultava, sulla base delle dichiarazioni rese dalla madre, avere lasciato un lavoro a tempo indeterminato, per lavorare come magazziniera a tempo determinato.
In buona sostanza, il principio affermato è così riassumibile: qualora il figlio abbia in passato iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità, non assume alcun rilievo il successivo abbandono di quest’ultima da parte del figlio; inoltre, nel caso in cui tale scelta determini l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti sono già venuti meno.
Questa pronuncia offre l’occasione per analizzare il dovere di mantenere i figli maggiorenni posto a carico dei genitori, al fine di individuare i limiti di tale obbligo.
La legge (Art. 30 Cost., art. 147 e 148 co. 1 cod. civ., art. 315 bis cod. civ.) sancisce un generale obbligo per i genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, nati che siano fuori o dentro il matrimonio: dunque, per delineare il profilo di tale obbligo, sarà indispensabile e necessario guardare alla giurisprudenza che, nel tempo, si è occupata di tale questioni diverse volte, definendo una disciplina non sempre univoca sul punto.
Il principio da cui partire, affermato con una certa uniformità dalla giurisprudenza, è che l’obbligo dei genitori di mantenere i figli maggiorenni cessi quando questi abbiano raggiunto l’indipendenza economica; per potersi avere "indipendenza" non sarà soddisfacente un qualsiasi impiego o reddito (come il lavoro precario o occasionale): sebbene non sia necessario un lavoro stabile, secondo la Cassazione tale concetto sarà soddisfatto quando il figlio sarà in grado di percepire un reddito o di disporre un patrimonio tali da garantire un’autosufficienza economica (Cass. n. 27377/2013).
Ed ancora, i genitori saranno esonerati dall’obbligo di mantenimento del figlio, quando questi sarà in grado di percepire un "reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali condizioni di mercato" (Cass. sent. n. 18974/13). Quindi, secondo un orientamento costante, non sarà sufficiente che la prole abbia trovato un lavoro, ma occorre che tale impiego sia adeguato alle loro attitudini ed aspirazioni (Cass. sent. n. 18974/13; Cass. Sent. n. 2171/12).
Sul punto non vi è univocità di vedute, in quanto in taluni casi è stato dato rilievo anche alla mancanza di buona volontà dei figli di rendersi autonomi dalla famiglia, anche se in modo parziale, ad esempio dando corso ad una effettiva ed adeguata ricerca di un’occupazione al termine del percorso di studi (Cass. sent. n. 7970/2013).
Infatti, se da un lato è vero che i genitori sono tenuti a provvedere al mantenimento della prole, bisogna precisare che tale obbligo non può ovviamente durare in eterno, e cessa quando il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica sia causato da negligenza o dipenda da fatto imputabile al figlio.
In tal senso, la Cassazione ha revocato l’obbligo di corresponsione dell’assegno a carico del genitore nel caso in cui il figlio, posto in concreto nelle condizioni di raggiungere l’autonomia economica, opponga un rifiuto ingiustificato alle opportunità di lavoro offerte (Cass. n. 4765/2002; n. 1830/2011; n. 7970/2013).
Analogo risultato si è ottenuto in un caso in cui il figlio ventottenne aveva iniziato ad espletare attività lavorativa, ancorché saltuaria, e "non frequentava con profitto il corso di laurea a cui risultava formalmente iscritto da più di 8 anni": con sentenza n. 1585/2014 la Cassazione ha infatti affermato che "il mantenimento del figlio maggiorenne è da escludersi ove questi abbia iniziato ad espletare un’attività lavorativa, dimostrando quindi il raggiungimento di una adeguata capacità, senza che possa rilevare la sopravvenienza di circostanze ulteriori che, pur determinando l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento, i cui presupposti erano già venuti meno, potendo sussistere al massimo, in capo ai genitori, un obbligo alimentare".
Dunque,una volta venuti meno i presupposti del mantenimento, a seguito del raggiungimento della piena autosufficienza economica del figlio maggiorenne, "la sopravvenienza di circostanze ulteriori che determinano l’effetto di renderlo momentaneamente privo di sostentamento economico" non può far risorgere l’obbligo "potendo sussistere al massimo, in capo ai genitori, un obbligo alimentare" (Cass. n. 2171/2012; n. 5174/2012; n. 1585/2014).
Va da sé che laddove la possibilità di potersi rendere indipendenti venga solo potenzialmente raggiunta e la effettiva e concreta ricerca di un impiego non produca gli effetti sperati, l’obbligo di mantenimento non viene meno: per la giurisprudenza, in fatti, non rileva in tal senso, il mero conseguimento di un titolo di studio universitario né la costituzione di un nucleo familiare da parte del figlio maggiorenne, a meno che non si tratti "di una nuova entità familiare autonoma e finanziariamente indipendente" (Cass. n. 1830/2011).
E’ evidente quindi che la questione ha molteplici sfaccettature che vanno analizzate in concreto, tenendo conto delle peculiarità dei singoli casi.

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di Avv. Francesca Verdicchio

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