Morosità in ambito condominiale
In questo breve articolo si affronta sinteticamente la problematica della morosità nell'ambito condominiale

La morosità nei condomini è una delle maggiori problematiche con la quale gli amministratori devono fare i conti quotidianamente. Spesso, infatti, specie in questo periodo di crisi, si assiste all’incapacità dei condomini di far fronte alle spese correnti, e, più frequentemente, a quelle straordinarie derivanti della necessaria manutenzione che periodicamente va fatta in materia edilizia (rifacimento facciata, sistemazione balconi con cordoli pericolanti, ecc.). Ma in questi casi che tutela hanno i creditori? Ossia il condominio stesso e le imprese di costruzione e/o gli altri terzi creditori?
Andiamo per ordine.
Il primo caso - Creditore: condominio
L’odierna formulazione dell’art 1129 c.c., al comma 9, stabilisce che l’amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, è tenuto (pena la possibile revoca) ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. A tale fine, l’art. 63 Disp. Att. c.c., consente all’amministratore di ottenere decreto ingiuntivo provvisoriamente (ed immediatamente) esecutivo, a condizione che sia stato approvato regolarmente in sede di assemblea condominiale il relativo stato di ripartizione.
Una volta emessa l’ingiunzione e notificata al condomino moroso, se questi non provvede al pagamento di quanto di sua spettanza, si dovrà procederete esecutivamente, con pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi, sperando di recuperare la somma che manca all’appello.
Il secondo caso - Creditore: terzo
La legge n. 220/12, che ha modificato la disciplina codicistica in materia, per cercare di combattere ed arginare il problema della morosità, ha fatto obbligo all’amministratore di costituire, in sede di assemblea, un "fondo morosi" da cui attingere le somme necessarie agli inderogabili bisogni del condominio. Nello specifico, l’amministratore chiederà ai condomini più "virtuosi e solvibili", ossia coloro che hanno già pagato le quote di propria spettanza, di anticipare anche quelle di chi ancora non è in regola; questo allo scopo di ripianare il buco di bilancio e riuscire così a far fronte alle obbligazioni assunte.
Vi è però un primo problema. Per la valida costituzione del fondo morosità si richiede ai sensi di legge l’unanimità dei consensi dei proprietari: è sufficiente, difatti, che anche uno solo di essi sia contrario per far sì che il buco di bilancio resti. Cosa accade, dunque, in questo caso? Cosa possono fare i creditori per cercare di riscuotere quanto dovuto? Un primo tentativo potrebbe essere quello di ottenere un decreto ingiuntivo per poi tentare di pignorare il conto corrente del condominio, che, però, con tutta probabilità, sarà in "rosso", o comunque non capiente.
La seconda soluzione, che si basa su una previsione della normativa sopra citata, potrebbe essere quella di ottenere l’elenco dei condomini morosi, per escuterli preventivamente, lasciando per il momento fuori quelli adempienti. In tale eventualità l’amministratore ha l’onere, non solo di comunicare i nominativi con gli importi dovuti, ma anche il luogo di residenza, lo stato di famiglia e, ove a conoscenza, gli estremi del conto corrente bancario su cui il moroso opera. In caso di omissione da parte dell’amministratore, al creditore è data poi la facoltà di agire in giudizio per l’acquisizione, in via coattiva, di tali dati.
In extrema ratio, in caso di impossibilità a soddisfarsi sui beni dei condomini morosi, i creditori potranno agire su quelli degli altri proprietari in regola con le quote, rendendoli di fatto "garanti dei morosi", ma sempre in proporzione dei rispettivi millesimi.
La conclusione è quindi, che, purtroppo, qualora si abbia la disdetta di far parte di un condominio in cui ci sono dei morosi, anche se si è in regola con i pagamenti, si rischia di pagare anche per gli altri, e ciò a tutela dei terzi creditori.
Dott. Marco Tonti - Avv. Paola Mazzocchi
Andiamo per ordine.
Il primo caso - Creditore: condominio
L’odierna formulazione dell’art 1129 c.c., al comma 9, stabilisce che l’amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, è tenuto (pena la possibile revoca) ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso. A tale fine, l’art. 63 Disp. Att. c.c., consente all’amministratore di ottenere decreto ingiuntivo provvisoriamente (ed immediatamente) esecutivo, a condizione che sia stato approvato regolarmente in sede di assemblea condominiale il relativo stato di ripartizione.
Una volta emessa l’ingiunzione e notificata al condomino moroso, se questi non provvede al pagamento di quanto di sua spettanza, si dovrà procederete esecutivamente, con pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi, sperando di recuperare la somma che manca all’appello.
Il secondo caso - Creditore: terzo
La legge n. 220/12, che ha modificato la disciplina codicistica in materia, per cercare di combattere ed arginare il problema della morosità, ha fatto obbligo all’amministratore di costituire, in sede di assemblea, un "fondo morosi" da cui attingere le somme necessarie agli inderogabili bisogni del condominio. Nello specifico, l’amministratore chiederà ai condomini più "virtuosi e solvibili", ossia coloro che hanno già pagato le quote di propria spettanza, di anticipare anche quelle di chi ancora non è in regola; questo allo scopo di ripianare il buco di bilancio e riuscire così a far fronte alle obbligazioni assunte.
Vi è però un primo problema. Per la valida costituzione del fondo morosità si richiede ai sensi di legge l’unanimità dei consensi dei proprietari: è sufficiente, difatti, che anche uno solo di essi sia contrario per far sì che il buco di bilancio resti. Cosa accade, dunque, in questo caso? Cosa possono fare i creditori per cercare di riscuotere quanto dovuto? Un primo tentativo potrebbe essere quello di ottenere un decreto ingiuntivo per poi tentare di pignorare il conto corrente del condominio, che, però, con tutta probabilità, sarà in "rosso", o comunque non capiente.
La seconda soluzione, che si basa su una previsione della normativa sopra citata, potrebbe essere quella di ottenere l’elenco dei condomini morosi, per escuterli preventivamente, lasciando per il momento fuori quelli adempienti. In tale eventualità l’amministratore ha l’onere, non solo di comunicare i nominativi con gli importi dovuti, ma anche il luogo di residenza, lo stato di famiglia e, ove a conoscenza, gli estremi del conto corrente bancario su cui il moroso opera. In caso di omissione da parte dell’amministratore, al creditore è data poi la facoltà di agire in giudizio per l’acquisizione, in via coattiva, di tali dati.
In extrema ratio, in caso di impossibilità a soddisfarsi sui beni dei condomini morosi, i creditori potranno agire su quelli degli altri proprietari in regola con le quote, rendendoli di fatto "garanti dei morosi", ma sempre in proporzione dei rispettivi millesimi.
La conclusione è quindi, che, purtroppo, qualora si abbia la disdetta di far parte di un condominio in cui ci sono dei morosi, anche se si è in regola con i pagamenti, si rischia di pagare anche per gli altri, e ciò a tutela dei terzi creditori.
Dott. Marco Tonti - Avv. Paola Mazzocchi
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