Omesso versamento dei contributi previdenziali


Come tutelarsi se il datore di lavoro non ha versato i contributi del lavoratore
Omesso versamento dei contributi previdenziali
In linea di principio si può affermare come il lavoratore conservi inalterato il proprio diritto alla pensione anche qualora il datore di lavoro non abbia versato la totalità dei contributi maturati.
L'articolo 2116 del codice civile, infatti, al primo comma, sancisce che le prestazioni di previdenza e di assistenza obbligatorie sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi.
Il principio generale enunciato dal legislatore, tuttavia, non trova applicazione laddove l'obbligo del versamento gravante in capo al datore di lavoro si sia prescritto.
In tale ipotesi, infatti, l'INPS, non potendo più rivalersi sull'imprenditore di quanto comunque corrisposto al dipendente nonostante l'inadempimento del datore di lavoro, nega al lavoratore stesso le prestazioni di previdenza ed assistenza.
Per quanto innanzi, il dipendente, ritenendo che il datore di lavoro non stia versando con regolarità i contributi, dovrà verificare presso l'INPS la propria posizione contributiva e, accertate eventuali mancanze, segnalare tempestivamente l'omissione all'istituto, il quale ne verificherà a sua volta l'effettività e, se del caso, si attiverà per la riscossione senza lasciar decorrere il termine di prescrizione.
In ogni caso, va segnalato come l'imprenditore rimanga non di meno responsabile nei confronti del dipendente del danno a lui arrecato con il suo comportamento negligente.
Sempre l'articolo 2116 del codice civile, infatti, sancisce, al secondo comma, che nei casi in cui le istituzioni di previdenza e di assistenza non siano tenute a corrispondere anche solo parzialmente le prestazioni dovute, per mancata o irregolare contribuzione, l'imprenditore è responsabile del danno che ne sia derivato al prestatore di lavoro.
Ricorrendo siffatta ipotesi, il lavoratore potrà tutelare i propri diritti dando ingresso ad una azione giudiziaria ovvero presentando domanda di riscatto.
In ipotesi di azione giudiziaria il lavoratore danneggiato potrà convenire in giudizio il datore di lavoro per addivenire al risarcimento del danno, giusto il disposto codicistico sopra riportato che ha indicato l'imprenditore quale responsabile per la mancata contribuzione e, di conseguenza, del danno subito dal lavoratore.
Il dipendente, tuttavia, prima di intraprendere tale iniziativa, dovrà valutare, da un lato, i tempi di giustizia e gli oneri conseguenti, dall'altro, il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui tale azione può essere intrapresa solo allorché il danno per il lavoratore si sia manifestato concretamente, ossia soltanto quando costui avrà raggiunto l'età pensionabile (cfr. Cassazione Sezione Lavoro n. 20686 del 25 ottobre 2004, Pres. Prestipino, Rel. Cataldi).
Per quanto concerne l'altro possibile rimedio, consistente nella facoltà di presentare domanda di riscatto, il lavoratore deve presentare all'INPS una istanza volta ad addivenire al riscatto dei periodi scoperti da un punto di vista contributivo.
Percorrendo questa strada il lavoratore potrà addivenire al riconoscimento da parte dell'istituto di previdenza di una rendita di importo pari alla quota di pensione che sarebbe a lui spettata in base ai contributi omessi.
Anche siffatta soluzione, tuttavia, non risulta priva di risvolti negativi per il lavoratore e ciò in quanto lo stesso sarà normalmente chiamato ad effettuare ingenti versamenti al fine di sanare le irregolarità poste in essere dal proprio datore di lavoro.

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di Avv. Domenico D'Amato- Legnano (MI)

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