Obblighi di assistenza famigliare
Il padre disoccupato è tenuto sempre e comunque a "mantenere" i figli?
La responsabilità penale del genitore
La responsabilità penale del genitore
Dal momento della nascita, il nostro ordinamento riconosce in capo alla prole una serie di diritti, a cui corrispondono altrettanti obblighi in capo ai genitori. Tra questi vi è quello di fornire alla stessa tutta l'assistenza necessaria al suo corretto sviluppo.
I diritti dei figli trovano tutela non solo in campo civile, ma anche penale: il nostro legislatore ha previsto, infatti, un'apposita fattispecie, ossia l'art. 570 c.p., che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Tale articolo prevede tre tipi di condotte.
La prima punisce chi "abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale familiare, si sottrae agil obbighi di assistenza inerenti alla responsabità genitoriale".
La seconda consiste nel fatto di chi "malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge".
La terza, quella di gran lunga più ricorrente nella prassi, riguarda colui che "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, agli inabili al lavoro, agli asendenti ovvero al coniuge non separato per colpa".
Ma cosa si intende per mezzi di sussistenza?
In tale nozione, che è diversa da quella civilistica di alimenti e mantenimento, vanno ricompresi non solo i mezzi indispensabili pre la sopravvivenza (vitto, alloggio), ma anche le risorse che consentano di soddisfare, anche in misura minima, la necessità della vita quotidiana, come, ad esempio, abbigliamento, istruzione, trasporto, comunicazione, ecc..
Tale obbligo, dunque, è più limitato rispetto a quello di corrispondere il mantenimento stabilito dal Giudice in sede civile, essendo necessario che, a causa della condotta del genitore, il minore versi in stato di bisogno, ossia gli siano fatti mancare i mezzi indispensabili per la sua sopravvivenza, seppur nell'accezione ampia già sopra ricordata.
Quindi, nel caso di mancato pagamento da parte del coniuge di quanto stabilito dal Giudice civile (es. della separazione o del divorzio), in sede penale dovrà essere valutato caso per caso se, da un lato, a tale inadempimento corrisponda come effetto quallo di far mancare al minore i mezzi minimi di sussitenza.
Dall'altro lato, dovrebbe essere parimenti accertata la concreta capacità del genitore di fornire al minore questi mezzi minimi, posto che l'assoluto stato di indigenza dell'obbligato, operando come una vera e propria esimente, dovrebbe far venir meno il reato, secono il principio "ad impossibilia nemo tenetur" (nessuno è tenuto a fare l'impossibile).
Ma occorre sin da subito precisare che, per far venir meno questo reato, l'incapacità economica del genitore deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
In punto, la più recente giurisprudenza ha adottato una lettura particolarmente severa, ritenendo che non basti il mero stato di disoccupazione dell'obbligato, ma che occorra prova sia dell'assoluta assenza di introiti di altro tipo (per es. risparmi, rendite derivanti da altri beni personali come immobili concessi in locazione, lavoro in nero....) sia del fatto che tale stato non derivi da sua colpa (da ultimo, Cass., sez. VI, 39411/2017).
Dunque la Cassazione parte dal presupposto (forse non più attuale...) che sia possibile per tutti ed in qualsiasi luogo reperire un lavoro, anche umilissimo, che garantisca un introito minimo. E, pertanto, in caso di disoccupazione, occorrerà verificare che tale situazione non derivi dalla condotta dell'obbligato che, per scelta, pigrizia o incapacità non si sia concretamente dato da fare per trovare un lavoro con cui fornire i mezzi di sussistenza ai propri figli.
In conclusione, ci sia consentita una osservazione: spesso queste situazioni prendono origine da separazioni fai-da-te o accordi consensuali poco meditati, ove sin da subito era evidente l'impossibilità (o comuque l'estrema difficoltà) dell'obbligato di far fonte agli impegni presi, ovvero il suo totale disinteresse per la prole. Problemi spesso evitabili affidandosi ai consigli di un legale che possa, sin da subito, informare i genitori dei loro diritti e obblighi e suggerire la soluzione più equa possibile, nell'interesse preminente dei figli minori, interesse che deve rappresentare sempre e comunque la stella polare per qualsiasi decisione che riguardi la famiglia.
