Natale con i tuoi. Cosa fare. Trappole da evitare


Le Festività, da momento importante per l'individuo e la comunità possono trasformarsi in un momento di sofferenza. Cose da fare. Trappole da evitare
Natale con i tuoi. Cosa fare. Trappole da evitare
A Natale tutti propongono o sponsorizzano qualcosa. Consigli per i regali, vacanze da sogno, hotel del benessere e cosi via. La mia proposta va in una direzione diversa: cose da fare, trappole da evitare per un Natale felice.

Il Natale (e in genere le Festività di fine anno) sono la Festa religiosa più importante e comunque un momento particolare per la comunità. Ma possono essere anche un momento di sofferenza e di difficoltà, sia nella percezione di sé che nelle relazioni sociali. Le Festività di fine anno hanno radici antichissime, religiose, ma per certi versi antecedenti alla religione. Segnano un antico rito di passaggio, tipico della civiltà contadina. Il momento in cui la natura apparentemente moriva per poi rinascere in primavera. In cui finiva il lavoro dei campi, si traevano bilanci per l’anno passato e auspici per quello a venire. In cui si godeva di cibi e convivialità rari nel corso dell’anno. E ci si preparava per il duro inverno in cui si doveva sopravvivere con quello che era stato messo da parte. Era (e lo è ancora) tempo di comunità, di sacro, di festa, di doni, anche se oggi molte cose sono cambiate.

Perché quindi il Natale può rappresentare per alcuni un momento difficile? E’ noto agli operatori del disagio psichico e sociale che i loro clienti sotto le Feste possono stare più male del solito, ma ciò può accadere anche a molte persone che normalmente non sono in contatto coi servizi. La solitudine può farsi più acuta, ma anche molte tensioni nelle relazioni familiari e sociali possono acuirsi. Il passaggio tra attività di routine e Festività aumenta il contatto tra le persone, sia dentro che tra le famiglie, e il clima natalizio solleva maggiori aspettative di stare bene con gli altri e in definitiva di felicità, rispetto ad altri periodi dell’anno. Aspettative che possono venire frustrate. Inoltre acuisce la coscienza della propria condizione - soli, disoccupati, malati ad esempio - o dello stato dei propri rapporti di coppia, familiari, parentali. Possono spuntare parenti che durante l’anno non si vedono mai, o incombenze, quasi obbligate, di incontro con persone che in realtà non si desidererebbe vedere.

Suggerisco allora alcune domande. Ad esempio: Come faccio ad arrivare al 7 di gennaio essendo contento di come sono andate le Feste? Oppure: Con chi potrò stare bene per Natale? Con chi per Capodanno? E, ovviamente, anche negli altri giorni? Credo sia importante mantenere la dimensione del sacro, e qui non intendo solo l’aspetto religioso che pure a chi crede può dare serenità, ma anche quella dimensione laica dell’"essere vicini", del "donare", del "coltivare le amicizie", quando fortunatamente ci sono. Ma propongo anche di ridimensionare con realismo le aspettative di cui ho detto. Il Natale non cambia la propria vita, le persone non sono necessariamente "più buone" del solito, anche se questo è un mito piuttosto radicato, ed aspettarsi che lo siano può esporci a cocenti delusioni. Per quanto è possibile, propongo di strutturare il proprio tempo libero con iniziative condivise, possibilmente piacevoli. Il vuoto di iniziative, stando insolitamente gomito a gomito, può far scattare tensioni e dinamiche negative, e trovarsi in solitudine può essere anche peggio. Propongo inoltre, quando è possibile, di evitare, o quantomeno limitare, gli incontri puramente formali che non sono realmente sentiti. Quelli che non si vedono e non si sentono per tutto l’anno a volte è preferibile evitarli anche a Natale se non si sta bene con loro. A volte parenti lontani o famiglie troppo allargate possono diventare una "trappola del malessere", e un superlavoro frustrante per chi deve reggerne l’organizzazione, solitamente la donna di casa. In definitiva propongo di "programmare" le proprie Festività, valutandone l’effetto sulla serenità personale e quella dei propri cari.

Il sociologo Marcel Mauss 1., nel "Saggio sul dono" afferma che donare, fin dalle culture più primitive, ha un duplice significato: rinsaldare i legami e l’identità della comunità e affidare alle cose, agli oggetti, una sacralità magica, tipica delle religioni animiste, creando un legame sacro tra le persone attraverso il "donare", il "ricevere" e il "ricambiare". Ma il consumismo attuale trasforma talvolta questo scambio rituale, quest’"anima delle cose", nell’espressione dello "status" del donatore (e dell’aggressività del marketing). E a questo proposito farei mio l’invito che Mauro Corona ha lanciato recentemente in televisione: "Che sia un Natale povero". Un giusto equilibrio, aggiungerei, tra moderato sostegno all’economia e valorizzazione delle relazioni più che degli oggetti. La stessa cosa direi, invitando a privilegiare la convivialità invece che la quantità di cibo. Nella civiltà contadina a Natale si mangiavano le cose migliori dopo un anno di fame. Ora, nell’opulenza attuale, sarebbe solo un’ulteriore occasione per chili in eccesso.
Buon Natale.

1. Marcel Mauss - Saggio sul dono - Einaudi Ed. 2002

Articolo del:


di Andrea Flego

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse