Passaggio generazionale: la consulenza come risposta strategica
Nel primo capitolo di questo articolo abbiamo analizzato la realtà estremamente critica che emerge dallo studio di numeri, dati e situazioni concrete vissute nel corso di un passaggio generazionale.
Passaggio generazionale
Ogni passaggio generazionale è unico, è vero, ma come abbiamo visto ci sono dei tratti critici in comune:
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differenze tra generazioni;
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problemi di comunicazione efficace;
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problemi di confusione nella governance.
E ci sono diverse tipologie di errori che scaturiscono da questi snodi cruciali:
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non considerare il passaggio generazionale come un’opportunità per il futuro dell’azienda;
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fare confusione tra ruoli (proprietà, direzione, management);
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considerare il passaggio di testimone come un fatto limitato nel tempo;
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dimenticare di trasmettere la cultura imprenditoriale;
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evitare il confronto sano;
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riporre poca fiducia nell’approccio lavorativo delle nuove generazioni;
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non pianificare il passaggio per tempo, imponendolo senza gradualità;
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non affidarsi a consulenti preparati.
La strada del successo passa attraverso azioni che permettono di:
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perfezionare i meccanismi di governance;
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analizzare le relazioni interne;
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verificare punti di forza e criticità dell’impresa familiare.
Il distacco dell’imprenditore: tra ansia e lungimiranza
Con il passare degli anni l’imprenditore e fondatore invecchia, insieme alla propria organizzazione e ai propri collaboratori. L’azienda può perdere energia e reattività, rimettendoci in competitività.
Nessun imprenditore vorrebbe veder spegnersi la propria azienda, ma l’imprenditore lungimirante sa che è necessario pianificare per tempo una soluzione adatta a garantirle continuità operativa, favorendo la successione come strumento evolutivo del business, di conservazione del know how e delle interazioni e relazioni umane.
Siamo sinceri: un imprenditore impegnato a far crescere un’azienda non ha mai il tempo per pianificare il passaggio di testimone, ma continuerà a spostare l’orizzonte temporale senza sentirsi mai davvero preparato ad affrontarlo.
Il passaggio è un processo, un’attività continuativa, richiede almeno 5 anni per essere eseguito e non esiste la possibilità di anticiparne tutte le difficoltà, perché ognuno è unico, così come ogni azienda e ogni persona lo è. Sempre che esista la motivazione sufficiente per mettere in moto la macchina del cambiamento. Non è raro che gli eredi si trovano investiti di un ruolo che non desiderano ricoprire e, in caso di errore, non esiste appello.
Il senior dovrà quindi lasciare massima libertà di scelta ai propri figli. Intuire il settore di competenza di ciascuno e capire se modalità di lavoro e scelte professionali rispecchino responsabilità e passione saranno i suoi compiti in questa fase. Il distacco dell’imprenditore dall’azienda e dall’operatività è inoltre facilitata se questi rimane costantemente aggiornato sulla sua creatura.
Diventandone a questo punto un socio, il senior si aspetterà di avere dai figli informazioni puntuali sull’andamento del business. Un vulnus notevole, specialmente nelle Pmi venete. Spesso i junior tardano nel dotarsi di strumenti per informare l’imprenditore il quale, sentendosi tagliato fuori, non fa altro che intromettersi nella vita operativa dell’azienda, considerandolo l’unico sistema per restare informato.
La consulenza come strategia risolutiva
In entrambe queste macrosituazioni – la pianificazione del passaggio e la gestione della condivisione di informazioni – esiste una risposta semplice ed efficace di cui ogni imprenditore lungimirante dovrebbe dotarsi: l’assistenza di consulenti competenti, che diventano un asset vitale per una transizione sana e positiva:
- per il senior, che sarà più sereno nel capire quale direzione abbia preso la sua azienda
- per il junior, che avrà in termini attuali e prospettici una visione chiara della situazione aziendale.
Chi subentra in azienda deve imparare, compiendo magari qualche errore, ma deve anche poter controllare. Sarà necessario fornirgli una visione qualitativa e quantitativa di obiettivi, strumenti, logiche, investimenti, budgeting e reporting.
In molti casi le competenze non sono pervasive di ogni ambito. I senior sanno gestire al meglio il proprio mestiere, i junior facilmente avranno avuto la possibilità di formarsi magari svolgendo attività esterne all’azienda di famiglia.
Per far sì che le competenze di entrambi siano davvero complementari, è molto meglio affidarsi a collaboratori interni ed esterni in grado di leggere i dati forniti dagli strumenti di controllo, trarne informazioni e idee, gestire ipotesi supportate dalle informazioni e verificarne costantemente la reale fattibilità.
E quindi? Cosa può fare un buon consulente per la nostra azienda?
[continua nel prossimo aggiornamento]
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