Mobbing e straining: differenze


Ragioni di disagio lavorativo
Mobbing e straining: differenze
Con il termine mobbing si vuol indicare la sistematica persecuzione esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori nei confronti di un lavoratore.
I comportamenti delineanti il mobbing sono per lo più piccoli atti quotidiani di emarginazione, violenza psicologica, sabotaggio professionale, talora aggressione fisica.
La Corte di Cassazione, nella propria sentenza n. 22393/2012, lo definisce come la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, consistente in sistematici e reiterati comportamenti ostili, tali da tramutarsi in forme di prevaricazione o persecuzione psicologica, idonei a causare la mortificazione morale e l’emarginazione del lavoratore, con effetto lesivo del suo equilibrio psicofisico e del complesso della sua personalità.
Dunque, devono ricorrere taluni elementi costitutivi:
- un insieme di condotte persecutorie protrattesi nel tempo
- un disegno vessatorio ai danni del lavoratore
- un danno alla salute del lavoratore conseguente
- il nesso tra la condotta del datore o del superiore o del collega e la lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore
- la prova della volontà persecutoria.
Lo straining è invece una situazione di grave disagio lavorativo in cui il lavoratore subisce da parte di un superiore (solitamente) almeno un’azione ostile e stressante, i cui effetti negativi permangono nel tempo.
Qui, pertanto, non occorre la continuità delle azioni vessatorie.
Si pensi al demansionamento, alla dequalificazione, al trasferimento.
La vittima di straining si percepisce in una continua posizione di inferiorità rispetto all’aggressore.
Sono stati indicati (Harald Ege) sette parametri per riconoscere lo straining:
- il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro
- le conseguenze dell’azione ostile devono essere costanti
- il conflitto deve essere in corso da almeno sei mesi
- le azioni devono rientrare in almeno una delle seguenti categorie: attacchi ai contatti umani; isolamento sistematico; demansionamento o privazione di qualunque incarico; attacchi contro la reputazione della persona; violenza o minacce di violenza, sia fisica che sessuale
- la vittima viene posta in condizione costante di inferiorità
- la vicenda ha raggiunto almeno la II fase del Modello Ege ("conseguenza lavorativa percepita come permanente")
- nella vicenda devono essere riscontrabili uno scopo politico e un obiettivo discriminatorio.
Tanto il mobbing, quanto lo straining ove dimostrati, danno diritto a risarcimento.

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di Avv. Gianna Manferto

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