Nuove procedure di soluzione della crisi


L'articolo illustra le procedure di soluzione della crisi a disposizione dei soggetti non fallibili, oggi ulteriormente potenziate alla luce delle ultime riforme
Nuove procedure di soluzione della crisi

Il sovraindebitamento

Il termine “sovraindebitamento” indica una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte dal debitore e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente. In termini pratici, il debitore non è più in grado di soddisfare tutti o buona parte dei propri debiti, in quanto il suo patrimonio è insufficiente.

Tale situazione rappresenta un pericolo non solo per i creditori attuali e futuri, i quali rischiano di non veder più soddisfatte le proprie ragioni, ma anche per lo stesso sovraindebitato che, nella speranza di poter risollevare le proprie sorti, potrebbe cadere nella tentazione di attingere a nuovi finanziamenti, a volte di provenienza illecita ed a tassi usurari.

Consapevole di tali criticità, il legislatore è intervenuto con la Legge n. 3/2012 (integrata con L. 176/2020), prevedendo percorsi di gestione della crisi che consentono al debitore di pagare quanto gli è possibile e, al tempo stesso, di cancellare i debiti residui, offrendogli in questo modo la possibilità di ripartire da zero (c.d. fresh start) e riacquistare un ruolo attivo nell’economia.

Possono accedere ad una delle procedure di sovraindebitamento i soggetti c.d non fallibili:

  • persone fisiche,

  • società ed enti che non svolgono attività di impresa,

  • imprenditori commerciali sotto soglia art. 1 L.F.,

  • imprenditori artigiani

  • gli imprenditori agricoli,

  • le start-up innovative (a prescindere dalle dimensioni),

  • i professionisti autonomi.

Il presupposto principale è di non aver usufruito già in passato di tali strumenti di gestione della crisi negli ultimi cinque anni, o di non aver già ottenuto l’esdebitazione per ben due volte, e di aver assunto una condotta meritevole (il debitore deve aver assunto obbligazioni con la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, ovvero non deve aver determinato il sovraindebitamento con colpa [1], anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali, ovvero non deve aver compiuto atti in frode ai debitori[2]).

Il sovraindebitato che decide di avviare una delle procedure di cui alla L. 3/2012 è inizialmente accompagnato da un professionista (c.d. OCC o Gestore della crisi), il quale svolge i seguenti compiti:

  • orientamento verso la procedura più utile,

  • verifica e attestazione in merito alla veridicità dei dati e alla fattibilità delle scelte compiute, anche a beneficio del ceto creditorio.

Tale figura viene nominata dal Tribunale (se la domanda viene presentata dal debitore in questa sede) o dall’Organismo di composizione della crisi (se la domanda viene presentata davanti tale Organo istituito presso Camere di Commercio o Ordini professionali degli avvocati, commercialisti ed esperti contabili, Consigli notarili o anche Enti locali) iscritto nel Registro tenuto presso il Dipartimento degli affari di giustizia del Ministero della giustizia.

La legge 3/2012: tre diverse procedure

La L. 3/2012 ha introdotto tre diverse procedure di gestione della crisi:

  1. L’accordo di composizione della crisi (art. 9)

  2. Il piano del consumatore (art. 12-bis, per i soli debiti estranei all’attività esercitata);

  3. La liquidazione del patrimonio (art. 14-ter), la quale può essere utilizzata anche a seguito di conversione d’ufficio nell'ipotesi di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore.

Vediamo nel dettaglio come si distinguono le tre procedure.

  • Il contenuto della proposta:

- in caso di accordo di composizione e di piano del consumatore, il debitore non deve necessariamente offrire ai creditori tutto il proprio patrimonio. Il sovraindebitato, difatti, potrebbe anche proporre ai propri creditori il pagamento di importi dilazionati nel tempo, anche prestando idonea garanzia, o il pagamento di una quota parte (c.d. a saldo e stralcio). In questo modo, si eviterebbe la vendita di tutti i propri beni o di parte di essi. Vendita che, in alcuni casi, potrebbe rivelarsi controproducente, in quanto successive gare andate deserte potrebbero ridurre sensibilmente il prezzo di vendita del bene offerto, sino a svalutarlo.

