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Molestie sessuali a lezioni private, violenza con abuso di autorità


Anche a lezioni private l'insegnante risponde di violenza sessuale se approfitta della sua posizione autorevole per estorcere atti sessuali agli allievi
Molestie sessuali a lezioni private, violenza con abuso di autorità

Quando si parla di violenza sessuale non si scherza.

Una delle forme più gravi, previste dal codice penale, è quella della costrizione a compiere o a subire atti sessuali mediante «abuso di autorità». In tale caso, la pena prevista per il colpevole va da sei a dodici anni di reclusione.

I giudici nazionali si sono interrogati – e divisi a lungo – sul concetto di «autorità»: l’abuso di tale stato sulla vittima – si sono domandati – vale solo nel caso di una posizione formale e autoritativa, prevista dalla legge, o coinvolge invece tutte le posizioni di preminenza di una persona sull’altra? Magari anche di semplice natura privata o di fatto?

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – in una recente sentenza (Cass. pen., Sez. Unite, 16 luglio 2020-01 ottobre 2020, n. 27326/2020) – hanno accolto un’interpretazione estesa del concetto di abuso di autorità, chiarendo come a nulla rilevi per la sussistenza del reato la fonte giuridica dell’autorità di cui si abusa.

La fonte, infatti, potrebbe essere una norma di legge (immaginiamo un militare su un sottoposto, o un docente della scuola pubblica verso un allievo…) o anche una semplice posizione di preminenza «di fatto e di natura privata».

La vicenda sottoposta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione riguardava una violenza sessuale patita da due giovani minori di quattordici anni da parte di un insegnante di lingua inglese che impartiva loro lezioni «private».

Una parte della giurisprudenza aveva interpretato la nozione di autorità richiamata dal codice penale in senso restrittivo, legando il significato di «autorità» ad una derivazione pubblicistica e formale, riconosciuta da una norma giuridica. In materia penale, si sosteneva, vige un principio di tassatività molto forte, e rare possono (e devono) essere le interpretazioni estensive.

Al contrario, dopo una disamina approfondita delle diverse posizioni giurisprudenziali, il massimo organo della Cassazione penale – le Sezioni Unite – hanno dato una lettura più ampia del concesso di «autorità» in materia di violenza carnale.

Secondo tale pronuncia, quindi, risponderà del grave delitto punito all’art. 609-bis del codice penale chiunque approfitti di una qualunque posizione di preminenza nei confronti della vittima per estorcerle un atto sessuale non desiderato, a prescindere da quale sia la fonte di derivazione di tale «preminenza» (ossia: autorità), potendo essa consistere in un atto giuridico come in una situazione «atipica» che abbia messo la persona violentata in una condizione di sottomissione di fatto al proprio carnefice.

 

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L'autore è esperto in Diritto penale criminale
Avv. Luca Ferrini
VIALE QUATTRO NOVEMBRE 145
47522 - Cesena (FC), Emilia-Romagna


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