Pagare l'oblazione non equivale a presentare domanda di condono
Al fine della formale presentazione dell’istanza di condono edilizio è necessario il rispetto dei termini imposti dalle leggi sostanziali. Non deve considerarsi tempestiva l’istanza di sanatoria presentata oltre i termini, la cui oblazione, ovvero l’importo dovuto all’erario per la sospensione del relativo procedimento penale, era stata versata nel termine previsto.
Così in massima la Sentenza del Consiglio di Stato n. 2450 del 22 marzo 2021 con la quale i giudici di palazzo spada sono intervenuti nel merito dei termini in ordine alla presentazione delle domande per accedere ai condoni edilizi tombali apprestati dalla legge 724/94 e 326/2003. All’attenzione dei giudici viene posta la riforma della Sentenza del giudice amministrativo di primo grado con la quale veniva rigettato il ricorso avverso un’ordinanza di demolizione di un ente locale. La demolizione aveva per oggetto un fabbricato per il quale il proprietario aveva presentato domanda di condono edilizio oltre il termine imposto dalla legge sostanziale. Tale domanda era stata reputata inammissibile, in quanto depositata oltre il termine.
In particolare, nel proporre ricorso in primo grado, il ricorrente sosteneva che il pagamento dell’oblazione avvenuto entro i termini della presentazione della domanda “renderebbe tempestiva l’attivazione del procedimento di sanatoria visto che il pagamento costituirebbe mezzo idoneo a manifestare inequivocabilmente la volontà di chiedere il condono, non essendo imposta una forma vincolata per la redazione della domanda".
I giudici di primo grado non hanno ritenuto congrua tale ricostruzione offerta in sede di gravame in considerazione del fatto che "per accedere alla sanatoria edilizia è indispensabile che venga identificato l’oggetto, ossia la costruzione abusiva, che il richiedente si propone di legittimare; individuazione che il mero pagamento di una somma di denaro con bollettino postale non è idonea a fornire”.
Il versamento dell’oblazione infatti costituisce solo la mera volontà del proprietario di voler oblare un illecito di natura edilizia, ma non equivale certo a determinare uno specifico abuso da condonare, né può mai sostituirsi, sebbene posto in essere entro i termini della legge sostanziale, ad una domanda vera e propria di sanatoria edilizia che dunque necessita di alcuni elementi essenziali.
Il T.a.r. quindi rigetta il ricorso atteso che va in ogni caso escluso che “il mero pagamento di una parte dell’oblazione effettuato entro il termine sia idoneo al “raggiungimento dello scopo” o valga “inequivocabilmente” a manifestare la volontà di chi ha effettuato il versamento di perseguire il condono dello specifico manufatto di cui si discute (tra l’altro di proprietà di altro soggetto), come sostiene la ricorrente”.
La sentenza viene cosi appellata dinanzi al Consiglio di Stato che, condividendo appieno la ricostruzione del giudice di prime cure, rigetta l’appello facendo leva sulla perentorietà del termine collocato all’interno della legge sostanziale circa la presentazione della domanda di condono edilizio ma soprattutto sul fatto che il pagamento dell’oblazione non deve essere mai inteso come “esplicita, formale ed inequivoca manifestazione di volontà idonea ad attivare il procedimento di condono su basi di ragionevole certezza giuridica".
Nella sentenza che rigetta l’appello, il Consiglio di Stato specifica inoltre che “entro il termine di decadenza, debbano essere effettuate sia la presentazione della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria sia la presentazione della prova del pagamento dell’oblazione". Il pagamento dell’oblazione entro il termine non è mai sostitutivo della formale domanda di sanatoria.
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