Palazzo Callori a Vignale Monferrato
Restauro e riqualificazione di un palazzo storico tutelato dalla Soprintendenza
Tra i lavori di restauro e riqualificazione che ho di recente diretto vi è Palazzo Callori a Vignale Monferrato, un complesso tutelato dalla Soprintendenza. L’esperienza è stata positiva.
Vignale è un piccolo borgo di origine medievale con un castello che si erge su uno dei colli più alti del Monferrato. Un po’ più in basso del castello e della chiesa parrocchiale sorge l’imponente complesso denominato "Palazzo Callori" che è stato l’oggetto dell’intervento di recupero, restauro e rinnovamento. Una particolarità di Vignale, terra di vino e di danze, è la serie di legami che la unisce al mare. Non solo di natura fisica, a Vignale c’era il mare e le pietre del posto (Pietra da Cantoni) ancora ne conservano le tracce (sabbia divenuta tufo che racchiude conchiglie trasformate in fossili), ma anche per le vite di molte persone che hanno in qualche modo avuto a che fare con il borgo ed il suo territorio, il Monferrato (vedi L. Moretto, Palazzo Callori, Aión 2015).
Tra la fine degli anni Settanta ed i primi anni Ottanta del Novecento avviene il primo "restauro" del palazzo, a cura di A. Bruno e R. Nivolo, mentre della seconda metà degli anni Dieci del XXI secolo è il nuovo progetto di restauro coordinato da M. Varratta.
Il palazzo è costituito da dieci piani, da oltre centosessanta locali, e da alcuni pozzi. Il primo piano interrato ospita la cantina dell’Enoteca regionale ed un teatrino con doppio foyer per l’accesso sia da strada che dal giardino basso. Nei due piani principali, quello terreno ed il primo, oltre all’ex cappella, completamente decorate, vi sono più di trenta sale affrescate e/o decorate, con diversi livelli di qualità ed intensità.
Tutte le stanze sono dotate di volte tranne una, la sala del consiglio, con soffitto ligneo a cassettoni decorati (nel corso del restauro è stato realizzato un secondo solaio strutturalmente portante i carichi del sovrastante archivio storico comunale, in carpenteria metallica, parallelo al primo ma da esso indipendente). E’ una grande collezione di tipologie di volte: da quelle più semplici a botte a quelle ad ombrello, etc. Un esteso campionario costruttivo dalle alte valenze didattiche.
Al primo piano è collocato il lungo salone con gli stucchi, una sorta di "galleria di Diana" del Monferrato, con pavimento in seminato alla veneziana, e le tre sale con la ricca tappezzeria su carta in parte dipinta a mano, con tre tonalità che le caratterizzano, emergendo con discrezione da una visione d’insieme: l’azzurra, la verde e la rosa. Sono stanze di gusto inglese neoclassico che si distinguono dagli altri ambienti del palazzo.
Nel corso dei lavori di restauro, d’intesa con la Soprintendenza, ho introdotto alcuni elementi innovativi, come la nuova scala del Municipio, di corten e cristallo, i pavimenti in cotto fatti a mano dalla fornace di Sezzadio su sistema radiante parte a umido e parte a secco, il sistema delle aperture con la ricostruzione degli imbotti in muratura ed i nuovi serramenti in legno, eseguiti con profili a disegno, minimalisti parapetti rimovibili in acciaio inox, con zavorra costituita da pavimentazione galleggiante in pietra di Luserna.
Del cantiere voglio ricordare la fase di consolidamento delle volte in muratura. Un processo articolato che passa attraverso la messa a nudo della calotta delle volte. Un’operazione che scava nell’intimità della costruzione, ne toglie i veli, i trucchi (le finiture). Il colore dei laterizi e della calce ci rimanda a quello della carne. Ci vuole rispetto e discrezione. L’edificio richiede la sua privacy. Il muratore assurge al ruolo di chirurgo che rimette a nuovo la struttura e gli organi vitali interni del vecchio corpo di fabbrica.
L’edificio sorge in pendenza su una collina. Tra il livello più alto e quello più basso vi sono circa trenta metri di dislivello; un manufatto impegnativo per l’epoca di costruzione. La realizzazione della centrale frigorifera ipogea ha richiesto la formazione di una berlinese, mentre la centrale elettrica è stata ricavata in un vano esistente nel tufo. La collocazione definitiva della centrale termica ha tenuto conto della presenza di una antica cisterna d’acqua in muratura.
Durante i lavori sono riemersi alcuni interessanti spazi, nel tempo murati. La cosiddetta "ghiacciaia", un locale voltato 23x6x10 m, un tempo collegata sotterraneamente al castello, ed uno spazio vagamente quadrangolare con una seduta disposta ad U, al quale originariamente si accedeva dal palazzo per mezzo di due scale interne.
Il palazzo attende ora il completamento dei restauri delle decorazioni interne, con la rimozione delle ridipinture grossolane più recenti, e l’arrivo dei nuovi "abitanti" cosicché ne sia assicurata la costante manutenzione e resa possibile la fruizione pubblica, così come auspicato anche in sede di sopralluogo con i commissari dell’Unesco.
