Paesaggio e Reti ecologiche
La pianificazione e la progettazione devono tendere al miglioramento della qualità ecosistemica, per evitare perdite di opportunità o danni ambientali
La pianura padana ha subito molte trasformazioni a partire dall’epoca romana fino ai giorni nostri, e si è assistito a una crescente espansione delle superfici urbane e industriali. In questo paesaggio fortemente modificato dall’uomo, le popolazioni animali e vegetali sono state separate e spesso confinate in ambienti di piccole dimensioni. Questa frammentazione tende a isolare gli habitat, con molti rischi per la biodiversità e comporta la perdita di specie, la riduzione della variabilità genetica, ma anche la difficoltà per individui che si trovano in zone vicine a colonizzare habitat, per mancanza di connessione. Nei territori fortemente frammentati, per garantire la conservazione e possibilmente l’incremento delle specie più esigenti che sono minacciate da queste condizioni, è necessario che gli elementi di valore ecologico vengano messi fra loro in collegamento, con creazione di passaggi e connessioni, con l’obiettivo di formare una "rete ecologica". Il territorio rurale offre molte possibilità di intervento per mantenere o ricostituire le reti ecologiche, favorendo la biodiversità e migliorando la qualità del paesaggio. Queste vie di connessione, i cosiddetti "corridoi ecologici", sono rappresentati principalmente dai corsi d’acqua sia naturali sia artificiali, che assicurano con la loro continuità, la connessione di aree fra loro molto distanti. La presenza di vegetazione nelle loro vicinanze e sistemi di gestione che non ne limitino la continuità li rendono estremamente importanti dal punto di vista ecologico.
Una significativa opportunità per la realizzazione delle reti ecologiche e per il mantenimento della biodiversità è rappresentata da quelle porzioni di territorio non più utilizzate per scopi produttivi come cave, aree abbandonate, il cui recupero opportunamente progettato può dare degli interessantissimi risultati. Anche le aree marginali di piccole dimensioni possono ospitare habitat capaci di arricchire la diversità ambientale offrendo rifugio a diverse specie animali.
Da qui la necessità che lo studio ambientale utilizzi chiavi "ecosistemiche" di lettura del territorio - dalla valenza non solo paesaggistica ed ambientale, ma anche ecologica - diventi parte integrante della pianificazione.
E’ importante per il conseguimento di obiettivi dal contenuto ambientale che nei vari strumenti urbanisti territoriali siano analizzate sotto questa "chiave" le diverse parti del territorio: aree a fianco di infrastrutture lineari (mitigazione degli impatti e riqualificazione), viabilità urbana (riqualificazione sede stradale con nuove alberate ed interventi migliorativi di quelle esistenti), aree ad alta, media e bassa impermeabilizzazione (definizione di un programma di intervento per l’aumento delle superfici permeabili), aree a confine tra differenti zone urbanistiche e aree di margine (aumento del potenziale biotico di riequilibrio ambientale), aree a verde pubblico e privato (riqualificazione e potenziamento del sistema verde), aree agricole (interventi di salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio rurale), aree di espansione (pianificazione compatibile con le esigenze di conservazione e miglioramento dell’equilibrio ecologico), aree di interesse naturalistico (interventi di salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio rurale), ambiti di rispetto ambientale (protezione dei tessuti urbani e miglioramento della potenzialità biotica), ambiti fluviali (riqualificazione del sistema fluviale) per citare i principali.
Nell’agroecosistema sono tanti gli interventi proponibili per una migliore gestione, ma tutti richiedono il coinvolgimento a vari livelli dei proprietari e dei conduttori dei fondi. Solo attraverso una fattiva collaborazione si riesce a programmare un’azione che miri a limitare progressivamente quelle attività fortemente impattanti per la fauna e gli ecosistemi in genere. Un ruolo irrinunciabile viene svolto dalle siepi e dai filari che oltre a costituire il legante ecologico primario per un territorio - rappresenta un habitat ed una fonte di nutrimento oltre che possibilità di ricovero per avifauna e piccoli mammiferi - crea barriere anti-polvere, anti-rumore, di inserimento ambientale e contribuisce alla formazione di ambienti naturaliformi.
