Parliamo di "tossico-dipendenza"


Definizione, fattori implicati e considerazioni sulla terapia
Parliamo di "tossico-dipendenza"
Innanzitutto, cos'è una "tossico-dipendenza"?
Rispetto alla questione non ci soffermeremo tanto sul contenuto specifico della tossico-dipendenza, intendendo per contenuto l'oggetto che genera dipendenza.
Gli "oggetti" più comuni sono solitamente considerati le c.d. droghe: da quelle "leggere" come marijuana e hashish a quelle "pesanti" quali eroina, allucinogeni ecc.
Citeremo inoltre un'altra dipendenza comunque tossica assai comune e diffusa benchè meno stigmatizzata di quella derivante dall'abuso di droghe o di alcool, qual'è quella legata al consumo di tabacco.
In un discorso estensivo perchè poi non considerare anche altre forme di "dipendenza" talvolta non meno problematiche di quelle "tossiche"- cioè nocive per l'organismo e derivanti dall'assunzione di sostanze chimiche? come la dipendenza affettiva - quella che si può instaurare ad esempio nei confronti di un genitore, di un figlio o di un partner - o persino la dipendenza da idee e credenze (si pensi al fenomeno del c.d. "fondamentalismo religioso") ?

Restringendo comunque l'ambito d'indagine, perchè si possa propriamente parlare di tossico-dipendenza da sostanze occorre che si verifichino fenomeni caratteristici quali:
ripetizione assidua dell'assunzione;
assuefazione con conseguenti crisi da astinenza;
parziale perdita d'interesse per quanto non concerne, direttamente o indirettamente, la ricerca dell'oggetto della dipendenza.

La passione per la sostanza è connessa a molteplici fattori psicologici, non aprioristicamente riducibili ad una lista di voci.
In ogni caso, una volta che si sia entrati - magari pur insensibilmente e in maniera graduale - nell'orbita di un suo consumo non più occasionale, ai suddetti fattori psicologici (in tal senso primari) si aggiunge il bisogno (derivato e dunque secondario) di lenìre il dolore psichico e l'angoscia derivante dall'astinenza, nonchè tutto il corteo di sintomi fisici ad essa relativi (nausea, tremiti, sudorazione, ecc.).

Sovente da un'iniziale consumo pur soltanto episodico scaturisce l'esperienza che l'assunzione di droghe oltre che generare sensazioni piacevoli (per lo più euforiche) può concorrere ad allentare la presa di quelle ansie, inibizioni e paure che attanagliano la persona in condizioni ordinarie.
Vi è poi un senso di trasgressione e di rischio, per cui - come talvolta capita di sentir dire - "... quando lo faccio mi sento davvero vivo..."
Col tempo, e col consolidarsi dell'abitudine, trova appagamento anche un fondamentale bisogno di sicurezza: l'assunzione della maschera sociale - pur se negativa da differenti punti di vista - configurata dall'etichetta di "tossicodipendente" fornisce comunque un senso di identità a fronte del vuoto che prefigura il ritorno a una vita ... senza "sostanza".

Un discorso a parte meriterebbe l'assunzione non sporadica di psico-stimolanti e farmaci affini allo scopo di incrementare le capacità di "performance" - sia psichiche che fisiche (come ad es. le amfetamine).
In tal caso risulta decisivo l'insieme dei valori che orienta non solo la singola persona ma anche la collettività, dunque l'intero sistema sociale di cui essa è parte (diffuso spirito di competizione, ricerca del successo ad ogni costo...).
Per finire, un breve cenno sulla terapia psicologica ad orientamento dinamico.
Nei casi più favorevoli essa si configura come una vera e propria esplorazione interiore realizzata con il supporto e la presenza attiva del terapeuta.
Una ricerca, dunque, volta ad indagare le radici di un assai spesso indefinito
"malessere" ed alla possibilità di trovare per esso una risposta differente dal ricorso all'uso di droghe.

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di Antonello Carusi

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