Vignale è un piccolo borgo di origine medievale con un castello che si erge su uno dei colli più alti del Monferrato. Un po’ più in basso del castello e della chiesa parrocchiale sorge l’imponente complesso denominato "Palazzo Callori" che è stato l’oggetto dell’intervento di recupero, restauro e rinnovamento. Una particolarità di Vignale, terra di vino e di danze, è la serie di legami che la unisce al mare. Non solo di natura fisica, a Vignale c’era il mare e le pietre del posto (Pietra da Cantoni) ancora ne conservano le tracce (sabbia divenuta tufo che racchiude conchiglie trasformate in fossili), ma anche per le vite di molte persone che hanno in qualche modo avuto a che fare con il borgo ed il suo territorio, il Monferrato (vedi L. Moretto, Palazzo Callori, Aión 2015).
Tra la fine degli anni Settanta ed i primi anni Ottanta del Novecento avviene il primo "restauro" del palazzo, a cura di A. Bruno e R. Nivolo, mentre della seconda metà degli anni Dieci del XXI secolo è il nuovo progetto di restauro coordinato da M. Varratta.
Il palazzo è costituito da dieci piani, da oltre centosessanta locali, e da alcuni pozzi. Il primo piano interrato ospita la cantina dell’Enoteca regionale ed un teatrino con doppio foyer per l’accesso sia da strada che dal giardino basso. Nei due piani principali, quello terreno ed il primo, oltre all’ex cappella, completamente decorate, vi sono più di trenta sale affrescate e/o decorate, con diversi livelli di qualità ed intensità.
Tutte le stanze sono dotate di volte tranne una, la sala del consiglio, con soffitto ligneo a cassettoni decorati (nel corso del restauro è stato realizzato un secondo solaio strutturalmente portante i carichi del sovrastante archivio storico comunale, in carpenteria metallica, parallelo al primo ma da esso indipendente). E’ una grande collezione di tipologie di volte: da quelle più semplici a botte a quelle ad ombrello, etc. Un esteso campionario costruttivo dalle alte valenze didattiche.
Al primo piano è collocato il lungo salone con gli stucchi, una sorta di "galleria di Diana" del Monferrato, con pavimento in seminato alla veneziana, e le tre sale con la ricca tappezzeria su carta in parte dipinta a mano, con tre tonalità che le caratterizzano, emergendo con discrezione da una visione d’insieme: l’azzurra, la verde e la rosa. Sono stanze di gusto inglese neoclassico che si distinguono dagli altri ambienti del palazzo.
Nel corso dei lavori di restauro, d’intesa con la Soprintendenza, ho introdotto alcuni elementi innovativi, come la nuova scala del Municipio, di corten e cristallo, i pavimenti in cotto fatti a mano dalla fornace di Sezzadio su sistema radiante parte a umido e parte a secco, il sistema delle aperture con la ricostruzione degli imbotti in muratura ed i nuovi serramenti in legno, eseguiti con profili a disegno, minimalisti parapetti rimovibili in acciaio inox, con zavorra costituita da pavimentazione galleggiante in pietra di Luserna.
Del cantiere voglio ricordare la fase di consolidamento delle volte in muratura. Un processo articolato che passa attraverso la messa a nudo della calotta delle volte. Un’operazione che scava nell’intimità della costruzione, ne toglie i veli, i trucchi (le finiture). Il colore dei laterizi e della calce ci rimanda a quello della carne. Ci vuole rispetto e discrezione. L’edificio richiede la sua privacy. Il muratore assurge al ruolo di chirurgo che rimette a nuovo la struttura e gli organi vitali interni del vecchio corpo di fabbrica.
L’edificio sorge in pendenza su una collina. Tra il livello più alto e quello più basso vi sono circa trenta metri di dislivello; un manufatto impegnativo per l’epoca di costruzione. La realizzazione della centrale frigorifera ipogea ha richiesto la formazione di una berlinese, mentre la centrale elettrica è stata ricavata in un vano esistente nel tufo. La collocazione definitiva della centrale termica ha tenuto conto della presenza di una antica cisterna d’acqua in muratura.
Durante i lavori sono riemersi alcuni interessanti spazi, nel tempo murati. La cosiddetta "ghiacciaia", un locale voltato 23x6x10 m, un tempo collegata sotterraneamente al castello, ed uno spazio vagamente quadrangolare con una seduta disposta ad U, al quale originariamente si accedeva dal palazzo per mezzo di due scale interne.
Il palazzo attende ora il completamento dei restauri delle decorazioni interne, con la rimozione delle ridipinture grossolane più recenti, e l’arrivo dei nuovi "abitanti" cosicché ne sia assicurata la costante manutenzione e resa possibile la fruizione pubblica, così come auspicato anche in sede di sopralluogo con i commissari dell’Unesco.
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