Per concludere, occorre sempre più orientarsi verso obiettivi che perseguono nella pianificazione e nella progettazione il raggiungimento di un corretto equilibrio tra sviluppo urbano ed esigenze ambientali. Tali obiettivi devono tendere all’aumento dei valori di biopotenzialità media al fine di migliorare le capacità di riequilibrio del paesaggio, all’incremento della superficie di habitat naturale, all’incremento dell’eterogeneità paesaggistica attraverso il riequilibrio delle unità ambientali presenti e l’inserimento di nuove unità ambientali, e al miglioramento della connettività delle unità ambientali, o degli elementi del paesaggio, attraverso la previsione di corridoi ecologici che colleghino le aree con vegetazione l’una con l’altra.
Articolo redatto insieme a Marta Guidi, Dottore Forestale.
Una significativa opportunità per la realizzazione delle reti ecologiche e per il mantenimento della biodiversità è rappresentata da quelle porzioni di territorio non più utilizzate per scopi produttivi come cave, aree abbandonate, il cui recupero opportunamente progettato può dare degli interessantissimi risultati. Anche le aree marginali di piccole dimensioni possono ospitare habitat capaci di arricchire la diversità ambientale offrendo rifugio a diverse specie animali.
Da qui la necessità che lo studio ambientale utilizzi chiavi "ecosistemiche" di lettura del territorio - dalla valenza non solo paesaggistica ed ambientale, ma anche ecologica - diventi parte integrante della pianificazione.
E’ importante per il conseguimento di obiettivi dal contenuto ambientale che nei vari strumenti urbanisti territoriali siano analizzate sotto questa "chiave" le diverse parti del territorio: aree a fianco di infrastrutture lineari (mitigazione degli impatti e riqualificazione), viabilità urbana (riqualificazione sede stradale con nuove alberate ed interventi migliorativi di quelle esistenti), aree ad alta, media e bassa impermeabilizzazione (definizione di un programma di intervento per l’aumento delle superfici permeabili), aree a confine tra differenti zone urbanistiche e aree di margine (aumento del potenziale biotico di riequilibrio ambientale), aree a verde pubblico e privato (riqualificazione e potenziamento del sistema verde), aree agricole (interventi di salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio rurale), aree di espansione (pianificazione compatibile con le esigenze di conservazione e miglioramento dell’equilibrio ecologico), aree di interesse naturalistico (interventi di salvaguardia, tutela e valorizzazione del paesaggio rurale), ambiti di rispetto ambientale (protezione dei tessuti urbani e miglioramento della potenzialità biotica), ambiti fluviali (riqualificazione del sistema fluviale) per citare i principali.
Nell’agroecosistema sono tanti gli interventi proponibili per una migliore gestione, ma tutti richiedono il coinvolgimento a vari livelli dei proprietari e dei conduttori dei fondi. Solo attraverso una fattiva collaborazione si riesce a programmare un’azione che miri a limitare progressivamente quelle attività fortemente impattanti per la fauna e gli ecosistemi in genere. Un ruolo irrinunciabile viene svolto dalle siepi e dai filari che oltre a costituire il legante ecologico primario per un territorio - rappresenta un habitat ed una fonte di nutrimento oltre che possibilità di ricovero per avifauna e piccoli mammiferi - crea barriere anti-polvere, anti-rumore, di inserimento ambientale e contribuisce alla formazione di ambienti naturaliformi.
Per concludere, occorre sempre più orientarsi verso obiettivi che perseguono nella pianificazione e nella progettazione il raggiungimento di un corretto equilibrio tra sviluppo urbano ed esigenze ambientali. Tali obiettivi devono tendere all’aumento dei valori di biopotenzialità media al fine di migliorare le capacità di riequilibrio del paesaggio, all’incremento della superficie di habitat naturale, all’incremento dell’eterogeneità paesaggistica attraverso il riequilibrio delle unità ambientali presenti e l’inserimento di nuove unità ambientali, e al miglioramento della connettività delle unità ambientali, o degli elementi del paesaggio, attraverso la previsione di corridoi ecologici che colleghino le aree con vegetazione l’una con l’altra.
Articolo redatto insieme a Marta Guidi, Dottore Forestale.
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