Obbligo giuridico di buonafede e disponibilità a rinegoziare


Rinegoziazione dei contratti di locazione e obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede. L'abuso del diritto alla prestazione da parte del creditore
Obbligo giuridico di buonafede e disponibilità a rinegoziare

Ricadute della pandemia sui contratti

La pandemia ha sovvertito e disallineato gli equilibri contrattuali. Non c’è rapporto giuridico che non abbia subito uno scossone: il rischio di non poter adempiere alle obbligazioni assunte è diventato globale. Ad eccezione dei contratti internazionali, quelli stipulati in Italia e che producono ed esauriscono i loro effetti all'interno dei nostri confini, di rado contengono clausole che impongono alle parti di ridiscutere le condizioni per addivenire ad un nuovo equilibrio contrattuale quando quello iniziale si riveli compromesso da avvenimenti straordinari, imprevedibili e sopravvenuti, come può essere una pandemia.

La disciplina dettata dal codice civile per i singoli contratti tipici, non sempre prevede clausole correttive. Se ne trovano nell’appalto (art. 1664 cc), nella compravendita (art. 1492 cc), nell’affitto d’azienda (art. 1623 cc) nella somministrazione (artt. 1560 e 1561 cc) ma non nella locazione se si esclude l’art. 1578 che riguarda più propriamente i vizi della cosa.

La disciplina generale dei contratti, invece, fornisce strumenti utili ma non privi di criticità. Si pensi alla eccessiva onerosità sopravvenuta così come ai diversi profili di impossibilità sopravvenuta parziale e temporanea.

Le locazioni ad uso commerciale sono oggi tra i contratti più a rischio di inadempimento perché colpiti dalle norme della decretazione d’urgenza che hanno imposto il lockdown di molte attività.

Ecco, quindi, che in assenza di accordi tra le parti e di disposizioni di legge che impongono una rimodulazione delle condizioni, il creditore della prestazione si pone il dubbio, legittimo, di valutare se e in che misura sia tenuto a andare incontro alle necessità del debitore.

 

La buona fede

Riesumato dalle pieghe del codice civile, questo principio è destinato ad avere vita nuova ed a rivelarsi estremamente utile per affrontare l’emergenza dei contratti. La buona fede è una regola di comportamento che impone alle parti di agire secondo lealtà e correttezza sia al momento delle trattative sia, successivamente, durante l’esecuzione del contratto.

Espressione del vincolo di solidarietà che trova la sua fonte nei principi generali della Costituzione della Repubblica (art. 2), questa norma di condotta integra il contenuto delle obbligazioni assunte dalle parti e ne completa la portata dei diritti/doveri ad esse ricollegati.

Dopo un iniziale contrasto, oggi tanto la giurisprudenza di legittimità quanto quella di merito si sono espresse affermando che la buona fede è un vero e proprio dovere giuridico la cui violazione integra inadempimento contrattuale e impone il risarcimento del danno procurato. Se l’inadempimento è grave, la violazione di tale dovere giuridico può portare alla risoluzione del contratto.

 

Applicazione pratica del principio di buona fede

Rientra nel concetto di buona fede contrattuale il comportamento del creditore (locatore) chiamato a non esigere dal debitore (conduttore) una prestazione divenuta oggettivamente impossibile o eccessivamente onerosa sia sotto il profilo personale sia sotto il profilo contrattuale.

Vi rientra anche l’obbligo legale del locatore di non rifiutare la proposta di modifica delle condizioni contrattuali se l’offerta avanzata dal conduttore è finalizzare al riequilibrio degli interessi contrapposti alterati da eventi sopravvenuti. Ignorare questa regola di condotta quando l’opposta esigenza non appare pretestuosa e defatigatoria, diventa un abuso del diritto alla prestazione da parte del creditore.

Un’ultima importante considerazione: se da un lato si può affermare l’esistenza dell'obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede e, così pure, di non abusare del diritto alla prestazione, non altrettanto si può fare circa l’obbligo di addivenire ad una rinegoziazione.

Ed invero, anche il debitore della prestazione deve comportarsi secondo buona fede pertanto se la condotta di quest’ultimo si rivelasse speculativa ed opportunista e la trattativa non dovesse concludersi positivamente, il comportamento del creditore non potrà essere oggetto di alcuna contestazione.

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di Avv. Angela Poggi

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