La Mediazione familiare come strumento di prevenzione della degenerazione del conflitto
Che un conflitto possa sorgere all’interno di una relazione, sia essa famigliare, lavorativa o amicale, é da considerare un fatto abbastanza normale. Sarebbe certo preferibile pensare che le cose vadano sempre per il verso giusto e che si possa essere sempre in perfetto accordo con gli altri, ma ciò non è sempre possibile. Conviene, quindi, accettare che il conflitto esiste e non si può evitare. Ognuno di noi, secondo la propria esperienza ha imparato a gestire la propria conflittualità. Non tutti però agiamo nello stesso modo di fronte ad un conflitto, possiamo infatti tenere dei comportamenti diversi. C’è chi tende a prevaricare l’altro e a manifestare aggressività perché ritiene di avere ragione, chi al contrario, preferisce evitare di entrare in discussione con l’altro. Ciò che sicuramente è dannoso è negare l’esistenza stessa del conflitto ed evitarne ogni manifestazione. Se ad esempio in un conflitto di coppia il partner evita la discussione perché preferisce il ritiro o il silenzio, o di contrapporsi all’altro, perchè intimorito dal rischio che il conflitto possa incidere negativamente sul legame, per lui viene a determinarsi l’impossibilità di realizzare i propri bisogni, che restano così inespressi. Ciò finisce per procurargli un’insoddisfazione via via crescente che genera un’ostilità latente: perché se il conflitto non si manifesta si trattengono non solo i bisogni ma anche i sentimenti e le opinioni, che a lungo andare possono pregiudicare la relazione ma anche diventare distruttivi. Sia che il conflitto sia espresso che latente, può rivelare un’incapacità a relazionarsi e a comprendersi, dovuta, a quanto dicono gli psicologi della coppia, alla mancanza di una "educazione" alla comunicazione. Inoltre secondo gli ultimi studi condotti dal Centro Psicopedagogico di Piacenza, diretto da Daniele Novara, il conflitto non manifesto o esplicito può rivelare una maggiore attitudine alla violenza. La coppia allora potrebbe rivolgersi al Mediatore familiare semplicemente perché ha delle difficoltà di comunicazione e non sa come gestire un problema; oppure qualora fosse entrata in una crisi coniugale importante e non avesse ancora deciso quale potrebbe essere la soluzione migliore per superare questa fase di empasse, potrebbe rivolgersi al Mediatore al fine di poter effettuare la scelta più congrua: separarsi o restare insieme? Ed in che modo? Il Mediatore condurrà allora i coniugi a stendere un bilancio personale, coniugale e genitoriale, che caratterizza la c.d. prima fase del percorso mediativo, detta di premediazione, che dà modo al Mediatore di conoscere la coppia e di comprendere la loro situazione personale. La premediazione, che si svolge per una fase che può variare da uno o tre incontri, potrebbe costituire un’opportunità per la coppia. I partner, con l’aiuto del Mediatore, potranno analizzare le motivazioni e le implicazioni che una scelta di separarsi può comportare e valutare se ci sono le condizioni per intraprendere o meno un percorso di mediazione familiare. Solo, quindi, da una scelta condivisa dipenderà l’inizio di un percorso di mediazione familiare come percorso privilegiato, per la riorganizzazione della relazione coniugale/genitoriale/familiare e per la prevenzione della degenerazione di un conflitto derivante da un rapporto che è destinato ad interrompersi o che forse si può ancora recuperare. Maria Antonietta Canestrino Dott.ssa Maria Antonietta Canestrino, Mediatore Familiare e sociale, Codroipo (Ud).
Qualunque veste assuma la violenza domestica non deve avere ad oggetto sporadici episodi ma deve costituire una modalità quotidiana d’interazione della coppia
Le diverse forme di violenza e la differente gravità della stessa ha indotto gli studiosi a compiere un esame sull'opportunità del ricorso alla Mediazione familiare