Paradise papers: possibili sanatorie


La nuova inchiesta denominata Paradise Papers offre lo spunto per illustrare le possibili soluzioni per sanare le eventuali irregolarità
Paradise papers:  possibili sanatorie
E’ di questi giorni la notizia della pubblicazione di una nuova inchiesta giornalistica, denominata Paradise Papers, sui conti bancari segreti e società anonime dei c.d. paradisi fiscali.
Tale inchiesta, che prosegue il lavoro iniziato con quella comunemente denominata Panama Papers, è già saltata alla ribalta della cronaca in ragione del numero dei file che sarebbero stati scoperti (oltre 13 milioni), delle somme che sembrerebbero essere state sottratte a tassazione e per i nomi illustri di taluni dei soggetti coinvolti, primo tra tutti il Principe Carlo d’Inghilterra.
Ciò premesso, prescindendo dai dettagli di tale nuova indiscrezione giornalistica, occorre innanzitutto sottolineare come questa sia la quarta massiccia "fuga" di notizie riservate nel settore dei conti bancari e società off-shore, dopo la lista Vaduz, la lista Falciani e, come accennato, la Panama Papers.
Ciò dimostra, insieme alle sempre più stringenti norme in materia di antiriciclaggio e all’affermarsi di una estesa, effettiva e automatica cooperazione internazionale tra gli Stati in materia tributaria, come il mondo dei conti e delle società off-shore sia ormai in via di estinzione, appartenendo a logiche del passato.
Ne consegue che i soggetti che si sono avvalsi di tali strumenti in violazione delle norme tributarie hanno sempre di più la necessità di sanare la propria posizione fiscale, sia per evitare le severe conseguenze fiscali che ne derivano (quali il raddoppio delle sanzioni e dei termini di accertamento ex art. 12, d.l. n. 78/2009) e le eventuali ulteriori responsabilità penali (che comporterebbero altresì la confisca del profitto derivante dal reato di evasione ex art. 13, d.lgs. n. 74/2000), sia per rimpatriare o anche solo rientrare in possesso delle attività occultate all’estero.
Si consideri altresì la "linea dura" dettata dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione, che ha confermato le pretese erariali sulla base dei soli dati risultanti dalle liste Vaduz e Falciani, sebbene detti dati fossero privi di riscontri obiettivi, certi o verificabili (Cass. n. 8605/2015; Cass. n. 8606/2015; Cass. n. 16950/2015).
In tale contesto, terminata da poco la voluntary disclosure bis, e in attesa che venga riproposta una sanatoria simile, gli interessati potrebbero verificare la percorribilità di eventuali altri istituti, quali il ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 742/1997 oppure altre procedura alternative, quali la c.d. "autodenuncia" emersa nella prassi con gli uffici finanziari.
Al riguardo deve considerarsi che il ravvedimento operoso comporta l’automatica riduzione delle sanzioni (in genere, nella misura variabile da un nono a un sesto del minimo, a seconda della "anzianità" della violazione, ovvero a un quinto del minimo se la regolarizzazione avviene dopo la constatazione della violazione da parte degli organi competenti) e costituisce altresì una causa di non punibilità per i reati di infedele dichiarazione ai sensi dell’art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, purché il ravvedimento sia spontaneo (ossia, l’interessato si ravveda anteriormente alla formale conoscenza dell’avvio di una verifica nei suoi confronti).
L’istituto del ravvedimento operoso può essere usufruito, tuttavia, esclusivamente dai soggetti che hanno presentato la dichiarazione fiscale e non prevede la possibilità di rateizzare le somme dovute a titolo di tributo, interessi e sanzioni (ridotte), che dunque devono essere versate interamente ai fini della piena efficacia del ravvedimento. A ciò si aggiunga che la regolarizzazione effettuata mediante il ravvedimento operoso non preclude successive attività ispettive da parte dell'erario.
Viceversa, mediante la c.d. "autodenuncia", il contribuente verrebbe a beneficiare della riduzione delle sanzioni a un terzo del minimo, definendo l’accertamento successivamente emesso ai sensi dell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 218/1997, a cui si possono aggiungere, a seconda dei casi, l’ulteriore riduzione delle sanzioni alla metà del minimo ai sensi dell’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 472/1997 (ove l’ufficio intenda premiare la spontaneità della "autodenuncia") e/o l’eventuale riduzione delle sanzioni in applicazione della disciplina del cumulo giuridico di cui all’art. 12, d.lgs. n. 472/1997. Le sanzioni dovute in sede di "autodenuncia" possono, pertanto, non differire sostanzialmente da quelle dovute usufruendo dell’istituto del ravvedimento operoso. A ciò si aggiunga che le somme dovute a seguito della "autodenuncia" sono rateizzabili alla stregua di un ordinario avviso di accertamento.

Pertanto, in attesa della riapertura della voluntary disclosure o altra analoga sanatoria, non mancano le soluzioni percorribili per regolarizzare le eventuali violazioni tributarie compiute utilizzando conti bancari o società off-shore.

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di Avv. Giulio Chiarizia

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