Nullo il trasferimento di denaro a mezzo bonifico
Il trasferimento di somme rilevanti ai figli a mezzo bonifico bancario, configurando una donazione diretta, è atto nullo per difetto di forma solenne
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017 hanno stabilito che "il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore".
Il trasferimento di fondi tramite bonifico, pertanto, costituendo una donazione tipica o diretta, non può sfuggire all’onere della forma solenne (l’atto pubblico) prevista dall’art. 782 c.c., a norma del quale "La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità".
Le donazioni non tipiche o indirette, quelle cioè che vengono realizzate attraverso schemi negoziali diversi dall’atto di donazione, invece, sfuggono alla forma solenne, pur essendo sottoposte, ai sensi dell’art. 809 c.c., alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli, nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari.
Le Sezioni Unite chiariscono che la donazione indiretta ricorre nei soli casi in cui le parti realizzano l’effetto di liberalità (l’arricchimento di una parte a fronte del depauperamento dell’altra) utilizzando una fattispecie negoziale causale, tale cioè che abbia in sé la sua causa giustificativa, costituendo la liberalità solo la conseguenza non diretta né principale del negozio.
Il Supremo Collegio riporta come esempio di donazione indiretta quella realizzata attraverso un contratto a favore di terzo, che si ha quando uno dei contraenti (promittente) si obbliga in confronto dell’altro contraente (stipulante) ad eseguire una prestazione in favore di un terzo (beneficiario). In questo caso la causa del negozio - costituita dall’obbligazione assunta dal promittente nei confronti dello stipulante, di eseguire la prestazione in favore del terzo - non è la liberalità verso il beneficiario, mentre l’arricchimento di quest’ultimo costituisce solo un effetto indiretto.
Il Supremo Collegio conclude affermando che il trasferimento, a mezzo banca, di strumenti finanziari dal conto del beneficiante a quello del beneficiario, si realizza mediante un’attività di intermediazione gestoria - e non giuridica - dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalità di trasferimento di valori dal patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto. Ne consegue che il detto trasferimento rinviene la propria giustificazione causale non già nel rapporto intercorrente tra correntista e banca - rapporto che costituisce solo lo strumento attraverso cui si esegue il trasferimento - bensì in quello tra disponente e beneficiario. E pertanto, ove tale giustificazione si atteggi come causa donandi, ricorre una donazione diretta, la quale non potrà che essere ritenuta nulla per difetto della forma solenne.
Il trasferimento di fondi tramite bonifico, pertanto, costituendo una donazione tipica o diretta, non può sfuggire all’onere della forma solenne (l’atto pubblico) prevista dall’art. 782 c.c., a norma del quale "La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità".
Le donazioni non tipiche o indirette, quelle cioè che vengono realizzate attraverso schemi negoziali diversi dall’atto di donazione, invece, sfuggono alla forma solenne, pur essendo sottoposte, ai sensi dell’art. 809 c.c., alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli, nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari.
Le Sezioni Unite chiariscono che la donazione indiretta ricorre nei soli casi in cui le parti realizzano l’effetto di liberalità (l’arricchimento di una parte a fronte del depauperamento dell’altra) utilizzando una fattispecie negoziale causale, tale cioè che abbia in sé la sua causa giustificativa, costituendo la liberalità solo la conseguenza non diretta né principale del negozio.
Il Supremo Collegio riporta come esempio di donazione indiretta quella realizzata attraverso un contratto a favore di terzo, che si ha quando uno dei contraenti (promittente) si obbliga in confronto dell’altro contraente (stipulante) ad eseguire una prestazione in favore di un terzo (beneficiario). In questo caso la causa del negozio - costituita dall’obbligazione assunta dal promittente nei confronti dello stipulante, di eseguire la prestazione in favore del terzo - non è la liberalità verso il beneficiario, mentre l’arricchimento di quest’ultimo costituisce solo un effetto indiretto.
Il Supremo Collegio conclude affermando che il trasferimento, a mezzo banca, di strumenti finanziari dal conto del beneficiante a quello del beneficiario, si realizza mediante un’attività di intermediazione gestoria - e non giuridica - dell’ente creditizio, rappresentando il bancogiro una mera modalità di trasferimento di valori dal patrimonio di un soggetto in favore del patrimonio di altro soggetto. Ne consegue che il detto trasferimento rinviene la propria giustificazione causale non già nel rapporto intercorrente tra correntista e banca - rapporto che costituisce solo lo strumento attraverso cui si esegue il trasferimento - bensì in quello tra disponente e beneficiario. E pertanto, ove tale giustificazione si atteggi come causa donandi, ricorre una donazione diretta, la quale non potrà che essere ritenuta nulla per difetto della forma solenne.
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