Narcisismo: tra funzionalità e disturbo
Oggi la parola narcisismo ricorre spesso: nei social, nelle discussioni sulle relazioni di coppia, nei contesti lavorativi. Basta poco per etichettare qualcuno come “narcisista”: un capo troppo autoritario, un partner freddo, un amico sempre in cerca di applausi. Ma cosa significa davvero questo termine così di moda?
Negli adulti un certo grado di narcisismo appartiene a tutti noi: è ciò che ci permette di credere nelle nostre capacità, di desiderare riconoscimento, di coltivare ambizioni. In questo senso può essere una risorsa: un professionista che espone con sicurezza il proprio lavoro, un atleta che si carica grazie al sostegno del pubblico, un artista che trae energia dall’apprezzamento altrui. Questo è ciò che molti studiosi, fra cui Wendy Behary, chiamano narcisismo sano.
Il problema nasce quando l’autostima si regge sullo sguardo degli altri, quando il bisogno di ammirazione diventa continuo e l’empatia scarseggia. È in questi casi che parliamo di Disturbo Narcisistico di Personalità, una condizione che può compromettere seriamente la vita affettiva, familiare e professionale.
Da dove viene il termine “narcisismo”?
L’origine è antica. Nelle Metamorfosi, il poeta latino Ovidio racconta di Narciso, giovane bellissimo incapace di amare gli altri, che finisce per innamorarsi della propria immagine riflessa nell’acqua, consumandosi fino alla morte. Da allora il termine è diventato metafora dell’incapacità di rivolgere amore ed energie al di fuori di sé.
In psicologia, il concetto viene introdotto da Sigmund Freud, che nel saggio Introduzione al narcisismo lo descrive come una fase normale dello sviluppo, potenzialmente problematica se persiste nell’età adulta. Dopo di lui, diversi autori hanno approfondito il tema, mostrando come dietro la facciata grandiosa si nascondano spesso fragilità, vuoto e vulnerabilità.
Heinz Kohut ha messo in luce che il narcisismo non è soltanto patologico, ma può essere anche una risorsa necessaria: il bambino, se nelle prime relazioni riceve empatia e rispecchiamento, sviluppa una sana autostima; se invece questi bisogni non vengono accolti, il Sé resta fragile e vulnerabile.
Otto Kernberg ha sottolineato il ruolo dell’aggressività e delle difficoltà nell’integrare aspetti positivi e negativi di sé e degli altri: dietro il bisogno di ammirazione si cela spesso un funzionamento instabile e relazioni basate su controllo e svalutazione.
Quali sono i vari tipi di narcisismo?
Oggi sappiamo che il narcisismo non è una categoria unica, ma uno spettro oggetto di continui studi e ricerche: dalle forme sane e adattive fino al narcisismo maligno:
- Overt: dai tratti più visibili, caratterizzati da grandiosità, bisogno costante di ammirazione, arroganza. Il narcisista overt appare sicuro di sé, dominante, talvolta seducente, ma, come indicano Dimaggio, Semerari e Carcione, fatica a mantenere relazioni autentiche.
Nel lavoro, ad esempio, possono essere manager molto autoritari o colleghi che monopolizzano riunioni e decisioni; nelle relazioni personali, partner o amici che impongono la propria volontà senza considerare i bisogni degli altri. - Covert: dai tratti più nascosti, possono apparire timidi o vulnerabili, ma in realtà gestiscono le relazioni tramite colpevolizzazione, vittimismo o sottili strategie di controllo. Dietro un’apparente timidezza o vulnerabilità, il narcisista covert — come hanno analizzato Heinz Kohut e Wendy Wink — condivide con l’overt la mancanza di empatia e il bisogno di approvazione. È ipersensibile alle critiche, prova spesso vergogna e insicurezza, e tende a evitare situazioni che possano esporlo al fallimento.
- Il narcisismo ad alto funzionamento: la persona appare sicura, competente e di successo, ma sotto qusta efficienza - come chiarisce Diana Diamond - si nasconde un sé fragile che dipende dall'ammirazione altrui e fatica a tollerare fallimenti e critiche. Le relazioni possono essere durature, ma prive di autentica empatia, intimità e reciprocità. L'altro è vissuto soprattutto come uno specchio che conferma il proprio valore più che come una persona da conoscere davvero.
