Nullo il patto aggiunto del canone di locazione
SS.UU.: Nel campo delle locazioni ad uso diverso, è nullo il patto aggiunto, e non registrato, con cui viene stabilito un canone di locazione maggiore
La mancata registrazione dell’accordo integrativo che fissa un maggior canone del contratto di locazione registrato, comporta la nullità dell’accordo integrativo, con salvezza del contratto di locazione registrato.
Così le Sezioni Unite con sentenza n. 23601 del 2017 si sono espresse sull’annosa questione che da qualche tempo attanaglia la giurisprudenza, e che ha determinato un’equiparazione di disciplina fra la normativa predisposta per le locazioni a uso abitativo e quelle a uso diverso.
Il caso di specie trae origine da un’azione di sfratto per morosità intimata dalla locatrice, dopo aver tardivamente registrato l’accordo integrativo del contratto di locazione, la quale prevedeva un maggiore importo di canone pari a €5.500,00, rispetto ai €1.200,00 del contratto precedentemente registrato. Se in primo grado il Tribunale riteneva nulla la sola pattuizione della maggiorazione, in fase di appello il collegio condannò il conduttore al pagamento dell’integrazione, stante la sanatoria ex tunc avvenuta tramite la tardiva registrazione dell’accordo integrativo, da considerarsi anche quale autodichiarazione di un’elusione fiscale.
Ricevuto il ricorso, la Corte di Cassazione, tenuto conto delle diverse posizioni tenute dall’organo in differenti sentenze - quali ad esempio la n. 20398/2005 sull’illegittimità per mancanza di causa, la n. 7282/2008 sull’irrilevanza della violazione della normativa fiscale ai fini della nullità ovvero la Sezioni Unite n. 18213/2015 sulla nullità della sola pattuizione integrativa in tema di locazioni abitative - decideva di rinviare la questione alle sezioni unite, con i seguenti termini: se, in tema di contratti di locazione a uso diverso da quello di abitazione, nell'ipotesi di tardiva registrazione (anche) del contestuale e separato accordo recante l'importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un'ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 17 settembre 2015, n. 18213) con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo il quale, su di un più generale piano etico/costituzionale, l'esclusione di una qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che dinanzi ad una Corte suprema di un paese europeo una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimità ad affermarne la liceità.
La sentenza s’incentrava inizialmente sui rapporti fra la normativa civilistica e quella tributaria. Innanzitutto la Corte ha tenuto a precisare come vi siano stati numerosi interventi legislativi aventi a oggetto tali rapporti. Ad esempio, la previsione di nullità all’inadempimento di alcuni obblighi tributari, tra cui la specificazione della mancata registrazione del contratto. Poi l’art. 13 della legge 431 del 1998 che specificatamente ha parlato di nullità del patto aggiuntivo finalizzato a stabilire un canone superiore in ambito di locazioni abitative. Una nullità (per mancata registrazione) poi applicata anche alle locazioni ad uso diverso con la legge n. 311 del 2004. Ed infine con la precisazione dell’art. 13 sopra richiamato, da parte della legge 208 del 2015, per cui la registrazione deve essere compiuta entro 30 giorni dalla sottoscrizione del contratto di locazione, ed in caso di mancata registrazione determina la facoltà per il conduttore di richiederla giudizialmente assieme alla determinazione del canone. Sul tema, a riguardo delle locazioni a uso abitativo, le Sezioni Unite del 2015, affermavano proprio la nullità della sola pattuizione riguardante il canone superiore a quello risultante dal contratto registrato.
La Suprema Corte ha quindi avvertito l’esigenza di provvedere a una equiparazione fra la norma fissata per le locazioni ad uso abitativo e quelle ad uso diverso. E’ stato necessario per gli ermellini procedere a una distinzione fra il vizio di mancata registrazione e la fissazione di un canone superiore tramite un patto aggiunto. Infatti nel primo caso si ha di fronte un’ipotesi di nullità sopravvenuta della locazione per mancanza di un requisito extraformale di validità. Ossia un elemento esterno alle parti introdotto per contrastare l’elusione o evasione fiscale. Quanto invece alla nullità del patto aggiunto, questa non deriva dalla mancata registrazione ma dall’illegittima sostituzione di un canone in luogo di un altro. Per cui un contratto sottoscritto al fine di compiere una elusione fiscale. Ovvero un contratto contrario alla legge.
Le Sezioni Unite hanno così superato la mancanza di una specifica norma in tema di uso diverso dall’abitazione per l’ipotesi riguardante il caso di specie, chiarendo come tale mancanza non ostacoli a una pronuncia di nullità, a prescindere dalla registrazione, in ragione del divieto di cui all’art. 79 della legge 392 del 1978 sull’equo canone. Tale nullità quindi non deriva dalla registrazione, escludendo così una sanatoria ex tunc tramite una tardiva registrazione, ma ha origine dall’assenza di una causa lecita del patto aggiuntivo, intesa come violazione della normativa fiscale. Tale nullità è insanabile.
A tutela del conduttore vi è la salvezza del contratto registrato, così a garantire la continuazione del rapporto, e gli interessi della libera iniziativa economica del privato, nonché viene ad esso riconosciuto il diritto, ex secondo comma dell’art. 79, a vedersi rimborsate le maggiorazioni sino ad allora sostenute per effetto nel patto integrativo nullo.
