No al licenziamento per il lavoratore assente che assiste il disabile


Con la chiusura dei centri residenziali per i provvedimenti restrittivi da Covid-19, molti lavoratori si trovano licenziati per aver assistito il familiare disabile
No al licenziamento per il lavoratore assente che assiste il disabile

 

Sin dallo scorso mese di marzo, il Decreto Cura Italia, oggi finalmente convertito in legge, ha previsto, tra le varie misure di potenziamento del Sistema Sanitario Nazionale e di sostegno economico a famiglie, lavoratori e imprese in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid 19, la sospensione, sull’intero territorio nazionale, delle attività dei Centri semi residenziali a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale per persone con disabilità, in ragione della necessità di applicare anche ad essi le regole di contenimento e di distanziamento sociale.

La particolare situazione di questi centri, purtroppo, è oramai nota, per i numerosi casi di contagio di cui parla la quotidiana cronaca nazionale. Ad oggi, infatti, i contagiati ed i morti in tali strutture sono un numero considerevole ed è stato, purtroppo, constatato con i fatti che la chiusura è stata disposta troppo tardi, quando oramai la diffusione del virus si era già compiuta.

Per ciò che interessa in particolar modo in questo contributo, l’art. 47 del Decreto, nel suo secondo comma, aveva previsto, inoltre, che, “fermo quanto previsto dagli articoli 23, 24 e 39 del decreto e fino alla data del 30 aprile 2020”, l’assenza dal posto di lavoro da parte di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità non avrebbe potuto costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 c.c., a condizione della preventiva comunicazione da parte del lavoratore e della motivazione di impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei Centri di cui al primo comma.

Gli articoli richiamati dal suddetto secondo comma sono quelli che prevedono: i congedi parentali straordinari e le indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata e per i lavoratori autonomi, in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado (art. 23); l’estensione per i beneficiari dei permessi retribuiti per assistere un disabile ai sensi della Legge 104/1992 per la durata di ulteriori dodici giornate complessive usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020 (art. 24); lo smart working per i lavoratori disabili e per quelli che devono assistere un soggetto disabile presente all’interno del proprio nucleo familiare, se tale modalità è compatibile con la tipologia della prestazione lavorativa (art. 39).

L’articolo 47, quindi, dispone che il lavoratore che debba assistere un disabile, a seguito della chiusura dei suddetti centri di assistenza, non può essere licenziato per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., laddove abbia preventivamente comunicato e motivato al datore di lavoro la propria impossibilità ad attendere le mansioni che gli competono in ragione di detta sospensione.

L’art. 2119 c.c., infatti, riconosce al contraente di un contratto di lavoro indeterminato di recedere per giusta causa qualora si verifichi una causa di impedimento della sua prosecuzione, anche provvisoria. La nozione di giusta causa, nello specifico, permette al datore di lavoro di licenziare un lavoratore quando è stato commesso un fatto di tale gravità da non poter più conservare il rapporto fiduciario su cui si fonda il contratto stesso di lavoro.

Per questo, lo Studio DM offre, anche in via telematica, assistenza legale in materia di impugnazione del licenziamento illegittimo e non sorretto da giusta causa.

 

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di Avv.ti Francesca Tagliarini - Valeria Dellavedova

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