Minore straniero e permesso di soggiorno
Art. 31 d.lg. 286/98; minore straniero e permesso di soggiorno dei genitori; procedura

Minore straniero e permesso di soggiorno.
L’art. 31 d.lg 286/1998 "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", riconosce al Tribunale per i minorenni il potere di autorizzare il rilascio di un permesso di soggiorno ai genitori di un minore straniero, qualora sussistano particolari esigenze di tutela. Questo in deroga alle disposizioni in materia d’ingresso e soggiorno per gli stranieri.
L’art. 31 così recita: "Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia.".
Questo tipo di autorizzazione, di durata determinato con specifico decreto dal Tribunale per i minorenni, consente al genitore di ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno che permette di svolgere attività lavorativa in Italia.
Sul punto è intervenuta la Cassazione a S.U., che risolvendo il conflitto sull’interpretazione dell’art. 31, comma 3, D.L.vo n. 286/98, con sentenza 25 ottobre 2010, n. 21799, ha accolto l’interpretazione estensiva della norma, enunciando il seguente principio di diritto: "La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31 del d.lgs. n. 286 del 1998 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equi-librio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare".
La Corte di cassazione ha riconosciuto che il diritto in questione è un diritto soggettivo a titolarità multipla, avente ad oggetto quel particolare bene della vita costituito dall’unità della famiglia e della reciproca assistenza tra i suoi membri, sebbene in subordine ed in funzione del superiore interesse del minore.
La presentazione dell’istanza, corredata da tutta una serie di documenti a sostegno della richiesta, non prevede l’obbligo di assistenza tecnica legale, può dunque essere presentata direttamente dagli interessati presso la Cancelleria Civile del Tribunale per i Minorenni, che fisserà una data per la convocazione dei genitori davanti al relatore designato.
Normalmente l'istruttoria viene svolta mediante:
- audizione dei genitori presenti sul territorio nazionale e dei minori capaci di discernimento (preadolescenti e adolescenti);
- verifica del domicilio a mezzo di polizia locale, salvo che uno dei due genitori non sia già in possesso di permesso di soggiorno e sia allegato un regolare contratto di locazione;
- acquisizione tramite la Questura di informazioni sulla pendenza di denunce a carico dei genitori o di altre informazioni utili.
Se a fondamento del ricorso vi sono profili sanitari e sono allegate certificazioni se ne chiede conferma al medico curante.
Se necessario vengono acquisite informazioni e indagini dalle strutture scolastiche frequentate dai minori e dai servizi sociali.
Il provvedimento viene dato con decreto, che potrà essere di accoglimento o di rigetto. In caso di accoglimento dell’istanza, il provvedimento ordina alla Questura territorialmente competente di rilasciare un permesso di soggiorno conforme alle necessità del caso, che abbia la durata stabilita nel decreto. Nel caso di rigetto del ricorso, invece, il rimedio è costituito dal reclamo alla Corte d'Appello per i minorenni, sezione specializzata della Corte d'Appello, che va proposto entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento negativo ed introduce un giudizio che si svolge in camera di consiglio.
Il Collegio fissa una data in cui le parti personalmente, o il loro legale, esporranno le ragioni per cui ritengono che il decreto di rigetto fosse ingiusto. Dopo di che, il Collegio si riunisce in camera di consiglio e conclude la procedura con decisione non pubblica.
Contro un eventuale ulteriore provvedimento negativo si può proporre ricorso per Cassazione.
L’art. 31 d.lg 286/1998 "Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", riconosce al Tribunale per i minorenni il potere di autorizzare il rilascio di un permesso di soggiorno ai genitori di un minore straniero, qualora sussistano particolari esigenze di tutela. Questo in deroga alle disposizioni in materia d’ingresso e soggiorno per gli stranieri.
L’art. 31 così recita: "Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia.".
Questo tipo di autorizzazione, di durata determinato con specifico decreto dal Tribunale per i minorenni, consente al genitore di ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno che permette di svolgere attività lavorativa in Italia.
Sul punto è intervenuta la Cassazione a S.U., che risolvendo il conflitto sull’interpretazione dell’art. 31, comma 3, D.L.vo n. 286/98, con sentenza 25 ottobre 2010, n. 21799, ha accolto l’interpretazione estensiva della norma, enunciando il seguente principio di diritto: "La temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dall'art. 31 del d.lgs. n. 286 del 1998 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico, non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equi-librio psico-fisico deriva o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto. Trattasi di situazioni di per sé non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare".
La Corte di cassazione ha riconosciuto che il diritto in questione è un diritto soggettivo a titolarità multipla, avente ad oggetto quel particolare bene della vita costituito dall’unità della famiglia e della reciproca assistenza tra i suoi membri, sebbene in subordine ed in funzione del superiore interesse del minore.
La presentazione dell’istanza, corredata da tutta una serie di documenti a sostegno della richiesta, non prevede l’obbligo di assistenza tecnica legale, può dunque essere presentata direttamente dagli interessati presso la Cancelleria Civile del Tribunale per i Minorenni, che fisserà una data per la convocazione dei genitori davanti al relatore designato.
Normalmente l'istruttoria viene svolta mediante:
- audizione dei genitori presenti sul territorio nazionale e dei minori capaci di discernimento (preadolescenti e adolescenti);
- verifica del domicilio a mezzo di polizia locale, salvo che uno dei due genitori non sia già in possesso di permesso di soggiorno e sia allegato un regolare contratto di locazione;
- acquisizione tramite la Questura di informazioni sulla pendenza di denunce a carico dei genitori o di altre informazioni utili.
Se a fondamento del ricorso vi sono profili sanitari e sono allegate certificazioni se ne chiede conferma al medico curante.
Se necessario vengono acquisite informazioni e indagini dalle strutture scolastiche frequentate dai minori e dai servizi sociali.
Il provvedimento viene dato con decreto, che potrà essere di accoglimento o di rigetto. In caso di accoglimento dell’istanza, il provvedimento ordina alla Questura territorialmente competente di rilasciare un permesso di soggiorno conforme alle necessità del caso, che abbia la durata stabilita nel decreto. Nel caso di rigetto del ricorso, invece, il rimedio è costituito dal reclamo alla Corte d'Appello per i minorenni, sezione specializzata della Corte d'Appello, che va proposto entro 10 giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento negativo ed introduce un giudizio che si svolge in camera di consiglio.
Il Collegio fissa una data in cui le parti personalmente, o il loro legale, esporranno le ragioni per cui ritengono che il decreto di rigetto fosse ingiusto. Dopo di che, il Collegio si riunisce in camera di consiglio e conclude la procedura con decisione non pubblica.
Contro un eventuale ulteriore provvedimento negativo si può proporre ricorso per Cassazione.
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