Obbligo di mantenimento anche in stato di disoccupazione


La perdita della capacità lavorativa del coniuge obbligato a versare l’assegno di mantenimento deve essere dettata da ragioni a lui non imputabili
Obbligo di mantenimento anche in stato di disoccupazione
Non basta essere disoccupati per essere esonerati dall’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento. Lo stato di disoccupazione non è un elemento sufficiente per non erogare all’ex coniuge quanto dovuto. Occorre dimostrare che lo stato di indigenza, dovuto alla cessazione di un introito finanziario a causa della perdita del lavoro, sia legato a una perdita di capacità lavorativa per ragioni non imputabili all’ex coniuge obbligato.

Una prima precisazione da fare in tale ambito è la differenza tra alimenti e assegno di mantenimento: sono due concetti differenti che soggiacciono a logiche diverse da non confondere tra di loro. L’obbligo alimentare è disciplinato dal titolo XIII, libro primo del Codice civile, artt. 433 e segg. e prevede l’obbligo di garantire all’ex coniuge che si trovi in stato di indigenza o povertà lo stretto necessario per la sua sussistenza. Il mantenimento, invece, ingloba l’erogazione di un assegno che permetta all’ex coniuge, che non abbia adeguati redditi propri, di conservare lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio prima della separazione (art. 156 c.c.), a meno che non sia addebitabile della separazione.

Tornando all’obbligo del mantenimento, questo è efficace dal momento in cui l’ex coniuge lo richiede tramite apposita domanda. Se l’ex coniuge obbligato non eroga quanto dovuto, possono essere avviate nei suoi confronti le procedure esecutive di sequestro dei beni o di pignoramento dello stipendio o della pensione. Ciò è vero anche quando l’obbligato versa in condizioni economiche critiche quali lo stato di disoccupazione. La perdita o la mancanza del lavoro, cioè, non mette al riparo l’ex coniuge dalle pene previste per la violazione degli obblighi di mantenimento.
Tutt’al più, in caso di difficoltà economiche, l’ammontare dell’assegno di mantenimento può essere rivisto al ribasso o revocato tramite provvedimento, ma non può essere sospeso arbitrariamente dall’ex coniuge obbligato.

Sono numerose le sentenze di merito che confermano l’obbligo di mantenimento anche in stato di disoccupazione, a meno che la perdita di capacità lavorativa sia dettata da cause non imputabili all’obbligato.

In quest’ottica, colui che si licenzia senza ricercare un nuovo lavoro e non è affetto da alcuna patologia che gli precluda lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa non è esonerato dal versamento dell’assegno di mantenimento (Trib. Genova 20/2/2004, n. 509).

Anche il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 13466 del 4/6/2004, avvalora tale tesi e aggiunge il principio della necessità della prova dell’impossibilità di adempiere, sia pure parzialmente, all’obbligazione, pena la sussistenza del reato per violazione dell’obbligo di mantenimento.

Anche tra le sentenze di legittimità si legge che l’incapacità economica dell’obbligato dev’essere assoluta e incolpevole, e da questi rigorosamente provata (Cass. 19/5/2005, n. 32540). E ancora, che il fallimento dell’obbligato non è sufficiente ad escludere il reato, dovendo egli dimostrare di essere stato privato di tutti i suoi mezzi economici e di non essere in grado di sopperire alla privazione con una diversa attività. (Cass. 8/7/2004, n. 37137).

In conclusione, lo stato di disoccupazione non è presupposto sufficiente, da solo, per non versare quanto dovuto all’ex coniuge a titolo di assegno di mantenimento, ma deve essere accompagnato dalle condizioni di impossibilità a svolgere un’attività lavorativa per cause oggettive e indipendenti dall’obbligato.
Un ultima precisazione al riguardo. Nel caso in cui l’obbligato, a fronte della riduzione della sua capacità reddituale, richieda che sia diminuito l’ammontare o che sia revocato l’assegno di mantenimento, e la sua domanda venga accettata, non può però richiedere le somme in più già erogate all’ex coniuge fino al momento in cui il provvedimento non sia passato in giudicato così come non può essere costretto a versare le somme che avrebbe dovuto versare (Cass. 10/12/2008, n. 28987).

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di Avv. Peppino Basile

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