Opere abusive e ordine di demolizione
Il lungo decorso di tempo tra la realizzazione dell'abuso e l'ordinanza di demolizione: il punto dell'Adunanza Plenaria
L'intervento della Adunanza Plenaria è stato sollecitato, ai sensi dell'art. 99 c.p.a., in quanto nella materia sussiste un contrasto giurisprudenziale.
Secondo un primo orientamento, anche nelle ipotesi in cui tra la realizzazione dell'abuso e l'adozione dell'ordinanza di demolizione sia decorso un notevole lasso di tempo, il provvedimento amministrativo ripristinatorio non necessita di una particolare motivazione in punto di rilevanza dell'interesse pubblico, ulteriore rispetto al mero ripristino della legittimità violata. E ciò per diverse ragioni:
- la illiceità della condotta esclude ex se la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al responsabile dell’abuso o al suo avente causa, a nulla rilevando il decorso del tempo dal commesso abuso (Cons. Stato, VI, 10 maggio 2016, n. 1774; id., VI, 23 ottobre 2015, n. 4880; id., VI, 11 dicembre 2013, n. 5943).
- l'ordinanza di demolizione, rientrando nell'alveo dei provvedimenti vincolati, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né - ancora - una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908);
- laddove si concedesse rilievo al decorso del tempo, seppure solo al fine di richiedere l'assolvimento di un maggiore onere motivazionale, si perverrebbe in via pretoria a delineare una sorta di ‘sanatoria extra ordinem’, la quale opererebbe anche nelle ipotesi in cui il soggetto interessato non abbia potuto - o voluto - avvalersi delle disposizioni normative in tema di sanatoria di abusi edilizi (Cons. Stato, VI, 15 gennaio 2015, n. 13).
Secondo un diverso orientamento, invece, laddove per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, si deve ritenere sussistente un onere in capo all'Amministrazione di congrua motivazione la quale indichi, avuto riguardo anche all’entità ed alla tipologia dell’abuso, il pubblico interesse, diverso da quello al mero ripristino della legalità, che possa giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (Cons. Stato, IV, 2 novembre 2016, n. 4577). Del resto, la giurisprudenza, seguendo tale linea interpretativa, volta a dare rilevanza alle circostanze concrete sulla cui base è stata adottata l'ordinanza di demolizione, ha affermato che l’ingiunzione di demolizione deve essere assistita da un’adeguata motivazione circa lo specifico interesse pubblico sotteso alla riduzione in pristino dell’area, laddove (i) il proprietario del bene sia pacificamente persona diversa da quella che ha commesso l’abuso; (ii) l’intervenuta alienazione della res non palesi finalità elusive; (iii) fra il commesso abuso e l’ordine di demolizione sia intercorso un rilevante lasso di tempo, sì da ingenerare nel proprietario uno stato di affidamento in ordine alla desistenza da parte dell’amministrazione dall’adozione di atti pregiudizievoli (in tal senso: Cons. Stato, IV, sent. 1016 del 2014; id., V, sent. 3847 del 2013).
Aderendo, sostanzialmente, al primo orientamento, con la sentenza 17 ottobre 2017, n. 9, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha enunciato il seguente principio di diritto:
"il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino".
Si badi, però, che tale principio ha valenza esclusiva con riferimento agli interventi realizzati senza titolo, ma non trova applicazione con riferimento alla diversa ipotesi in cui la pubblica amministrazione annulli d'ufficio un titolo edilizio previamente rilasciato (anche tacitamente). In questo caso, infatti, trova applicazione l'art. 21-nonies l. 241/1990, con la conseguenza che l'annullamento d'ufficio può essere disposto entro il termine massimo di 18 mesi.
Secondo un primo orientamento, anche nelle ipotesi in cui tra la realizzazione dell'abuso e l'adozione dell'ordinanza di demolizione sia decorso un notevole lasso di tempo, il provvedimento amministrativo ripristinatorio non necessita di una particolare motivazione in punto di rilevanza dell'interesse pubblico, ulteriore rispetto al mero ripristino della legittimità violata. E ciò per diverse ragioni:
- la illiceità della condotta esclude ex se la configurabilità di un legittimo affidamento in capo al responsabile dell’abuso o al suo avente causa, a nulla rilevando il decorso del tempo dal commesso abuso (Cons. Stato, VI, 10 maggio 2016, n. 1774; id., VI, 23 ottobre 2015, n. 4880; id., VI, 11 dicembre 2013, n. 5943).
- l'ordinanza di demolizione, rientrando nell'alveo dei provvedimenti vincolati, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né - ancora - una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione (Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908);
- laddove si concedesse rilievo al decorso del tempo, seppure solo al fine di richiedere l'assolvimento di un maggiore onere motivazionale, si perverrebbe in via pretoria a delineare una sorta di ‘sanatoria extra ordinem’, la quale opererebbe anche nelle ipotesi in cui il soggetto interessato non abbia potuto - o voluto - avvalersi delle disposizioni normative in tema di sanatoria di abusi edilizi (Cons. Stato, VI, 15 gennaio 2015, n. 13).
Secondo un diverso orientamento, invece, laddove per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e per il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, si deve ritenere sussistente un onere in capo all'Amministrazione di congrua motivazione la quale indichi, avuto riguardo anche all’entità ed alla tipologia dell’abuso, il pubblico interesse, diverso da quello al mero ripristino della legalità, che possa giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (Cons. Stato, IV, 2 novembre 2016, n. 4577). Del resto, la giurisprudenza, seguendo tale linea interpretativa, volta a dare rilevanza alle circostanze concrete sulla cui base è stata adottata l'ordinanza di demolizione, ha affermato che l’ingiunzione di demolizione deve essere assistita da un’adeguata motivazione circa lo specifico interesse pubblico sotteso alla riduzione in pristino dell’area, laddove (i) il proprietario del bene sia pacificamente persona diversa da quella che ha commesso l’abuso; (ii) l’intervenuta alienazione della res non palesi finalità elusive; (iii) fra il commesso abuso e l’ordine di demolizione sia intercorso un rilevante lasso di tempo, sì da ingenerare nel proprietario uno stato di affidamento in ordine alla desistenza da parte dell’amministrazione dall’adozione di atti pregiudizievoli (in tal senso: Cons. Stato, IV, sent. 1016 del 2014; id., V, sent. 3847 del 2013).
Aderendo, sostanzialmente, al primo orientamento, con la sentenza 17 ottobre 2017, n. 9, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha enunciato il seguente principio di diritto:
"il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino".
Si badi, però, che tale principio ha valenza esclusiva con riferimento agli interventi realizzati senza titolo, ma non trova applicazione con riferimento alla diversa ipotesi in cui la pubblica amministrazione annulli d'ufficio un titolo edilizio previamente rilasciato (anche tacitamente). In questo caso, infatti, trova applicazione l'art. 21-nonies l. 241/1990, con la conseguenza che l'annullamento d'ufficio può essere disposto entro il termine massimo di 18 mesi.
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