La proposta deve quanto meno assicurare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili (es. pagamento di stipendio e tfr), non potendo prevederne la dilazione o la falcidia; è possibile prevedere il parziale pagamento dei creditori privilegiati, quando l’alternativa liquidatoria non offre percentuali migliori di soddisfacimento (non è più necessario il pagamento integrale dei tributi che costituiscono risorse proprie dell’Unione Europea, in particolar modo l’IVA, e ciò a seguito di sentenza della Corte Costituzionale n. 245/2019).

- per contro, la liquidazione del patrimonio “impone” al sovraindebitato di mettere a disposizione “tutto” il proprio patrimonio. In ogni caso, lo stipendio è escluso dai beni oggetto di liquidazione, nei limiti di quanto occorre al debitore per il mantenimento suo e della propria famiglia (limite che viene determinato dal Giudice).

È evidente che la liquidazione del patrimonio si pone quale rimedio residuale, c.d. extrema ratio, a cui ricorrere ogni qual volta il debitore non è in grado di generare un reddito costante nel tempo o non è in grado di offrire adeguate garanzie di adempimento.

  • Il ruolo dei creditori:

- l’accordo di composizione è approvato se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti (i creditori muniti di privilegio, pegno e ipoteca, ai quali è proposta l’integrale pagamento, non sono conteggiati ai fini del voto, salvo loro rinuncia al privilegio);

- il piano del consumatore, invece, non richiede il voto dei creditori, i quali, tuttavia, sono chiamati ad esprimere loro osservazioni in una apposita udienza fissata dal Giudice, all’esito della quale quest’ultimo potrà valutare la fattibilità o meno del piano ai fini della sua omologazione;

- la liquidazione del patrimonio non prevede né la votazione dei creditori, né la partecipazione di questi ad una udienza nella quale presentare le loro osservazioni. In questo caso, il Giudice, esaminata l’istanza del sovraindebitato (accompagnata da relazione del Gestore), dichiara aperta la procedura e nomina un soggetto che avrà il compito di liquidare il patrimonio (c.d. Liquidatore); quest’ultimo inviterà i creditori a precisare il credito che, ove ritenuto sussistente, verrà ammesso o, altrimenti, rigettato in tutto o in parte, salvo per questi ultimi il diritto di opposizione.

  • La sospensione delle azioni esecutive (c.d. pignoramenti) e/o cautelari, oltre che la sospensione del decorso degli interessi legali/convenzionali.

Tale effetto è automatico nel caso si decida di optare per l’accordo di composizione e o per la liquidazione del patrimonio, non lo è nel piano del consumatore.

O meglio, nel momento in cui il Giudice ammette il debitore alla procedura di accordo di composizione, le azioni esecutive sono sospese sino al momento in cui l’accordo non viene omologato. Va da sé che, una volta omologato, la sospensione perdura fino al completamento delle attività previste dall’accordo, mentre ovviamente la sospensione decade in mancanza di omologa.

In caso di liquidazione del patrimonio, la sospensione decorre dal momento di apertura della procedura e sino alla conclusione della liquidazione, la cui durata non è inferiore a quattro anni.

Diverso il discorso per il piano del consumatore. Qui il Giudice, nel momento in cui dichiara aperta la procedura, può concedere la sospensione delle procedure non solo esecutive, ma anche cautelari. In tal caso, si tratta di una facoltà che, secondo alcuni autori, presuppone una specifica richiesta da parte dell’istante sovraindebitato e che, comunque sia, è sottoposta al vaglio di meritevolezza della proposta presentata.

  • Il beneficio di esdebitazione (c.d. liberazione dai debiti residui).