- Narcisismo comunitario: si manifesta in ambiti relazionali, comunitari e sociali. La persona – come evidenziato da Gebauer et al. – si percepisce (e desidera essere percepita) come particolarmente altruista, empatica e moralmente superiore. Anziché concentrare l’attenzione sui propri obiettivi personali (tendenza all’agency), la orienta verso gli altri e le relazioni interpersonali (tendenza alla communion). Tuttavia, dietro questa immagine prosociale si celano dinamiche tipiche del narcisismo grandioso: bisogno di ammirazione, sensibilità al riconoscimento, manipolazione, scarsa empatia autentica e motivazione verso gli altri finalizzata soprattutto a confermare la propria superiorità e grandiosità.
- Il narcisismo maligno: la forma più grave e distruttiva - ben definita da Otto Kenberg - che combina la grandiosità e la mancanza di empatia tipica delle varie forme di narcisismo con elementi antisociali, aggressività, invidia e sadismo. Il sé grandioso non serve solo a proteggere la fragilità interiore, ma diventa strumento di dominio e disprezzo verso gli altri, spesso bersagli di sfruttamento, controllo o umiliazione. A livello relazionale e affettivo prevalgono freddezza emotiva, incapacità di colpa autentica e piacere nell'esercitare potere o vendetta.
In questo continuum, il narcisismo può manifestarsi con diversa intensità: in forme lievi provoca difficoltà relazionali circoscritte, mentre nei livelli più gravi può diventare altamente disturbante, sia per la persona stessa sia per chi le sta accanto.
Un continuum, non un’etichetta
Negli adulti il narcisismo, dunque, va da forme sane e adattive a espressioni disfunzionali e patologiche. Comprendere dove si colloca una persona è cruciale, sia in ambito clinico sia nella vita quotidiana:
- In psicoterapia, significa poter accompagnare chi soffre di disturbo narcisistico verso la costruzione di un senso di sé più stabile e autentico.
- Nelle relazioni di tutti i giorni, aiuta a orientarsi nei rapporti con persone che presentano tratti o comportamenti narcisistici problematici.
- In ambito educativo, invita a riflettere sui fattori che possono diventare attivatori di narcisismo adulto non adattivo o, al contrario, risorse di protezione.
Tutto questo in un contesto sociale che, come già osservava Christopher Lasch, alimenta una vera e propria “cultura del narcisismo”, fondata su immagine, successo e iper competizione come modelli dominanti, e in cui i social network amplificano ulteriormente questa dinamica, trasformando il bisogno di approvazione e visibilità in una pressione costante, soprattutto tra i più giovani. Oggi alcune forme di narcisismo sono caratterizzate più che dall'esaltazione grandiosa di sé dalla ricerca incessante di conferme, alimentata dall'uso dello smartphone e dalla logica dei like, come sottolinea Luciano Di Gregorio. In questo senso, le intuizioni di Lasch trovano un'attualizzazione nell'epoca digitale, in cui "apparire" ed "avere conferme" sono diventati quasi una condizione necessaria per sentirsi parte della società.
Bibliografia
- Behary, W. T. (2012). Disarmare il narcisista. Sopravvivi all'egocentrico e migliora la tua vita. Milano: Ist. Scienze Cognitive.
- Diamond, D., Yeomans, F. E., Stern, B. L., & Kernberg, O. (2023). Il Trattamento del narcisiosmo patologico. Milano: Raffaello Cortina.
- Di Gregorio, L. (2017). La società dei selfie. Milano: FrancoAngeli.
- Dimaggio, G., Semerari, A., & Carcione, A. (2003). Psicoterapia metacognitiva dei disturbi di personalità (XXIII rist. 2025). Roma: Laterza.
- Freud, S. (1977). Introduzione al narcisismo. Torino: Bollati Boringhieri.
- Gebauer, J. E., Sedikides, C., Verplanken, B., & Maio, G. R. (2012). Communal narcissism. Journal of Personality and Social Psychology, 103(5), 854–878.
- Kernberg, O. F. (2006). Narcisismo, aggressività, autodistruttività. Roma: Raffaello Cortina Editore.
- Kohut, H. (1977). Narcisismo e analisi del sé. Torino: Bollati Boringhieri.
- Lasch, C. (1979). The culture of narcissism: American life in an age of diminishing expectations. New York: Norton.
- Wink, P. (1991). Two faces of narcissism. Journal of Personality and Social Psychology, 61(4), 590–597. https://doi.org/10.1037/0022-3514.61.4.590
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