Obbligo di correttezza e responsabilità della P.A.


L'Amministrazione ha un dovere di correttezza verso il privato che può dare luogo a responsabilità precontrattuale e al conseguente risarcimento danni
Obbligo di correttezza e responsabilità della P.A.
Il cittadino ha un vero e proprio "diritto alla correttezza" nei confronti dell’amministrazione. Questa l’affermazione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 14 marzo 2018, n. 5, a proposito della tradizionale concezione secondo cui l’amministrazione non è considerata responsabile per la mancata conclusione di un contratto con l’impresa che si aggiudica la gara, o per un ritardo nella gestione del bando, oppure ancora per l’annullamento o la revoca degli atti di gara dettati dall’aver ravvisato dei vizi negli stessi.
L’Adunanza plenaria ha infatti ritenuto che in questi casi possa configurarsi una violazione del dovere di correttezza e di buona fede oggettiva da parte dell’amministrazione, che dovrà dunque assumersi la propria "responsabilità precontrattuale".
L’obbligo di correttezza vale non solo durante la fase delle trattative contrattuali e, in seguito, rispetto agli obblighi contrattuali, ma a prescindere dal fatto che la scorrettezza sia commessa anteriormente alla pubblicazione del bando di gara, oppure intervenga nel corso della procedura di gara, come pure a prescindere dal fatto che sia già stata aggiudicata la gara o che siano state avviate delle trattative con l’ente pubblico.
Si tratta, in sostanza, di un principio di carattere generale, che deve essere applicato anche all’attività autoritativa procedimentalizzata dell’amministrazione, vale a dire laddove il privato abbia presentato all’amministrazione una richiesta ampliativa della propria sfera giuridica soggettiva (ad es. chiedendo il rilascio di autorizzazioni, concessioni, licenze, nulla-osta).
Anche l’amministrazione, dunque, è tenuta al rispetto del dovere di correttezza sancito dall’art. 1337 cod. civ. e questo a prescindere dal fatto che tecnicamente siano o meno in corso le "trattative" per la "formazione del contratto" cui fa riferimento tale norma.
Il cittadino, infatti, fa particolare affidamento su quella che sarà la condotta dell’amministrazione, da cui "si aspetta uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento", tanto da avere in proposito un vero e proprio diritto soggettivo finalizzato "alla tutela della libertà di autodeterminazione negoziale, cioè di quel diritto (espressione a sua volta del principio costituzionale che tutela la libertà di iniziativa economica) di autodeterminarsi liberamente nelle proprie scelte negoziali".
Anche il semplice ritardo nell’adozione del provvedimento, infatti, può generare una situazione di incertezza in capo al privato, inducendolo a scelte negoziali (a loro volta fonte di perdite patrimoniali o mancati guadagni) che non avrebbe compiuto se avesse tempestivamente ricevuto, con l’adozione del provvedimento nel termine previsto, la risposta dell’amministrazione.
La violazione del dovere di lealtà e correttezza è dunque causata da un comportamento dell’ente pubblico, e non da un provvedimento: quest'ultimo potrebbe anche essere di per sé valido, ma se adottato in ritardo rappresenta comunque un comportamento scorretto, in quanto genera incertezza, interferendo illecitamente sulla libertà negoziale del privato, eventualmente arrecandogli ingiusti danni patrimoniali.
Perché sussista la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione occorre dunque valutare di volta in volta in concreto se si è di fronte a una condotta complessivamente superficiale, violativa degli obblighi di trasparenza e di attenzione.
In proposito, non è sufficiente che il privato dimostri, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, la propria buona fede soggettiva (vale a dire che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorre la puntuale verifica dell’esistenza dell’affidamento incolpevole, da valutare in base ai seguenti presupposti:
a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;
b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;
c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione. In sostanza occorre dimostrare come il comportamento scorretto dell’amministrazione abbia rappresentato la condicio sine qua non della scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico di chi chiede il risarcimento. In altri termini, il privato deve fornire la prova che quelle scelte negoziali non sarebbero state compiute ove l’amministrazione si fosse comportata correttamente.
Senza dimenticare che il dovere di correttezza è reciproco e grava, quindi, anche sul privato nei confronti dell’amministrazione.

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di Studio Legale Prof. Avv. Valentina Sessa

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