Tale beneficio è concesso previa valutazione di meritevolezza del sovraindebitato (mancanza di atti in frode ai creditori, ricorso al credito non colpso, soddisfacimento parziale dei crediti, etc….). Tuttavia, l’esdebitazione consegue automaticamente all’avvenuta approvazione dell’accordo / omologazione del piano; in caso di liquidazione del patrimonio, invece, tale beneficio è concesso solo al termine della procedura e su un giudizio di meritevolezza che guarda al comportamento del debitore nell’arco dell’intera procedura.

  • ULTIME NOVITÀ INTRODOTTE

Con il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza D.lgs. 19 gennaio 2019, n. 14 (che riforma la Legge Fallimentare e la L. 3/2012) oggi si distingue tra:

  1. Piani di ristrutturazione dei debiti (art. 65) e procedure familiari (art. 66);

  2. Concordato minore (art. 74);

  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (artt. 268-277).

La data di entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza era inizialmente prevista per il 15 agosto 2020 ed è stata poi posticipata al 01 settembre 2021. Tuttavia, le norme relative al sovraindebitamento sono entrate in vigore il 25 dicembre 2020 grazie alle previsioni del Decreto Ristori, convertito con Legge n.176/2020.

Il piano di ristrutturazione dei debiti corrisponde al già esaminato piano del consumatore. Di grande rilievo la possibilità per i membri della stessa famiglia di presentare un’unica procedura di composizione della crisi quando siano conviventi o quando il sovraindebitamento abbia un’origine comune (oltre al coniuge, si considerano membri della stessa famiglia i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto).

Il concordato minore corrisponde al già esaminato accordo di composizione della crisi.

La liquidazione controllata del sovraindebitato corrisponde alla già esaminata liquidazione del patrimonio ex art. 14-ter.

  • La falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento

La sospensione delle azioni esecutive assolve evidentemente una funzione strumentale alla buona riuscita delle negoziazioni con i creditori. In linea con tale previsione, la giurisprudenza ha riconosciuto la possibilità di sospendere la cessione del quinto dello stipendio, e ciò anche nell’ottica di garantire la parità di trattamento tra i creditori. Peraltro, l’art. 8 oggi consente la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto (dello stipendio, del TFR, della pensione), oltre che dei debiti derivanti da operazioni di prestito su pegno.

  • Il ruolo dell’amministrazione finanziaria

Ai sensi dell’art. 12, co. 3-quater, il Tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell'organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria

  • L’esdebitazione senza utilità

La giurisprudenza si è mostrata nel tempo favorevole ad omologare piani del consumatore basati sulla disponibilità del solo reddito del sovraindebitato (il quale non aveva beni mobili e immobili da offrire), tramite offerta ai creditori della quota parte del proprio reddito mensile, dilazionato in un lungo arco temporale. Tale soluzione è stata giustificata in virtù del fatto che, all’esito di attestazioni da parte dell’OCCS e verifica di meritevolezza da parte del Giudice, è stato possibile dimostrare che i creditori non avrebbero potuto usufruire di alternative migliori di soddisfacimento.

A ciò si aggiunge che oggi, con il nuovo art. 14 quaterdecies L. 3/2012, si può fin anche ottenere la c.d esdebitazione senza utilità. Pertanto, il debitore incapiente, in quanto privo di beni presenti può accedere a tale forma di esdebitazione una sola volta nella vita ed a condizione che, entro quattro anni dal decreto del giudice, e qualora sopravvengano utilità rilevanti, egli provveda a pagare i creditori in misura non inferiore al 10%.

Conclusione

La disciplina sul sovraindebitamento, anche all’esito delle novità da ultimo introdotte, rappresenta un valido strumento di soluzione della crisi, già sperimentato con buoni risultati in altri Paesi europei, che consente ai consumatori ed alle imprese non soggette al fallimento di estinguere i propri debiti e al tempo stesso ricominciare serenamente una nuova attività (a fresh start in life, secondo l’espressione anglosassone).

Articolo del:


di Francesco Giampetruzzi

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