Minori: omessa corresponsione mezzi sostentamento
Lettura critica del delitto: è necessario un inadempimento serio e sufficientemente protratto a prescindere da un provvedimento del giudice civile

Il mantenimento del figlio configura un vero e proprio obbligo giuridico in capo al genitore.
Mantenimento, istruzione ed educazione, sono i diritti dei figli stabiliti dell’art. 30 Cost., e gravano sui genitori per il solo fatto della procreazione.
L’art. 315 bis c.c., ispirato al citato principio costituzionale, rubricato "Diritti e doveri dei figli" delinea i diritti dei figli rispetto ai genitori: essi hanno il diritto di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni e aspirazioni.
È significativo che gli obblighi gravanti in capo ai genitori non siano più espressi in termine di dovere del genitore medesimo, ma siano indicati quali veri e propri diritti dei figli. Il legislatore ha, quindi, profondamente cambiato prospettiva: lo scopo non è più imporre doveri ai genitori ma riconoscere una serie precisa di diritti di cui risultano titolari i figli stessi.
Per questo motivo, i diritti dei figli permangono nei confronti dei genitori anche in caso di separazione ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio, e, in modo più ampio, indipendentemente dal vincolo che lega i genitori.
Tuttavia, frequentemente, si verifica l’ipotesi in cui un genitore omette di contribuire al mantenimento della prole, obbligando l’altro a provvedervi integralmente.
L’ordinamento giuridico offre diversi rimedi nei confronti del coniuge inadempiente sia in sede civile, attraverso le tutele fornite al coniuge e ai figli (art. 156 c.c.), sia in sede penale.
L’omesso versamento acquista rilievo penale nei limiti di cui all’art. 570, co. II, n. 2, c.p. che, così come modificato dal D.Lgs. 154/2013, sanziona chiunque "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa".
La condotta descritta dalla norma consiste nel far mancare, totalmente o parzialmente, i mezzi di sussistenza, vale a dire le cose strettamente necessarie alla vita, e, quindi, presuppone, nonostante il silenzio della norma, lo stato di bisogno della persona offesa.
Lo stato di bisogno del figlio minore, come è noto, è presunto, essendo costui, per l’età, privo di capacità lavorativa e di produrre reddito proprio, rappresentando la minore età "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno.
La norma incriminatrice, per come formulata, non consente però di giudicare penalmente rilevante una condotta di omessa assistenza materiale che tuttavia non si risolva nell’aver fatto venire meno i mezzi di sussistenza. Il concetto di mezzi di sussistenza è più restrittivo rispetto del concetto di alimenti ex art. 438 c.c. concernendo esclusivamente le cose necessarie alla vita come il vitto, l’abitazione, il vestiario, i medicinali, la frequenza scolastica e similari.
Resta interessante approfondire l’evoluzione della portata applicativa della norma.
Un’interpretazione restrittiva della norma sembrerebbe individuare quale elemento costitutivo del reato il provvedimento di separazione del matrimonio pronunciato del giudice civile.
Alla sentenza di separazione, successivamente è stato equiparato il provvedimento giudiziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio: l’art. 12 bis della L. 898/1970, introdotto dal legislatore del 1987, ha esteso le pene previste dall’art. 570 c.p. a chi si sottrae agli obblighi imposti dal giudice con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Recentemente, la giurisprudenza della Suprema Corte è, invece, ormai consolidata nell’affermare che non vi è equiparazione tra il fatto penalmente sanzionato e l’inadempimento civilistico, considerato che la norma contenuta nel codice penale non fa riferimento a singoli mancati pagamenti bensì ad una condotta di volontaria e prolungata inottemperanza degli obblighi imposti dalla legge. Secondo tale ultimo orientamento, pertanto, l’obbligo di somministrare i mezzi di sussistenza nasce dal momento in cui l’obbligato viene a conoscenza dello stato di bisogno dell’avente diritto, indipendentemente dall’esistenza di un provvedimento definitivo o provvisorio del giudice civile, dalla presentazione di una domanda giudiziale o da una messa in mora.
Pertanto, in conclusione, indipendentemente da qualsivoglia provvedimento del giudice civile, il genitore, sia esso legittimo o naturale, è obbligato a garantire alla prole i mezzi di sussistenza e risponde penalmente in caso di inadempimento serio e sufficientemente protratto per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi del figlio.
