Nuovi limiti al contante: chiarimenti su Pos, prelevamenti e buste paga
Con i nuovi limiti a partire dal primo luglio 2020, sono sette le modifiche che dal 2002 al 2016 hanno ridisegnato il limite del contante in nome della tanta menzionata “tracciabilità”, rispetto al mero utilizzo del denaro “fisico”, nelle transazioni.
L'esigenza di intervenire di anno in anno alla limitazione all'utilizzo del “cash” è contenuta nel provvedimento per contrastare il “denaro sporco” e il “finanziamento del terrorismo”, come spiegato dal D.lgs. 231/2007 a detta del quale, il limite al contante nasce come misura per combattere il riciclaggio, materia ad altissima densità normativa e ad elevata complessità poiché coinvolge aree del diritto civile, amministrativo e penale.
Bisogna tuttavia considerare che, come insegna la recente vicenda dei “Pos” il cui mancato utilizzo in alcune professioni è frutto di un vuoto normativo che quantificasse la sanzione per mancata accettazione di pagamento tramite carta, si è preferito continuare sulla strada degli incentivi all'uso degli strumenti di pagamento tracciabili, promuovendo più lo “sconto” che il “divieto”, anziché una normativa “rigida” che non tenesse conto delle esigenze nonché delle problematiche di una buona parte dei contribuenti, come ad esempio i pensionati.
Infatti, i bonus fiscali per ristrutturazioni, risparmio energetico, acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, sono un esempio su grande scala, al disincentivo del contante, vale a dire niente detrazione in dichiarazione dei redditi se il pagamento è cash.
Tornando ai Pos, in realtà il D.L. n. 124/2019, all’articolo 23, aveva inizialmente introdotto, a decorrere dal 1° luglio 2020, un regime sanzionatorio con l’istituzione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione per l’esercente che rifiutasse il pagamento elettronico, ma le modifiche approvate dalla Commissione Finanze della Camera al decreto fiscale, in extremis, hanno abrogato la norma recante la disciplina delle citate sanzioni, tornando, quindi, al passato.
In pratica, la vera modifica al limite al contante è l'abbassamento di tale soglia da € 2.999.99 a € 1.999,99 a partire dal 1 luglio 2020, su qualsiasi tipo di transazione, per arrivare ad un secondo step al ribasso a partire dal 01/01/2022 ad € 999,99 sempreché non si utilizzi bancomat o carte di credito o prepagate, assegni bancari e circolari o bonifici.
Un aspetto particolarmente importante, su cui spesso si fa confusione, è che il limite all’utilizzo del denaro contante venga assimilato al concetto di prelievo bancario: su questi, così come quelli effettuati tramite l’utilizzo del bancomat, non vi è alcun limite di importo da rispettare al fine dell'ottemperanza alla normativa, infatti, compatibilmente con gli accordi presi con il proprio istituto di credito, ogni soggetto è libero di prelevare al bancomat o allo sportello qualsiasi importo, indipendentemente dalle soglie previste per l’utilizzo del contante, poiché durante l'operazione è sull'Istituto di Credito stesso, demandato alla tracciabilità e alla giusta verifica, tenendo traccia di questi prelevamenti, soltanto nei casi in cui siano ripetuti e costanti e, quindi, “sospetti”, che scatterà l'obbligo di effettuare una segnalazione all'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia.
E' opportuno ricordare che la tracciabilità riguarda qualsiasi tipo di operazione finanziaria, comprese le donazioni e prestiti tra parenti, quindi, se ci dovessimo apprestare a superare la soglia di € 1.999,99 anche per le regalie, l'unica modalità possibile è quella tracciata.
A partire dal primo luglio, infatti, il mancato rispetto della norma, esporrà a rischio sanzioni amministrative, sia chi effettua il pagamento contanti, sia chi lo riceve, il cui importo potrà variare da un minimo edittale di € 3.000,00 ad un massimo di € 50.000,00.
Altro argomento in tema alla limitazione del contante, su cui ci si presta facilmente a delle incertezze, è la retribuzione dei dipendenti. Su questo argomento, la norma da sempre è rimasta rigida e stringente: in questo caso il divieto è assoluto e cioè niente contanti neanche in parte, ai percipienti redditi di lavoro dipendenti o assimilati. Non esiste, vale a dire, una soglia minima sotto la quale un datore di lavoro del settore privato possa erogare in contanti lo stipendio ad un proprio dipendente/collaboratore.
Il divieto è stato introdotto dalla Legge di Bilancio 205/2017 secondo cui a decorrere dal primo luglio 2018, poiché la firma sulla busta paga non costituisce prova dell'avvenuto pagamento, al fine di evitare disallineamenti sul netto in busta rispetto a quello effettivamente corrisposto, l'obbligo della tracciabilità è stato previsto per tutti i contratti di lavoro subordinato, le collaborazioni coordinate e continuative e per i soci di cooperative.
In tal senso si è anche espresso l'Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con nota 6201 del 2018 ha affermato che il divieto del contante fa riferimento esclusivamente agli elementi della retribuzione, fermo restando che, le somme erogate a vario titolo di rimborsi spese, vitto o alloggio, che il dipendente deve sostenere nell'interesse dell'azienda durante lo svolgimento della propria attività lavorativa, ne rimangano escluse, fermo restando il tetto del contante.
Non è inopportuno ricordare che anche le scritture contabili dei versamenti ai dipendenti, se effettuati per cassa, non potranno essere prese in considerazione al fine della commisurazione e la determinazione del costo del lavoro da esporre in bilancio e non potranno essere portati in diminuzione al fine di determinare il reddito d'esercizio, le voci relative ai predetti salari e stipendi.
Restano, infine, esclusi da tale obbligo i lavoratori presso la pubblica amministrazione per i quali vale il limite previsto dal DL 138/2011, vale a dire € 2.500,00 e al personale “colf e badanti” dove è il contratto stesso che ne disciplina il pagamento.
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