Oblazione o indebito arricchimento dell'erario?
Negli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate tra le modalità di definizione degli stessi viene richiamato l’art. 17 del Decreto Legislativo n. 472/97 intitolato “ Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni tributarie” il quale, al secondo comma prevede “È ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso”
In sostanza, specie con riguardo ad accertamenti motivati da questioni di diritto la cui soluzione si presta a diverse interpretazioni, il contribuente può decidere di attenersi a tale disposizione con l’intento di ottenere un risparmio della sanzione, nell’ipotesi di soccombenza nei giudizi dinanzi le Commissioni Tributarie.
Tanto anche in considerazione di quanto previsto dal sesto comma dell’art. 19 (Esecuzione delle sanzioni) del medesimo D.Lgs. 472/97 il quale prevede che “ Se in esito alla sentenza di primo o di secondo grado la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l’ufficio deve provvedere al rimborso ai sensi dell’art. 68 comma 2 del D,Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546”.
Tuttavia, dopo aver richiamato il citato art. 17, gli Uffici avvertono che “le sanzioni versate in misura ridotta non potranno essere poi rimborsate”. E questo non per effetto di una disposizione di legge bensì di una risposta ad uno specifico quesito riportato nella Circolare n. 12 del 12 .03.2010. Il quesito formulato era il seguente:
“L'art. 17 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 consente al contribuente il pagamento delle sanzioni collegate al tributo in misura ridotta entro il termine di proposizione del ricorso. Tale facoltà viene puntualmente evidenziata nell'avviso di accertamento. Il contribuente può quindi pagare le sanzioni (in misura ridotta) ma impugnare la pretesa impositiva da cui scaturiscono le sanzioni.
Nel caso in cui all'esito del ricorso avverso il tributo la Commissione tributaria rettifica a favore del contribuente la pretesa dell'Ufficio, è possibile richiedere la restituzione delle sanzioni a suo tempo versate e, all'esito della sentenza, risultanti in eccedenza? Tenendo presente che in tema di esecuzione delle sanzioni a norma dell'art. 19, comma 6, del medesimo D.Lgs. n. 472 del 1997 viene previsto che "se in esito alla sentenza di primo o di secondo grado la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l'Ufficio deve provvedere al rimborso entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza".
La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate era la seguente:
“La definizione agevolata della sanzione - attraverso il versamento in misura ridotta entro il termine per proporre ricorso - determina l'estinzione della potenziale controversia afferente la contestata violazione delle norme tributarie con l'effetto che colui che se ne è avvalso non potrà invocare l'esito positivo dell'eventuale contenzioso radicatosi in ordine alla violazione sottesa alla sanzione definita.
Quindi, nell'ipotesi in cui il contribuente abbia versato il quarto della misura afflittiva connessa ad una pretesa impositiva e, contestualmente, abbia adito il Giudice tributario per contestare la maggiore imposta richiesta, la sentenza che dovesse definire il giudizio, negando la sussistenza della violazione, non darebbe comunque titolo alla ripetizione di quanto percepito dall'Ente impositore in base alla definizione agevolata della sanzione, stante l'intangibilità della definizione stessa”.
Per motivare tale assunto veniva richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione. In proposito veniva,infatti, riportato che “relativamente all'analoga procedura di definizione agevolata delle sanzioni di cui all'abrogato art. 58, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. I giudici di legittimità hanno infatti affermato che "il versamento previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, comma 4, - integrando esercizio di una facoltà del contribuente, con pagamento di una percentuale della pena massima edittale senza alcun collegamento con la sanzione pecuniaria in concreto irrogata - presenta i connotati dell'oblazione o definizione agevolata, per prevenire od elidere ogni contesa sull'an ed il quantum della sanzione medesima e così si sottrae ad ogni possibilità di ripetizione, in conseguenza della non sindacabilità dei presupposti di detta irrogazione”.
Dello stesso avviso era poi la sentenza della Corte di Cassazione n. 25493 del 13.11.2013 che, con riferimento ad un giudizio relativo al mancato rimborso dell’importo versato ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. 472/1997, riproponeva la irrepetibilità di tale versamento, ritenendolo effettuato a titolo di oblazione e di definizione della contestazione delle sanzioni applicate dall’ufficio.
In realtà questa sentenza riguardava il pagamento della sanzione in misura agevolata con la successiva prosecuzione del giudizio sul tributo conclusosi, dopo l’appello presso la Commissione Tributaria Regionale, con l’applicazione del condono fiscale ai sensi della legge 289/2002.
È evidente che, una volta attivata una procedura di sanatoria fiscale per il tributo, ne consegue che la definizione agevolata della sanzione, in concreto, non connessa al condono ma frutto di una scelta autonoma prima del condono, comporta che tale versamento non potrebbe essere rimborsato.
Diverso è invece il caso in cui, dopo aver aderito al pagamento della sanzione in forma agevolata, ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 472/72, il giudizio di merito si concluda con la definitiva pronunzia di annullamento dell’avviso di accertamento e conseguentemente di non debenza di quanto richiesto. Tanto soprattutto allorchè oggetto del contendere sia l’interpretazione di una norma tributaria con il giudizio finale favorevole al contribuente. In sostanza, in questo caso, il pagamento della sanzione in misura ridotta avviene solo in via cautelativa, nell’incertezza della interpretazione finale della norma, ma, ove questa venga confermata in senso conforme alla posizione del contribuente e quindi venga ribadita la non debenza delle imposte richieste, viene meno anche il diritto a percepire le relative sanzioni come ben specificato nel citato art. 19 comma 6 del D.Lgs. 472/1997.
Diversamente interpretando si verificherebbe l’ipotesi di indebito arricchimento da parte dell’Erario per la riscossione, senza restituzione, di una somma di fatto non dovuta.
Domenico Montemurno
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