Omesso versamento di ritenute d'acconto
Questione di costituzionalità in ordine all`art. 10 Bis del D.LGS
74/2000 in violazione dell`art. 3 della Costituzione
74/2000 in violazione dell`art. 3 della Costituzione
Il presente scritto ha lo scopo di illustrare le ragioni per le quali dovrà essere dichiarato incostituzionale l’art. 10 bis del d. lgs 74/2000 in quanto lo stesso viola l’art. 3 della Costituzione nella parte in cui, limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento delle ritenute operate e risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti d’imposta per importi superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 50.000,00: soglia di impunibilità inferiore di quella prevista per il reato più grave di cui all’art. 5 d. lgs 74/2000 (euro 77.468,53).
I reati di natura tributaria, previsti dal decreto legislativo sopra menzionato, ancorano la rilevabilità penale del fatto solo al superamento di una determinata soglia di valore la quale, quindi, assume una importante funzione sia in ordine alle scelte politiche del legislatore che difensive del patrocinatore.
Infatti, nel caso in cui il contribuente ometta di versare quanto richiesto dall’Agenzia delle Entrate sarà dichiarato colpevole solo se tale violazione superi una somma ritenuta dal legislatore rilevante per essere sanzionata anche in sede penale.
A causa di tale tecnica normativa utilizzata e sopra meglio esposta, le fattispecie penali previste in materia tributaria sono state oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale.
Nello specifico, la Corte Costituzionale, con la sent. n. 80/2014, ha dichiarato incostituzionale l’art. 10 ter D. Lgs 74/2000, "nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38" in quanto "comportava una conseguenza palesemente illogica, nel caso in cui l’IVA dovuta dal contribuente si situasse nell’intervallo tra le due soglie (eccedente, cioè, i 50.000,00 euro, ma non i 77.468,53 euro). In tale evenienza, infatti, veniva trattato in modo deteriore chi avesse presentato regolarmente la dichiarazione IVA, senza versare l’imposta dovuta in base ad essa, rispetto a chi non avesse presentato la dichiarazione, evadendo del pari l’imposta. Nel primo caso, il contribuente avrebbe dovuto rispondere del reato di omesso versamento dell’IVA, stante il superamento della relativa soglia di punibilità; nel secondo sarebbe rimasto invece esente da pena, non risultando attinto il limite di rilevanza penale dell’omessa dichiarazione".
Lo scrivente ritiene che, quanto dedotto nella sentenza sopra citata, possa fondare le motivazioni per accogliere anche l’istanza di costituzionalità dell’art. 10 bis d. lgs 74/2000 in violazione dell’art. 3 Cost.
Infatti, l’art. 10 bis d. lgs 74/2000, rubricato "omesso versamento di ritenute certificate", punisce con la reclusione da sei mesi a due anni colui che "non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti".
Tale condotta è penalmente rilevante quando l’omissione del versamento è superiore ad euro 50.000,00.
Prima della riforma ad opera dell’art. 2 comma 36 - vicies semel, lettera f) del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 (ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) l’art. 5 del d. lgs n. 74/2000 puniva da uno a tre anni chiunque "al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro centocinquanta milioni (euro 77.468,53)".
Tale fattispecie di reato, quindi, anche se prevedeva una condotta più grave di quella prevista dall’art. 10 bis d. lgs 74/2000 era penalmente rilevante in presenza di una violazione superiore ad euro 77.468,53.
Quanto detto è confermato anche dal regime sanzionatorio previsto per i reati in esame: in specie l’omessa dichiarazione dei redditi prevede una pena edittale superiore di quella prevista per l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti.
Nel merito, altresì, si evidenzia che la condotta di colui il quale ometta di dichiarare i propri redditi configura una fattispecie maggiormente pregiudizievole per gli enti preposti al recupero degli importi.
Sul punto si palesa che l’elemento soggettivo del contribuente che violi l’art. 5 d. lgs 74/2000 miri apertamente ad evadere il quantum che avrebbe dovuto versare: infatti, nell’ipotesi in cui il contribuente avesse avuto una effettiva volontà elusiva nei confronti del fisco non avrebbe depositato una regolare dichiarazione dei redditi, sapendo che tale condotta avrebbe sicuramente comportato un procedimento penale in capo allo stesso.
Quindi, un soggetto che ha omesso di versare le ritenute rilasciate ai sostituti tra la soglia compresa da 50.000,00 euro a 77.469,53 euro, si trovava paradossalmente perseguito penalmente se ha depositato nei termini previsti ex lege la dichiarazione del modello 770 ma non ha versato la quota dovuta, al contrario di colui che ha addirittura omesso di presentare la dichiarazione agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Tale discrasia è stata recepita solo nel 2011.
In tale data, infatti, il legislatore ha modificato l’art. 5 d. lgs 74/2000 abbassando la soglia di rilevabilità penale del fatto ad euro 30.000,00.