Mantenimento, istruzione ed educazione, sono i diritti dei figli stabiliti dell’art. 30 Cost., e gravano sui genitori per il solo fatto della procreazione.
L’art. 315 bis c.c., ispirato al citato principio costituzionale, rubricato "Diritti e doveri dei figli" delinea i diritti dei figli rispetto ai genitori: essi hanno il diritto di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni e aspirazioni.
È significativo che gli obblighi gravanti in capo ai genitori non siano più espressi in termine di dovere del genitore medesimo, ma siano indicati quali veri e propri diritti dei figli. Il legislatore ha, quindi, profondamente cambiato prospettiva: lo scopo non è più imporre doveri ai genitori ma riconoscere una serie precisa di diritti di cui risultano titolari i figli stessi.
Per questo motivo, i diritti dei figli permangono nei confronti dei genitori anche in caso di separazione ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio, e, in modo più ampio, indipendentemente dal vincolo che lega i genitori.
Tuttavia, frequentemente, si verifica l’ipotesi in cui un genitore omette di contribuire al mantenimento della prole, obbligando l’altro a provvedervi integralmente.
L’ordinamento giuridico offre diversi rimedi nei confronti del coniuge inadempiente sia in sede civile, attraverso le tutele fornite al coniuge e ai figli (art. 156 c.c.), sia in sede penale.
L’omesso versamento acquista rilievo penale nei limiti di cui all’art. 570, co. II, n. 2, c.p. che, così come modificato dal D.Lgs. 154/2013, sanziona chiunque "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa".
La condotta descritta dalla norma consiste nel far mancare, totalmente o parzialmente, i mezzi di sussistenza, vale a dire le cose strettamente necessarie alla vita, e, quindi, presuppone, nonostante il silenzio della norma, lo stato di bisogno della persona offesa.
Lo stato di bisogno del figlio minore, come è noto, è presunto, essendo costui, per l’età, privo di capacità lavorativa e di produrre reddito proprio, rappresentando la minore età "in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno.
La norma incriminatrice, per come formulata, non consente però di giudicare penalmente rilevante una condotta di omessa assistenza materiale che tuttavia non si risolva nell’aver fatto venire meno i mezzi di sussistenza. Il concetto di mezzi di sussistenza è più restrittivo rispetto del concetto di alimenti ex art. 438 c.c. concernendo esclusivamente le cose necessarie alla vita come il vitto, l’abitazione, il vestiario, i medicinali, la frequenza scolastica e similari.
Resta interessante approfondire l’evoluzione della portata applicativa della norma.
Un’interpretazione restrittiva della norma sembrerebbe individuare quale elemento costitutivo del reato il provvedimento di separazione del matrimonio pronunciato del giudice civile.
Alla sentenza di separazione, successivamente è stato equiparato il provvedimento giudiziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio: l’art. 12 bis della L. 898/1970, introdotto dal legislatore del 1987, ha esteso le pene previste dall’art. 570 c.p. a chi si sottrae agli obblighi imposti dal giudice con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Recentemente, la giurisprudenza della Suprema Corte è, invece, ormai consolidata nell’affermare che non vi è equiparazione tra il fatto penalmente sanzionato e l’inadempimento civilistico, considerato che la norma contenuta nel codice penale non fa riferimento a singoli mancati pagamenti bensì ad una condotta di volontaria e prolungata inottemperanza degli obblighi imposti dalla legge. Secondo tale ultimo orientamento, pertanto, l’obbligo di somministrare i mezzi di sussistenza nasce dal momento in cui l’obbligato viene a conoscenza dello stato di bisogno dell’avente diritto, indipendentemente dall’esistenza di un provvedimento definitivo o provvisorio del giudice civile, dalla presentazione di una domanda giudiziale o da una messa in mora.
Pertanto, in conclusione, indipendentemente da qualsivoglia provvedimento del giudice civile, il genitore, sia esso legittimo o naturale, è obbligato a garantire alla prole i mezzi di sussistenza e risponde penalmente in caso di inadempimento serio e sufficientemente protratto per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi del figlio.
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