Olismo: il nuovo alfabeto della Salute (parte IV)


Il Mondo delle Tecniche Naturali, della Naturopatia con il loro linguaggio seduttivo e alternativo fino a che punto è veramente qualcosa di nuovo?
Olismo: il nuovo alfabeto della Salute (parte IV)
Ma ci sentiamo mai nomadi della nostra vita? Qualche tempo fa, in un incontro sull’alimentazione, un Omeopata mi parlava delle sue ricerche a proposito della dieta basata sul gruppo sanguigno; lo ricordo vegetariano, bello pasciuto, gioviale. Dopo aver "scoperto" la sua matrice di "cacciatore" ha reintrodotto la carne nella sua dieta. L’ho ritrovato inquieto, dimagrito, col fuoco negli occhi. C’è un gruppo sanguigno "nomade"? E come si alimenta, di quali suoni si nutre, con quali immagini coltiva l’anima? Questa è una posizione Olistica che dovrebbe portarmi a considerare che la Psicoterapia non può più restringere il proprio campo ai fatti "psichici" ma allargarsi all’alimentazione, al massaggio, all’uso di piante ed erbe medicinali? Io ritengo di si. Un dubbio mi rimane; è un’alfabetizzazione? Rieducarci a ciò che istintivamente sappiamo non è inevitabilmente un ritornare ancora a scuola? Stiamo deportando interessi verso una nuova meta ideale? Come riuscire a sapere di essere in sintonia con un momento più ampio che l’interesse per l’Olismo sta facendo emergere? Ma forse questa è ancora la fame di sicurezza di cui la nostra mente soffre cronicamente. Digiunare è forse già una via all’Olismo.

La "scapicollatrice" non può essere incontrata con una pura tecnica; se è vero che il nome è la creazione, la nascita (Verbum Caro facto est) allora la nostra capacità di nominare deve essere legata alla possibilità di fare incontri significativi. Siamo sempre stati lungo la strada per dare il nome alla nostra vita; la terapia può essere il luogo in cui abbeverarsi al proprio nome o in cui scattare l’ennesima foto ricordo.

Ecco, Olismo è per me, ora, anche comprendere che fare psiche, fare anima come direbbe Hillman (14), non è occupare la fovea della nostra coscienza con strumenti psicologici o psicologizzati più o meno riconosciuti. E’ piuttosto impregnarne la periferia di presenze altre, di nomi altri, non occuparla di altre tecniche. La presenza di aromi, di cibi, di contatti, di erbe, di colori che ogni campo è. L’occhio è il terreno in cui l’anima depone i suoi germi; una visione imperniata sulla fovea uccide la vita che per sua natura brulica alla periferia dei nostri convincimenti; così come ogni immagine "fissa" scolora sulla retina e scompare.
J.Hillman (15) sostiene che la terapia è il luogo della canalizzazioni, del costruire passaggi, comunicazioni, vasi, condutture verso un Sé << che preferirei definire....come interiorizzazione della comunità....allora i confini tra me e l’altro sarebbero molto meno definiti. Sarei con me stesso quando sono con gli altri.....Non sarei con me stesso quando sto passeggiando da solo, o quando sto meditando, oppure quando, nella mia stanza, mi dedico all’immaginazione o al lavoro sui miei sogni.....per come la vedo io [il Sé] è qualcosa di più ecologico, o per lo meno più animistico. Un campo psichico. E se io non sono in un campo psichico con gli altri - con la gente, con gli edifici, gli animali e le piante- io non sono>>. Il terapeuta immaginato dall’Olismo non può allora che essere anche un terapeuta-talpa!!! In questa metafora animata muore il senso di una terapia tutta votata alla visione-scopica, perché nasca qualcosa di più vicino all’azione, al senso cenestesico che le SEGUE/ACCOMPAGNA piuttosto che di anticipato dalle pre-visoni. << Penso che la terapia abbia fatto un errore filosofico con il credere che la cognizione preceda la volizione, che il conoscere, preceda il fare, l’azione. Io non credo che sia così. Credo che la riflessione debba venire sempre dopo l’evento.>> (16). Ma soprattutto mi sembra necessario "vedere" che ogni galleria, ogni comunicazione tra dati prima scollegati nella mia coscienza tende al tempo stesso a minare ogni solida certezza ed a stabilire un nuovo piano di osservazione. Se penso alla talpa, ogni coscienza diviene l’esatto opposto di quanto immaginò Freud; più che lembo di terra strappato al "mare magnum" dell’inconscio, mi appare come il vuoto improvviso tra le terre emerse e gli abissi insondabili, tra il nostro cavitare la vita ed il nostro tenace coltivarla.

(CONTINUA)

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di Mario Bianchini Psicologo Psicoterapeuta

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