Così le Sezioni Unite con sentenza n. 23601 del 2017 si sono espresse sull’annosa questione che da qualche tempo attanaglia la giurisprudenza, e che ha determinato un’equiparazione di disciplina fra la normativa predisposta per le locazioni a uso abitativo e quelle a uso diverso.
Il caso di specie trae origine da un’azione di sfratto per morosità intimata dalla locatrice, dopo aver tardivamente registrato l’accordo integrativo del contratto di locazione, la quale prevedeva un maggiore importo di canone pari a €5.500,00, rispetto ai €1.200,00 del contratto precedentemente registrato. Se in primo grado il Tribunale riteneva nulla la sola pattuizione della maggiorazione, in fase di appello il collegio condannò il conduttore al pagamento dell’integrazione, stante la sanatoria ex tunc avvenuta tramite la tardiva registrazione dell’accordo integrativo, da considerarsi anche quale autodichiarazione di un’elusione fiscale.
Ricevuto il ricorso, la Corte di Cassazione, tenuto conto delle diverse posizioni tenute dall’organo in differenti sentenze - quali ad esempio la n. 20398/2005 sull’illegittimità per mancanza di causa, la n. 7282/2008 sull’irrilevanza della violazione della normativa fiscale ai fini della nullità ovvero la Sezioni Unite n. 18213/2015 sulla nullità della sola pattuizione integrativa in tema di locazioni abitative - decideva di rinviare la questione alle sezioni unite, con i seguenti termini: se, in tema di contratti di locazione a uso diverso da quello di abitazione, nell'ipotesi di tardiva registrazione (anche) del contestuale e separato accordo recante l'importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un'ipotesi di sanatoria di tale nullità, ovvero se anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 17 settembre 2015, n. 18213) con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo il quale, su di un più generale piano etico/costituzionale, l'esclusione di una qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che dinanzi ad una Corte suprema di un paese europeo una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimità ad affermarne la liceità.
La sentenza s’incentrava inizialmente sui rapporti fra la normativa civilistica e quella tributaria. Innanzitutto la Corte ha tenuto a precisare come vi siano stati numerosi interventi legislativi aventi a oggetto tali rapporti. Ad esempio, la previsione di nullità all’inadempimento di alcuni obblighi tributari, tra cui la specificazione della mancata registrazione del contratto. Poi l’art. 13 della legge 431 del 1998 che specificatamente ha parlato di nullità del patto aggiuntivo finalizzato a stabilire un canone superiore in ambito di locazioni abitative. Una nullità (per mancata registrazione) poi applicata anche alle locazioni ad uso diverso con la legge n. 311 del 2004. Ed infine con la precisazione dell’art. 13 sopra richiamato, da parte della legge 208 del 2015, per cui la registrazione deve essere compiuta entro 30 giorni dalla sottoscrizione del contratto di locazione, ed in caso di mancata registrazione determina la facoltà per il conduttore di richiederla giudizialmente assieme alla determinazione del canone. Sul tema, a riguardo delle locazioni a uso abitativo, le Sezioni Unite del 2015, affermavano proprio la nullità della sola pattuizione riguardante il canone superiore a quello risultante dal contratto registrato.
La Suprema Corte ha quindi avvertito l’esigenza di provvedere a una equiparazione fra la norma fissata per le locazioni ad uso abitativo e quelle ad uso diverso. E’ stato necessario per gli ermellini procedere a una distinzione fra il vizio di mancata registrazione e la fissazione di un canone superiore tramite un patto aggiunto. Infatti nel primo caso si ha di fronte un’ipotesi di nullità sopravvenuta della locazione per mancanza di un requisito extraformale di validità. Ossia un elemento esterno alle parti introdotto per contrastare l’elusione o evasione fiscale. Quanto invece alla nullità del patto aggiunto, questa non deriva dalla mancata registrazione ma dall’illegittima sostituzione di un canone in luogo di un altro. Per cui un contratto sottoscritto al fine di compiere una elusione fiscale. Ovvero un contratto contrario alla legge.
Le Sezioni Unite hanno così superato la mancanza di una specifica norma in tema di uso diverso dall’abitazione per l’ipotesi riguardante il caso di specie, chiarendo come tale mancanza non ostacoli a una pronuncia di nullità, a prescindere dalla registrazione, in ragione del divieto di cui all’art. 79 della legge 392 del 1978 sull’equo canone. Tale nullità quindi non deriva dalla registrazione, escludendo così una sanatoria ex tunc tramite una tardiva registrazione, ma ha origine dall’assenza di una causa lecita del patto aggiuntivo, intesa come violazione della normativa fiscale. Tale nullità è insanabile.
A tutela del conduttore vi è la salvezza del contratto registrato, così a garantire la continuazione del rapporto, e gli interessi della libera iniziativa economica del privato, nonché viene ad esso riconosciuto il diritto, ex secondo comma dell’art. 79, a vedersi rimborsate le maggiorazioni sino ad allora sostenute per effetto nel patto integrativo nullo.
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