Mantenimento al figlio: occorre valutare le risorse economiche di ciascun genitore


L'assegno di mantenimento al figlio deve essere determinato alla luce di molteplici criteri e non solo sulla base di un semplicistico calcolo matematico
Mantenimento al figlio: occorre valutare le risorse economiche di ciascun genitore

Con l’ordinanza n. 7134 del 13.03.2020 la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha censurato la decisione della Corte d'Appello de L'Aquila che aveva ridotto l'assegno di mantenimento corrisposto dal padre alla figlia nata da una relazione extraconiugale ritenendolo troppo corposo.

Infatti, secondo la Corte di Cassazione, il contributo di mantenimento per il figlio deve essere determinato alla luce di molteplici criteri, quelli previsti dall'art. 337 ter, comma 4, c.c., e non solo sulla base di un semplicistico calcolo matematico.

Il giudice del gravame aveva riformato la sentenza del Tribunale di Sulmona, la quale, a fronte del ricorso presentato dalla madre, oltre a regolamentare il diritto di visita, aveva stabilito il pagamento di un contributo di mantenimento di € 700,00 (a fronte di una richiesta della madre di € 850,00) a carico del padre e le spese straordinarie a carico di entrambi i genitori al 50%.

Accogliendo parzialmente l'appello proposto dal padre, la Corte d'Appello aveva ridotto l'assegno di mantenimento ad € 400,00, poiché riteneva che l'importo di € 1.400,00 che sarebbero spettati alla figlia se entrambi i genitori avessero corrisposto lo stesso importo, fosse eccessivo e troppo corposo.

La madre proponeva ricorso per Cassazione articolato in due motivi.

La Suprema Corte, accogliendo i motivo di ricorso, ha accolto la domanda di parte ricorrente sul presupposto che la Corte d'Appello avesse ingiustificatamente ridotto il contributo di mantenimento, ignorando i criteri fissati in materia dalla legge e, in particolare, il principio della proporzionalità dell'adempimento dei genitori sulla base delle loro sostanze e della capacità lavorativa.

Inoltre, lamentava la madre la violazione del principio di uguaglianza sostanziale tra figli naturali e legittimi in quanto il resistente versava all'altro figlio nato nel matrimonio un assegno di mantenimento di € 1.000,00.

La sentenza censurata, infatti, secondo la Corte di Cassazione, errava nel ragionamento che riteneva eccessivo mettere a disposizione della figlia minore una somma di € 1.400,00, partendo dal presupposto che anche la madre avrebbe dovuto contribuire al suo mantenimento con una somma analoga.

I giudici di legittimità definiscono la motivazione della Corte d'Appello “al di sotto del minimo costituzionale”, di conseguenza “inidonea a giustificare (e a consentire il controllo di) una corretta applicazione dei parametri normativi fissati in materia dall'art. 337 ter, comma 4, c.c., i quali impongono di determinare il contributo di mantenimento per i figli con riferimento ai tempi di permanenza presso ciascun genitore, al tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori, alla valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore, oltre che della attuali esigenze del figlio”.

Infatti, la sentenza di secondo grado, a dire della Suprema Corte, non considera assolutamente un altro aspetto fondamentale nella decisione, ovvero le risorse economiche di ciascun genitore, alla luce delle quali deve essere determinato il contributo individuale, unitamente agli altri criteri indicati.

Secondo questo ragionamento, quindi, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover cassare la decisione con rinvio alla Corte d'Appello competente per la riforma della decisione.

 

 

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di Avv. Luana Momesso

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