Olismo: il nuovo alfabeto della Salute (parte II)
Il Mondo delle Tecniche Naturali, della Naturopatia con il loro linguaggio seduttivo e alternativo fino a che punto è veramente qualcosa di nuovo?
Esiste la possibilità reale,
profonda di un percorso psichico? Ancora Hillman, citando Picasso, ne ricorda una frase "Io non evolvo, io sono!" (4). E questo mi ricorda dei disegni visti alla mostra di Picasso a Venezia,
anni fa; in alcuni ritornava lo strano volto di Eric Satie, il compositore che chiamava "Gymnopedìe" brani musicali che non vanno mai da nessuna parte, ciclici, rindondanti, ossessivi come la sua giornata di inizio secolo. Nel momento in cui la Psicologia "muove" i suoi primi passi e, immaginando la propria crescita in quanto disciplina scientifica, si affanna alla scoperta degli
stadi di sviluppo cognitivo, psicosessuale ecc, l’Arte scopre ai suoi massimi livelli l’immodificabilità o, come direbbe il Venerabile Jorge de "Il Nome della Rosa", l’Eterna Ricapitolazione (5).
Stiamo correndo come pazzi da un secolo e più dietro alle ferite nostre e dei nostri pazienti; dove vogliamo portarle? E perché abbiamo cominciato a credere che trasformare fosse uguale a guarire? Nuovi farmaci, nuovi stili di vita, nuove tecniche. Mi chiedo come questo possa non essere una "nuova" aspettativa. E in che cosa possiamo trasformare ciò che, con Bukowski (6), è già costretto ad essere qualcosa, fin dall’inizio se il più delle volte nemmeno ne siamo consapevoli? Siamo sempre stati nello stesso luogo e la terapia mi appare come il luogo dell’edificazione del nostro proprio trono sull’insondabile abisso delle nostre ferite. Uno scanno di massaggi Shiatsu o di Fiori di Bach non illudano che quell’abisso divenga più leggibile, più chiaro. Mi trovo d’accordo con Morelli quando dice che la Psicoterapia è il luogo in cui si apprende a perdere; io aggiungo che questo vale sia per il Paziente che per il Terapeuta. Mi dico, ascoltando i miei pazienti; invecchia, cedi alle tue sofferenze, trova quella posizione in cui il tuo corpo diviene una statua, siedi lì, accanto a te stesso, non fisso ma "estratto" da te stesso, da quello che credi di essere. Ancora con Hillman si può dire che soprattutto oggi <<crescere [è] cioè discendere>> (7).
OLISMO E SINCRONICITA'
Sincronicità è riconnettere la nostra psiche anche con le parti non "sue", su ciò che sta fuori da quel luogo in cui l’abbiamo esiliata, il "dentro" di ognuno di noi. Paradossalmente, riscoprendo il Corpo, l’Olismo riabilita tutto ciò che avevamo creduto essere non psichico. La Psiche Olistica è il momento infinito di un fisico abbraccio con la nostra interezza.
"Per quanto tu cammini e percorra ogni strada, non potrai raggiungere i confini dell’anima, tanto è profondo il suo lògos"(8). Abbiamo letteralizzato Eraclito e abbiamo sovrapposto, nella nostra vita di tutti i giorni, <<profondità>> e <<interiorità>>. Abbiamo fatto sprofondare ciò che forse intende "estendersi", allargarsi; il corpo non interiorizza, cammina.
Già Natoli scriveva che la felicità è qualcosa che per lo più percepiamo come una "illimitata espansione" (9), ovvero come quel movimento dell’anima che abbraccia un orizzonte piuttosto che scrutare un abisso. Ricordo il replicante di Blade Runner (10); pochi istanti prima di morire, di giungere alla "data di dismissione", salva la vita del proprio cacciatore, del proprio killer. L’Anima non si riconosce forse nella vita dell’Altro, nellavita che l’Altro è?
I Saggi l’hanno ripetuto; la Legge è una. Quando muori alla tua nasci a quella della vita. Se la Psiche è estensione allora ogni potere, che è dato da un confine, dal solco che divide, ogni esercizio della Psiche come dominio dei fatti psichici non può che confinarci in quegli eventi che dominiamo. Ogni dominio è un puro ribadire l’esistente compreso tra un recente passato ed un immediato futuro; scopi che realizzano ogni sogno, oggetti che divengono semplici mezzi.
La vita, hanno notato i Biologi (11), produce incessantemente mutazioni, novità che poi seleziona; in questo sta la sua infinità vitalità. Mi tornano in mente le parole di E. Morin "L’unica
conoscenza che valga è quella che si alimenta di incertezza e il solo pensiero
che vive è quello che si mantiene alla temperatura della propria distruzione" (12).
