Omesso versamento Iva e mancanza di liquidità
Si configura o meno la causa di forza maggiore?
Nella Sentenza del 5.05.2015 n.18501 la Corte di Cassazione esamina la possibilita' di invocare in presenza del reato di omesso versamento IVA di cui all'Art.10-ter Dlgs 74/2000 la causa di forza maggiore (art.45 c.p.) come esimente. Cio' nel caso in cui l'omesso versamento dipenda da una crisi di liquidita'.
La Corte rinvia a quanto argomentato dalla SS.UU. nella sentenza n.37424. In particolare vengono sottolineate le seguenti prospettazioni:
- il reato in esame e' punibile a titolo di dolo generico e consite nella coscienza e volonta' di non versare all'erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, non essendo richiesto che mil comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte;
- la prova del dolo e' insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto e' dovuto a titolo di importa e che deve quindi essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia entro il termine lungo previsto;
- il debito verso il fisco relativo ai versamenti iva e' normalmnete collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni volta che il soggetto s'imposta effettua operazioni riscuote gia' l'Iva dovuta e quindi deve tenerla accantonata per l'Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria.
L'introduzione della norma penale, stabilendo nuove condizioni e un nuovo termine per la propria applicazione, estende evidentemente la detta esigenza di organizzazione su scala annuale. Non puo', quindi, essere invocata per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidita' del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta.
Sviluppando e riprendendo il tema "crisi di liquidita'" d'impresa quale fattore di escludere la colpevolezza, tema solo accennato nella citata sentenza delle Sezioni Unite la Corte ha ulteriormente precisato che e' necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l'aspetto della non imputabilita' al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l'azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.
Occorre cioe' la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuetne reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un'improvvisa crisi di liquidita', quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volonta' e ad egli non imputabili (Sez.3,9 ottobre 2013, n.5905/2014; Sez.3, n.15416 del 08/01/2014; Sez.3 n.5467 del 05/12/2013).
La Corte rinvia a quanto argomentato dalla SS.UU. nella sentenza n.37424. In particolare vengono sottolineate le seguenti prospettazioni:
- il reato in esame e' punibile a titolo di dolo generico e consite nella coscienza e volonta' di non versare all'erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, non essendo richiesto che mil comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte;
- la prova del dolo e' insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto e' dovuto a titolo di importa e che deve quindi essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia entro il termine lungo previsto;
- il debito verso il fisco relativo ai versamenti iva e' normalmnete collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni volta che il soggetto s'imposta effettua operazioni riscuote gia' l'Iva dovuta e quindi deve tenerla accantonata per l'Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria.
L'introduzione della norma penale, stabilendo nuove condizioni e un nuovo termine per la propria applicazione, estende evidentemente la detta esigenza di organizzazione su scala annuale. Non puo', quindi, essere invocata per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidita' del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta.
Sviluppando e riprendendo il tema "crisi di liquidita'" d'impresa quale fattore di escludere la colpevolezza, tema solo accennato nella citata sentenza delle Sezioni Unite la Corte ha ulteriormente precisato che e' necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l'aspetto della non imputabilita' al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l'azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.
Occorre cioe' la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuetne reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un'improvvisa crisi di liquidita', quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volonta' e ad egli non imputabili (Sez.3,9 ottobre 2013, n.5905/2014; Sez.3, n.15416 del 08/01/2014; Sez.3 n.5467 del 05/12/2013).
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