Pas e affidamento esclusivo
Affidamento esclusivo e carenze comportamentali del genitore. Incertezza scientifica della sindrome di alienazione parentale
Legittimo l’affidamento esclusivo in caso di carenze comportamentali dell’altro genitore nonostante l’incertezza scientifica della sindrome di alienazione parentale
Interessante sentenza della Suprema Corte, Sezione Prima del 13-9-2017 secondo la quale è legittimo affidamento esclusivo al padre se la madre si dimostra inadeguata a svolgere il proprio ruolo, nel quale rientra anche il consentire ai figli di avere normali e significativi rapporti con l'altro genitore.
La corte, che ha respinto il ricorso della madre contro la sentenza d'appello, fondato sull'incertezza scientifica per la pas, non si è espressa sulla patologia ravvisando comunque le carenze comportamentali della madre.
Il Tribunale di Napoli con sentenza del 22-11-2013 aveva affidato la figlia minore alla zia paterna per la durata di 6 mesi, disciplinando gli incontri dei genitori con la bambina e ponendo a loro carico il mantenimento della figlia.
La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione, respingendo la domanda della madre di disporre l'affidamento condiviso della minore ad entrambi i genitori, prevedendo il collocamento presso la madre e affidava, quindi, al termine del semestre da trascorrere presso la zia, la figlia minore in via esclusiva al padre, disciplinando le modalità degli incontri protetti, da svolgersi presso servizi sociali, della figlia con la madre.
Secondo la Corte d'Appello, nonostante il trascorrere del tempo, doveva riscontrarsi la persistente conflittualità delle parti che aveva dato origine ad una pluralità di giudizi sia civili che penali. Il Giudice di merito osservava che la CTU svolta in primo grado per valutare le capacità genitoriali delle parti, aveva evidenziato che la madre mostrava un tratto passivo aggressivo, alternando momenti in cui si percepiva vittima, a momenti in cui perseguitava lei stessa l'altro coniuge e svalutava il padre nei confronti della figlia minore. In sintesi, secondo il consulente, emergevano i segni di una pas (sindrome di alienazione parentale) della madre in danno del padre.
La Corte territoriale riteneva quindi che la madre aveva dimostrato di essere inidonea all'esercizio della responsabilità genitoriale e, perciò, disponeva che la bambina rimanesse affidata esclusivamente al padre e che gli incontri con la madre si svolgessero in modalità protetta.
Avverso la decisione della Corte d'Appello ha proposto ricorso la madre contestando che la corte territoriale abbia posto a fondamento della propria decisione una diagnosi di sindrome da alienazione parentale senza provvedere alla verifica dell'attendibilità scientifica della teoria posta alla base della diagnosi.
La Suprema Corte nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso proposto dalla madre chiarisce che la Corte d'Appello in realtà ha pronunciato la propria decisione fondandosi non sulla presenza o meno di una patologia, ma sull'adeguatezza di una madre a svolgere il proprio ruolo nei confronti di una figlia minore che si trova in grave difficoltà, che avrebbe bisogno del sostegno di entrambi i genitori, ma non riceve la collaborazione di cui ha bisogno dalla madre che risulta essere inadeguata quale genitore affidatario della minore.
In particolare, la Suprema Corte conferma la decisione del giudice di merito secondo la quale dall'osservazione della condotta della madre risulta che la stessa abbia cercato di esautorare il padre della minore e di sostituirlo nello svolgimento del ruolo paterno con la figura del suo attuale compagno convivente, dichiarando, lei stessa, che la figlia chiamava papà il compagno della mamma e con ciò mostrandosi indisponibile a qualsiasi tentativo di sostegno e recupero.
Interessante sentenza della Suprema Corte, Sezione Prima del 13-9-2017 secondo la quale è legittimo affidamento esclusivo al padre se la madre si dimostra inadeguata a svolgere il proprio ruolo, nel quale rientra anche il consentire ai figli di avere normali e significativi rapporti con l'altro genitore.
La corte, che ha respinto il ricorso della madre contro la sentenza d'appello, fondato sull'incertezza scientifica per la pas, non si è espressa sulla patologia ravvisando comunque le carenze comportamentali della madre.
Il Tribunale di Napoli con sentenza del 22-11-2013 aveva affidato la figlia minore alla zia paterna per la durata di 6 mesi, disciplinando gli incontri dei genitori con la bambina e ponendo a loro carico il mantenimento della figlia.
La Corte d'Appello rigettava l'impugnazione, respingendo la domanda della madre di disporre l'affidamento condiviso della minore ad entrambi i genitori, prevedendo il collocamento presso la madre e affidava, quindi, al termine del semestre da trascorrere presso la zia, la figlia minore in via esclusiva al padre, disciplinando le modalità degli incontri protetti, da svolgersi presso servizi sociali, della figlia con la madre.
Secondo la Corte d'Appello, nonostante il trascorrere del tempo, doveva riscontrarsi la persistente conflittualità delle parti che aveva dato origine ad una pluralità di giudizi sia civili che penali. Il Giudice di merito osservava che la CTU svolta in primo grado per valutare le capacità genitoriali delle parti, aveva evidenziato che la madre mostrava un tratto passivo aggressivo, alternando momenti in cui si percepiva vittima, a momenti in cui perseguitava lei stessa l'altro coniuge e svalutava il padre nei confronti della figlia minore. In sintesi, secondo il consulente, emergevano i segni di una pas (sindrome di alienazione parentale) della madre in danno del padre.
La Corte territoriale riteneva quindi che la madre aveva dimostrato di essere inidonea all'esercizio della responsabilità genitoriale e, perciò, disponeva che la bambina rimanesse affidata esclusivamente al padre e che gli incontri con la madre si svolgessero in modalità protetta.
Avverso la decisione della Corte d'Appello ha proposto ricorso la madre contestando che la corte territoriale abbia posto a fondamento della propria decisione una diagnosi di sindrome da alienazione parentale senza provvedere alla verifica dell'attendibilità scientifica della teoria posta alla base della diagnosi.
La Suprema Corte nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso proposto dalla madre chiarisce che la Corte d'Appello in realtà ha pronunciato la propria decisione fondandosi non sulla presenza o meno di una patologia, ma sull'adeguatezza di una madre a svolgere il proprio ruolo nei confronti di una figlia minore che si trova in grave difficoltà, che avrebbe bisogno del sostegno di entrambi i genitori, ma non riceve la collaborazione di cui ha bisogno dalla madre che risulta essere inadeguata quale genitore affidatario della minore.
In particolare, la Suprema Corte conferma la decisione del giudice di merito secondo la quale dall'osservazione della condotta della madre risulta che la stessa abbia cercato di esautorare il padre della minore e di sostituirlo nello svolgimento del ruolo paterno con la figura del suo attuale compagno convivente, dichiarando, lei stessa, che la figlia chiamava papà il compagno della mamma e con ciò mostrandosi indisponibile a qualsiasi tentativo di sostegno e recupero.
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