Avv. Patrizio Paolo Palermo
www.studiopalermomartini.it
I diritti dei figli trovano tutela non solo in campo civile, ma anche penale: il nostro legislatore ha previsto, infatti, un'apposita fattispecie, ossia l'art. 570 c.p., che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Tale articolo prevede tre tipi di condotte.
La prima punisce chi "abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale familiare, si sottrae agil obbighi di assistenza inerenti alla responsabità genitoriale".
La seconda consiste nel fatto di chi "malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge".
La terza, quella di gran lunga più ricorrente nella prassi, riguarda colui che "fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, agli inabili al lavoro, agli asendenti ovvero al coniuge non separato per colpa".
Ma cosa si intende per mezzi di sussistenza?
In tale nozione, che è diversa da quella civilistica di alimenti e mantenimento, vanno ricompresi non solo i mezzi indispensabili pre la sopravvivenza (vitto, alloggio), ma anche le risorse che consentano di soddisfare, anche in misura minima, la necessità della vita quotidiana, come, ad esempio, abbigliamento, istruzione, trasporto, comunicazione, ecc..
Tale obbligo, dunque, è più limitato rispetto a quello di corrispondere il mantenimento stabilito dal Giudice in sede civile, essendo necessario che, a causa della condotta del genitore, il minore versi in stato di bisogno, ossia gli siano fatti mancare i mezzi indispensabili per la sua sopravvivenza, seppur nell'accezione ampia già sopra ricordata.
Quindi, nel caso di mancato pagamento da parte del coniuge di quanto stabilito dal Giudice civile (es. della separazione o del divorzio), in sede penale dovrà essere valutato caso per caso se, da un lato, a tale inadempimento corrisponda come effetto quallo di far mancare al minore i mezzi minimi di sussitenza.
Dall'altro lato, dovrebbe essere parimenti accertata la concreta capacità del genitore di fornire al minore questi mezzi minimi, posto che l'assoluto stato di indigenza dell'obbligato, operando come una vera e propria esimente, dovrebbe far venir meno il reato, secono il principio "ad impossibilia nemo tenetur" (nessuno è tenuto a fare l'impossibile).
Ma occorre sin da subito precisare che, per far venir meno questo reato, l'incapacità economica del genitore deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
In punto, la più recente giurisprudenza ha adottato una lettura particolarmente severa, ritenendo che non basti il mero stato di disoccupazione dell'obbligato, ma che occorra prova sia dell'assoluta assenza di introiti di altro tipo (per es. risparmi, rendite derivanti da altri beni personali come immobili concessi in locazione, lavoro in nero....) sia del fatto che tale stato non derivi da sua colpa (da ultimo, Cass., sez. VI, 39411/2017).
Dunque la Cassazione parte dal presupposto (forse non più attuale...) che sia possibile per tutti ed in qualsiasi luogo reperire un lavoro, anche umilissimo, che garantisca un introito minimo. E, pertanto, in caso di disoccupazione, occorrerà verificare che tale situazione non derivi dalla condotta dell'obbligato che, per scelta, pigrizia o incapacità non si sia concretamente dato da fare per trovare un lavoro con cui fornire i mezzi di sussistenza ai propri figli.
In conclusione, ci sia consentita una osservazione: spesso queste situazioni prendono origine da separazioni fai-da-te o accordi consensuali poco meditati, ove sin da subito era evidente l'impossibilità (o comuque l'estrema difficoltà) dell'obbligato di far fonte agli impegni presi, ovvero il suo totale disinteresse per la prole. Problemi spesso evitabili affidandosi ai consigli di un legale che possa, sin da subito, informare i genitori dei loro diritti e obblighi e suggerire la soluzione più equa possibile, nell'interesse preminente dei figli minori, interesse che deve rappresentare sempre e comunque la stella polare per qualsiasi decisione che riguardi la famiglia.
Avv. Patrizio Paolo Palermo
www.studiopalermomartini.it
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