Omesso versamento Iva
L'articolo esamina il problema della duplicazione delle sanzioni amministrative e penali nonché i possibili rimedi

Non è infrequente che, a causa di sopravvenute difficoltà finanziarie, il contribuente non riesca a versare l’Iva alle dovute scadenze. In tal caso trova applicazione la sanzione amministrativa del 30% dell’importo dovuto ai sensi dell’art. 13 d.lgs. 471/97.
La crisi finanziaria, inoltre, secondo la Corte di Cassazione, non costituisce una causa di esclusione del reato (salvo i casi rari in cui detta crisi abbia i requisiti della imprevedibilità, inevitabilità e insuperabilità tipici della causa di forza maggiore).
Ne consegue che se il contribuente non riesca a versare l’Iva dovuta in base alla dichiarazione fiscale per un importo superiore a € 250.000,00 entro il termine per il pagamento dell’acconto per l’anno successivo (neppure mediante l’istituto del ravvedimento operoso), si supera la soglia di punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva dichiarata di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74/00, che prevede la reclusione da sei mesi a due anni.
Se, poi, il contribuente non riesca a estinguere (anche ratealmente) il debito tributario entro l’apertura del dibattimento del giudizio penale, la sanzione amministrativa si cumula con quella penale, in deroga al principio di "specialità" di cui all’art 19 d.lgs. 74/00 (Cass. sez. un. n. 37425/2013). A ciò si aggiunge la confisca obbligatoria in caso di condanna, per un importo equivalente al debito per imposte, interessi e sanzioni ex art. 12-bis d.lgs. 74/00.
Al fine di evitare tali severe conseguenze per una violazione priva di alcuna finalità fraudolenta, che presuppone la regolare dichiarazione delle imposte dovute (seppure poi non versate), è possibile ricorrere a taluni istituti generali del diritto dell’Unione Europea.
In particolare, nel caso in cui il contribuente sia una persona fisica (ad esempio, un imprenditore individuale), si può invocare il principio del ne bis in idem di cui all’art. 50 della Carta di Nizza, che vieta la possibilità di irrogare due sanzioni (una penale e l’altra amministrativa, ma avente carattere intrinseco sostanzialmente penale) per il medesimo fatto illecito. In questo senso si è espresso l’Avv. Gen. Campos Sànchez-Bordona con le sue conclusioni del 12 settembre 2017 sul caso riguardante il sig. Menci (sul tema si rinvia al volume Giuliani - Chiarizia, Diritto tributario, CEDU e diritti fondamentali dell’UE, Milano, 2017).
Nella diversa ipotesi in cui il contribuente sia una società, non ricorrendo i presupposti del ne bis in idem per la diversità dei soggetti che subiscono la sanzione amministrativa (il contribuente) e quella penale (il relativo amministratore), è possibile sostenere la violazione del principio generale del diritto dell’Unione Europea di proporzionalità. Ciò nei casi in cui il contribuente abbia definito la controversia tributaria e stia ancora procedendo al pagamento rateizzato degli importi dovuti. Irrogare una ulteriore sanzione penale quando il contribuente ha già "fatto pace" con il fisco sembra, infatti, andare oltre a quanto è necessario per combattere l’evasione dell’Iva (sul tema Chiarizia, Il reato di omesso versamento dell’Iva e la definizione amministrativa del debito tributario, in Boll. Trib., 2017, n. 22).
La crisi finanziaria, inoltre, secondo la Corte di Cassazione, non costituisce una causa di esclusione del reato (salvo i casi rari in cui detta crisi abbia i requisiti della imprevedibilità, inevitabilità e insuperabilità tipici della causa di forza maggiore).
Ne consegue che se il contribuente non riesca a versare l’Iva dovuta in base alla dichiarazione fiscale per un importo superiore a € 250.000,00 entro il termine per il pagamento dell’acconto per l’anno successivo (neppure mediante l’istituto del ravvedimento operoso), si supera la soglia di punibilità del reato di omesso versamento dell’Iva dichiarata di cui all’art. 10-ter d.lgs. 74/00, che prevede la reclusione da sei mesi a due anni.
Se, poi, il contribuente non riesca a estinguere (anche ratealmente) il debito tributario entro l’apertura del dibattimento del giudizio penale, la sanzione amministrativa si cumula con quella penale, in deroga al principio di "specialità" di cui all’art 19 d.lgs. 74/00 (Cass. sez. un. n. 37425/2013). A ciò si aggiunge la confisca obbligatoria in caso di condanna, per un importo equivalente al debito per imposte, interessi e sanzioni ex art. 12-bis d.lgs. 74/00.
Al fine di evitare tali severe conseguenze per una violazione priva di alcuna finalità fraudolenta, che presuppone la regolare dichiarazione delle imposte dovute (seppure poi non versate), è possibile ricorrere a taluni istituti generali del diritto dell’Unione Europea.
In particolare, nel caso in cui il contribuente sia una persona fisica (ad esempio, un imprenditore individuale), si può invocare il principio del ne bis in idem di cui all’art. 50 della Carta di Nizza, che vieta la possibilità di irrogare due sanzioni (una penale e l’altra amministrativa, ma avente carattere intrinseco sostanzialmente penale) per il medesimo fatto illecito. In questo senso si è espresso l’Avv. Gen. Campos Sànchez-Bordona con le sue conclusioni del 12 settembre 2017 sul caso riguardante il sig. Menci (sul tema si rinvia al volume Giuliani - Chiarizia, Diritto tributario, CEDU e diritti fondamentali dell’UE, Milano, 2017).
Nella diversa ipotesi in cui il contribuente sia una società, non ricorrendo i presupposti del ne bis in idem per la diversità dei soggetti che subiscono la sanzione amministrativa (il contribuente) e quella penale (il relativo amministratore), è possibile sostenere la violazione del principio generale del diritto dell’Unione Europea di proporzionalità. Ciò nei casi in cui il contribuente abbia definito la controversia tributaria e stia ancora procedendo al pagamento rateizzato degli importi dovuti. Irrogare una ulteriore sanzione penale quando il contribuente ha già "fatto pace" con il fisco sembra, infatti, andare oltre a quanto è necessario per combattere l’evasione dell’Iva (sul tema Chiarizia, Il reato di omesso versamento dell’Iva e la definizione amministrativa del debito tributario, in Boll. Trib., 2017, n. 22).
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