(CONTINUA)
profonda di un percorso psichico? Ancora Hillman, citando Picasso, ne ricorda una frase "Io non evolvo, io sono!" (4). E questo mi ricorda dei disegni visti alla mostra di Picasso a Venezia,
anni fa; in alcuni ritornava lo strano volto di Eric Satie, il compositore che chiamava "Gymnopedìe" brani musicali che non vanno mai da nessuna parte, ciclici, rindondanti, ossessivi come la sua giornata di inizio secolo. Nel momento in cui la Psicologia "muove" i suoi primi passi e, immaginando la propria crescita in quanto disciplina scientifica, si affanna alla scoperta degli
stadi di sviluppo cognitivo, psicosessuale ecc, l’Arte scopre ai suoi massimi livelli l’immodificabilità o, come direbbe il Venerabile Jorge de "Il Nome della Rosa", l’Eterna Ricapitolazione (5).
Stiamo correndo come pazzi da un secolo e più dietro alle ferite nostre e dei nostri pazienti; dove vogliamo portarle? E perché abbiamo cominciato a credere che trasformare fosse uguale a guarire? Nuovi farmaci, nuovi stili di vita, nuove tecniche. Mi chiedo come questo possa non essere una "nuova" aspettativa. E in che cosa possiamo trasformare ciò che, con Bukowski (6), è già costretto ad essere qualcosa, fin dall’inizio se il più delle volte nemmeno ne siamo consapevoli? Siamo sempre stati nello stesso luogo e la terapia mi appare come il luogo dell’edificazione del nostro proprio trono sull’insondabile abisso delle nostre ferite. Uno scanno di massaggi Shiatsu o di Fiori di Bach non illudano che quell’abisso divenga più leggibile, più chiaro. Mi trovo d’accordo con Morelli quando dice che la Psicoterapia è il luogo in cui si apprende a perdere; io aggiungo che questo vale sia per il Paziente che per il Terapeuta. Mi dico, ascoltando i miei pazienti; invecchia, cedi alle tue sofferenze, trova quella posizione in cui il tuo corpo diviene una statua, siedi lì, accanto a te stesso, non fisso ma "estratto" da te stesso, da quello che credi di essere. Ancora con Hillman si può dire che soprattutto oggi <<crescere [è] cioè discendere>> (7).
OLISMO E SINCRONICITA'
Sincronicità è riconnettere la nostra psiche anche con le parti non "sue", su ciò che sta fuori da quel luogo in cui l’abbiamo esiliata, il "dentro" di ognuno di noi. Paradossalmente, riscoprendo il Corpo, l’Olismo riabilita tutto ciò che avevamo creduto essere non psichico. La Psiche Olistica è il momento infinito di un fisico abbraccio con la nostra interezza.
"Per quanto tu cammini e percorra ogni strada, non potrai raggiungere i confini dell’anima, tanto è profondo il suo lògos"(8). Abbiamo letteralizzato Eraclito e abbiamo sovrapposto, nella nostra vita di tutti i giorni, <<profondità>> e <<interiorità>>. Abbiamo fatto sprofondare ciò che forse intende "estendersi", allargarsi; il corpo non interiorizza, cammina.
Già Natoli scriveva che la felicità è qualcosa che per lo più percepiamo come una "illimitata espansione" (9), ovvero come quel movimento dell’anima che abbraccia un orizzonte piuttosto che scrutare un abisso. Ricordo il replicante di Blade Runner (10); pochi istanti prima di morire, di giungere alla "data di dismissione", salva la vita del proprio cacciatore, del proprio killer. L’Anima non si riconosce forse nella vita dell’Altro, nellavita che l’Altro è?
I Saggi l’hanno ripetuto; la Legge è una. Quando muori alla tua nasci a quella della vita. Se la Psiche è estensione allora ogni potere, che è dato da un confine, dal solco che divide, ogni esercizio della Psiche come dominio dei fatti psichici non può che confinarci in quegli eventi che dominiamo. Ogni dominio è un puro ribadire l’esistente compreso tra un recente passato ed un immediato futuro; scopi che realizzano ogni sogno, oggetti che divengono semplici mezzi.
La vita, hanno notato i Biologi (11), produce incessantemente mutazioni, novità che poi seleziona; in questo sta la sua infinità vitalità. Mi tornano in mente le parole di E. Morin "L’unica
conoscenza che valga è quella che si alimenta di incertezza e il solo pensiero
che vive è quello che si mantiene alla temperatura della propria distruzione" (12).
(CONTINUA)
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