Alla luce di quanto esposto si spera che, prima i giudici di merito e successivamente la Corte Costituzionale, recependo l’esigenza di riformare l’art. 10 bis d. lgs 74/2000, accolgano le motivazioni dedotte nel presente articolo e dichiarino la norma in esame incostituzionale.
(avv. Paolo Polato - dott. Antonio Emanuele D’Isa)
I reati di natura tributaria, previsti dal decreto legislativo sopra menzionato, ancorano la rilevabilità penale del fatto solo al superamento di una determinata soglia di valore la quale, quindi, assume una importante funzione sia in ordine alle scelte politiche del legislatore che difensive del patrocinatore.
Infatti, nel caso in cui il contribuente ometta di versare quanto richiesto dall’Agenzia delle Entrate sarà dichiarato colpevole solo se tale violazione superi una somma ritenuta dal legislatore rilevante per essere sanzionata anche in sede penale.
A causa di tale tecnica normativa utilizzata e sopra meglio esposta, le fattispecie penali previste in materia tributaria sono state oggetto di censura da parte della Corte Costituzionale.
Nello specifico, la Corte Costituzionale, con la sent. n. 80/2014, ha dichiarato incostituzionale l’art. 10 ter D. Lgs 74/2000, "nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38" in quanto "comportava una conseguenza palesemente illogica, nel caso in cui l’IVA dovuta dal contribuente si situasse nell’intervallo tra le due soglie (eccedente, cioè, i 50.000,00 euro, ma non i 77.468,53 euro). In tale evenienza, infatti, veniva trattato in modo deteriore chi avesse presentato regolarmente la dichiarazione IVA, senza versare l’imposta dovuta in base ad essa, rispetto a chi non avesse presentato la dichiarazione, evadendo del pari l’imposta. Nel primo caso, il contribuente avrebbe dovuto rispondere del reato di omesso versamento dell’IVA, stante il superamento della relativa soglia di punibilità; nel secondo sarebbe rimasto invece esente da pena, non risultando attinto il limite di rilevanza penale dell’omessa dichiarazione".
Lo scrivente ritiene che, quanto dedotto nella sentenza sopra citata, possa fondare le motivazioni per accogliere anche l’istanza di costituzionalità dell’art. 10 bis d. lgs 74/2000 in violazione dell’art. 3 Cost.
Infatti, l’art. 10 bis d. lgs 74/2000, rubricato "omesso versamento di ritenute certificate", punisce con la reclusione da sei mesi a due anni colui che "non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti".
Tale condotta è penalmente rilevante quando l’omissione del versamento è superiore ad euro 50.000,00.
Prima della riforma ad opera dell’art. 2 comma 36 - vicies semel, lettera f) del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 (ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) l’art. 5 del d. lgs n. 74/2000 puniva da uno a tre anni chiunque "al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro centocinquanta milioni (euro 77.468,53)".
Tale fattispecie di reato, quindi, anche se prevedeva una condotta più grave di quella prevista dall’art. 10 bis d. lgs 74/2000 era penalmente rilevante in presenza di una violazione superiore ad euro 77.468,53.
Quanto detto è confermato anche dal regime sanzionatorio previsto per i reati in esame: in specie l’omessa dichiarazione dei redditi prevede una pena edittale superiore di quella prevista per l’omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti.
Nel merito, altresì, si evidenzia che la condotta di colui il quale ometta di dichiarare i propri redditi configura una fattispecie maggiormente pregiudizievole per gli enti preposti al recupero degli importi.
Sul punto si palesa che l’elemento soggettivo del contribuente che violi l’art. 5 d. lgs 74/2000 miri apertamente ad evadere il quantum che avrebbe dovuto versare: infatti, nell’ipotesi in cui il contribuente avesse avuto una effettiva volontà elusiva nei confronti del fisco non avrebbe depositato una regolare dichiarazione dei redditi, sapendo che tale condotta avrebbe sicuramente comportato un procedimento penale in capo allo stesso.
Quindi, un soggetto che ha omesso di versare le ritenute rilasciate ai sostituti tra la soglia compresa da 50.000,00 euro a 77.469,53 euro, si trovava paradossalmente perseguito penalmente se ha depositato nei termini previsti ex lege la dichiarazione del modello 770 ma non ha versato la quota dovuta, al contrario di colui che ha addirittura omesso di presentare la dichiarazione agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Tale discrasia è stata recepita solo nel 2011.
In tale data, infatti, il legislatore ha modificato l’art. 5 d. lgs 74/2000 abbassando la soglia di rilevabilità penale del fatto ad euro 30.000,00.
Alla luce di quanto esposto si spera che, prima i giudici di merito e successivamente la Corte Costituzionale, recependo l’esigenza di riformare l’art. 10 bis d. lgs 74/2000, accolgano le motivazioni dedotte nel presente articolo e dichiarino la norma in esame incostituzionale.
(avv. Paolo Polato - dott. Antonio Emanuele D’Isa)
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